DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Besançon: la chiesa non compie svolte laiche, la sua morale è occidentale

Parigi. A proposito dell’occidente e della
chiesa, Alain Besançon, da studioso dell’iconoclastia
che segnò la chiesa d’oriente,
insiste sul senso storico e ricorda il cristianesimo
latino, che fu cattolico prima,
cioè universale, e poi protestante. “L’occidente
è la frontiera che unisce le ultime linee
gotiche all’est, dalla Finlandia all’Adriatico,
passando per il Baltico, la Polonia,
l’Ungheria e la Croazia. Oltre questa
linea c’è il mondo musulmano e quello ortodosso”.
Lo storico insiste sull’eredità latina,
perché non condivide il così detto
movimento della doxa moderna. “E’ assurdo
pensare che esista una morale cristiana,
un’arte cristiana”, dice al Foglio. “E’
un’idea nata con la riforma. In realtà, il
cristianesimo non fa che riprendere la morale
naturale, greca e latina, rinnovata dagli
stoici; segue la morale romana coi suoi
principi – ‘honeste vivere, neminem laedere,
suum cuique tribuere’ – fornendo solo
nuovi mezzi per realizzarla”.
Inutile dunque, dice, lambiccarsi il cervello
con l’idea di una “svolta laica” della
chiesa di Roma e di un suo attuale allineamento
all’occidente, di cui sarebbe prova
l’abbandono dello schermo del peccato in
fatto di pedofilia, con la scelta della denuncia
immediata dell’illecito, come ha
scritto Ernesto Galli della Loggia sul Corriere
della Sera di ieri: “Quando tutto ciò
che pertiene alla sfera sessuale è permesso
fra adulti consenzienti, si alza un’immensa
ondata di indignazione contro la
pedofilia, che diventa la colpa suprema,
mentre è un reato relativamente recente.
Un tempo, l’aborto era considerato ben
più grave: a Strasburgo veniva punito infilando
le madri in una gabbia per poi gettarle
nel fiume”. Il termine pedofilia, inoltre,
induce a confusione: “Raramente i
preti hanno a che fare con le mostruosità
praticate nelle famiglie dove padri e nonni
abusano di infanti. I preti probabilmente
hanno a che fare con adolescenti; ma
nessuno sa se di penetrazione si tratta, e
di che tipo, oppure di altri atti. Un vescovo
tedesco si è dimesso per aver dato,
trent’anni fa, due ceffoni a un bambino. E’
assurdo. Oggi se un marito uccide sua moglie,
prende sei anni di galera ed esce dopo
tre, mentre un pedofilo viene condannato
a quindici anni di reclusione. E’ un
fenomeno di società, non di diritto”.
Eppure, un lettore che conosca autori
come Orhan Pamuk, sa che un turco o un
musulmano non sembrano altrettanto sensibili
al tabù della pedofilia; forse non
hanno verso il bambino lo stesso rispetto
che nutre un occidentale, erede della cultura
cristiana? “Quando ero professore a
Tunisi – risponde Besançon – in effetti, il
mio droghiere si prendeva un bambinello
per il suo piacere. Nessuno ne parlava, era
considerato normale. E’ vero, il cristianesimo
ha innovato nei confronti di altre civiltà
sul piano del rispetto della persona.
Ma sul fondo della morale veterotestamentaria,
della morale degli stoici, che fecero
moltissimo per migliorare ad esempio la
sorte degli schiavi. Diciamo che il cristianesimo
riconosce l’eguaglianza ontologica
degli esseri umani, mentre l’islam insiste
sulla differenza ontologica tra uomo e donna,
tra liberi e schiavi, tra fedeli e infedeli”.
La chiesa, però, oggi è sotto accusa perché
agisce come se i preti dovessero essere
irreprensibili. Altra pretesa assurda secondo
Besançon, che distingue il clero e il
clericalismo dalla chiesa composta da tutti
i battezzati, e cita i Papi del Rinascimento
coi loro stuoli di amanti: “Nessuno ha
mai pensato di perseguire i vescovi per
questo. La condotta esemplare del clero si
afferma con Pio IX, forse per effetto della
fine del potere temporale. Ma oggi è in atto
un movimento di clericalizzazione; la
chiesa s’ostina a difendere l’eccezione del
clero, che sta crollando. Sarebbe meglio
ammettere che i preti sono peccatori come
gli altri uomini, piuttosto che insistere sulla
difesa del corpo costituito, e peggio ancora
estendere la loro autorità a quello
che i fedeli possono fare sotto le lenzuola”.

Marina Valensise

© Copyright Il Foglio 27 aprile 2010