DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Cacciare un vescovo Tre dimissioni in due giorni, ma la linea dura di B-XVI non è un’ordalia. (Editoriale de Il Foglio)

"Che fai, mi cacci?”. Fa ovviamente gola al sistema dell’informazione applicare anche alla chiesa la frase che è già diventata un tormentone e che condensa in modo icastico la differenza tra la democrazia plebiscitaria e quella partitica. Il Papa, finalmente convertito alle esigenze di trasparenza e indifferenziazione della giustizia secolare, ha iniziato a cacciare i vescovi reprobi. Le cose non stanno così, la chiesa non è una democrazia né un sistema dispotico, né tantomeno un’amministrazione penitenziaria terrena. Distingue il reato dal peccato, perdona e reintegra il peccatore.

Come ha detto il cardinale Castrillón Hoyos, provocando scandalo in qualche anima riformatrice e benpensante, la chiesa rivendica per sé un diritto paterno, e persino non trasparente, nel curare le anime: anche quelle dei suoi sacerdoti colpevoli. Voler sovrappore un’idea mondana di colpa e pena a quella tradizionale della chiesa è una forzatura. Tuttavia le cronache parlano da sole. Ieri si è dimesso il vescovo di Bruges, Roger Joseph Vangheluwe, confessando antichi abusi su un minore. Nei giorni precedenti era stata la volta di monsignor James Moriarty – il terzo presule irlandese a lasciare per ragioni di “omesso controllo” nei casi di pedofilia – e, per motivi disciplinari di altra natura, del vescovo di Ausburg, Walter Mixa. Si tratta, per ognuna, di situazioni particolari e non generalizzabili e la sequenza temporale, pure impressionante, non dice di un cambio di procedure nella chiesa.

Ma, come ha detto il cardinale Walter Kasper, tutto questo è anche frutto “di quella tolleranza zero più volte annunciata dal Santo Padre” e della volontà di pulizia e di rigore che Benedetto XVI ha sempre perseguito e che – a smentita di chi lo accusa a vuoto di immobilismo – sta producendo i suoi effetti nella complessa macchina ecclesiale. Semmai, nel caso irlandese, va detto che la decisione di sollecitare le dimissioni dei vescovi che si erano dimostrati più negligenti era stata già assunta mesi fa, in un incontro a Roma con l’episcopato d’Irlanda. E sarà presumibilmente la linea da seguire anche per altre situazioni. E’ giusto che la chiesa proceda in questa direzione, e non vi è contraddizione con la prudenza sempre ribadita e praticata. Invece è fuorviante leggere la spettacolare drammatizzazione di questi giorni come l’esito di una meccanica assunzione della logica giuridica mondana nella chiesa. Vero è piuttosto che uno dei capisaldi del pontificato ratzingeriano è proprio il recupero della “santità del clero”, che è ben più della pulizia. Come ha detto anche di recente, di fronte al mondo “che ci parla dei nostri peccati, vediamo che poter fare penitenza è grazia”. Per Benedetto XVI, sollecitare le dimissioni di un vescovo è penitenza, non un’ordalia.

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