DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La ragione di Benedetto smaschera le “bugie” di Darwin

di Carlo Bellieni


Nell’Omelia della Notte di Pasqua, Benedetto XVI ha toccato una corda scoperta del pensiero postmoderno: “Il racconto della creazione ci dice, dunque, che il mondo è un prodotto della Ragione creatrice.

E con ciò esso ci dice che all’origine di tutte le cose non stava ciò che è senza ragione, senza libertà, bensì il principio di tutte le cose è la Ragione creatrice, è l’amore, è la libertà. Qui ci troviamo di fronte all’alternativa ultima che è in gioco nella disputa tra fede ed incredulità: sono l’irrazionalità, l’assenza di libertà e il caso il principio di tutto, oppure sono ragione, libertà, amore il principio dell’essere? Il primato spetta all’irrazionalità o alla ragione?”. La corda scoperta sta nel fatto che la vulgata di moda sui giornali e sui libri di scuola è quella di assolutizzare il criterio opposto: il marchio profondo dell’irrazionale nel mondo.

La teoria dell’evoluzione, ipotesi utile e geniale, è ancor oggi una “teoria”, ben lungi dunque da essere una “legge”; e l’assolutizzazione del Big Bang come prova dell’origine dal nulla dell’essere – teorizzata dal fisico Stephen Hawkings - ha in sé una fede nella presenza di leggi che questo big bang hanno dominato, che smentiscono casualità e irrazionalità, nonostante che chi le citi voglia affermare il contrario: non si è mai vista una legge fisica casuale, infatti, dato che la legge fisica è di natura universale e rigida.

La teoria di Darwin viene oggi a cozzare con le nuove scoperte della genetica, che mostrano l’importanza dell’influsso dell’ambiente sull’espressione del genoma (Ginsburg S, Jablonka E. Epigenetic learning in non-neural organisms. J Biosci. 2009 Oct), proprio l’opposto dell’idea che il genoma è l’unico motore della vita e che la vita stessa dipende da mutazioni casuali e dalla violenza con cui queste mutazioni casuali sia affermano per far trionfare il “più adatto”, cosa che d’altronde tornava a pennello con il clima dell’epoca di Darwin, in cui l’Impero inglese – autodefinitosi il più civile e il più evoluto- cercava una giustificazione biologica per la conquista con le armi di mezzo mondo.

D’altronde non si capisce perché, se tutto è casuale, l’uomo sia il massimo dell’espressione dell’evoluzione, con due corollari: nell’iconografia si vede sempre al culmine della scala evoluzionistica non un generico “uomo”, ma l’uomo bianco, maschio (e quando cesseranno nei libri scolastici queste immagini maschiliste e razziste?). Secondo corollario è che sembra non esserci nessuna prospettiva per un’ulteriore evoluzione, come se l’uomo (bianco, maschio) fosse il culmine di tutto, segno di un dogmatismo che a parole si combatte, ma nei fatti è alla base del seppur geniale darwinismo.

E non si capisce, se tutto è casuale, perché l’uomo (maschio e bianco) e non il gabbiano o il pescespada siano il culmine della natura, dato che anch’essi sono frutto di mutazioni ancestrali e di cambiamenti genomici. Potrebbero obiettare che dipende dal fatto che l’uomo (maschio e bianco?) è l’unico essere dotato di ragione; ma questo è un criterio fatto dall’uomo per l’uomo, e credere che la ragione è la somma qualità è possibile solo se le si dà (giustamente) una funzione quasi divina, perché qualità propria della Divinità, che rende l’essere vivente immagine di Sé. Pescespada e gabbiano mancano di ragione, ma se si esclude una natura divina della ragione non si capisce un loro valore inferiore a quello dell’uomo: sono certamente più belli e forse più sereni di tanti uomini!

Oltretutto, il Big Bang è stato teorizzato da un gesuita belga, cosa che evidentemente ridicolizza il mito di un gap tra fede e ragione; e l’evoluzione come lotta e caso ha dei buchi che ancora nessuno ha saputo spiegare: se una giraffa improvvisamente acquisisce un collo lunghissimo perché le cambia il DNA e questo cambiamento è casuale, con chi si riprodurrà, dato che è impossibile che proprio nello stesso praticello avvenga l’unico altro cambiamento casuale dei DNA? E’ un caso di “provvidenziale casualità”?

E se le mutazioni di DNA possono portare a far sopravvivere alcuni e morire tutti gli altri meno adatti, questo evidentemente vale solo per alcune mutazioni macroscopiche; ma cosa dire per le mutazioni minime, quelle che fanno essere più o meno belli ma non aiutano la sopravvivenza?

I dubbi sull’evoluzionismo non mettono in dubbio che il mondo muti, che esista un cambiamento delle specie e delle culture, che alcuni pesci scompaiano e che alcuni animali possano per vari motivi nei millenni aver acquisito dei piedi o ali. Ma mette in dubbio che questo sia casuale.

“La creazione come tale rimane buona- conclude Benedetto XVI - la vita rimane buona, perché all’origine sta la Ragione buona, l’amore creatore di Dio. Per questo il mondo può essere salvato. Per questo possiamo e dobbiamo metterci dalla parte della ragione, della libertà e dell’amore – dalla parte di Dio che ci ama così tanto che Egli ha sofferto per noi, affinché dalla sua morte potesse sorgere una vita nuova, definitiva, risanata. ”

© Copyright Il Sussidiario.net il 26 aprile 2011