DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La famiglia assomiglierà a un condominio, nella futura legge olandese


Prima a tagliare il traguardo dell’eutanasia di stato e del matrimonio gay, l’Olanda potrebbe essere presto il primo paese al mondo a prevedere per
legge che tre, quattro o più soggetti possano essere
considerati, completamente alla pari, “genitori” dello stesso figlio. “Ci sono già tra i venti e i venticinquemila bambini che vivono in famiglie patchwork
(il termine è testuale, ndr). Abbiamo bisogno di allargare il concetto di famiglia, il legame di genitorialità
non può più essere solo biologico. Non si può più dire che un bambino può avere solo due genitori”: a dichiararlo con molta sicurezza all’agenzia francese
Afp è stata, la settimana scorsa, una parlamentare
del partito verde GroenLinks, la quarantottenne ex
dirigente di Greenpeace Liesbeth van Tongeren, promotrice di una mozione parlamentare sul tema. Il
Parlamento olandese, in realtà, nello scorso ottobre,
aveva già affrontato la questione in modo preliminare, ma la difficoltà di modificare in tutta la legislazione il concetto di famiglia aveva consigliato di desistere e di studiare meglio la questione. Ora il dossier è in mano al ministero della Giustizia, il quale
dovrebbe proporre in breve tempo una proposta che,
allargando la possibile platea di genitori previsti per
un singolo individuo, risolva i molti problemi aperti dalle tecniche di procreazione medicalmente assistita (le quali, per inciso, ci avevano detto che i problemi dovevano invece risolverli).
E allora: come comportarsi, quando una coppia
formata da due donne utilizza un donatore di seme
che magari voglia veder riconosciuto il proprio legame con il bambino? O quando, come racconta l’Agenzia France Presse, si verifica una situazione come quella vissuta da Simon, sei anni, e da suo fratello Joaquin, di tre? Antefatto: due coppie omosessuali, Joram e Guillermo, Karin ed Evelien, che dividevano in amicizia l’appartamento dai tempi dell’università, decidono di mettere a frutto il loro affiatamento e di ricorrere a una doppia inseminazione
casalinga: “Evelien e Karin hanno ognuna partorito
un bambino, mentre Joram e Guillermo hanno donato ciascuno il seme per uno dei due bambini, anche se non vogliono rivelare quale sia il genitore biologico dei due figli”, racconta l’Afp.
Per la legge olandese, Simon e Joaquin sono dunque legalmente figli della coppia di donne sposate
tra loro, mentre i due padri biologici, a loro volta coniugati, non hanno su di loro nessun diritto. Tutti vivono in armonia, i piccoli fanno la spola tra la casa
delle mamme e quella dei papà, con vacanze e feste
in comune. Ma se qualcosa andasse storto, nei rapporti degli adulti tra loro? I due padri non riconosciuti “non potrebbero per esempio prendere nessuna decisione nel caso di interventi medici importanti che riguardassero i figli. E se i due uomini morissero, il fisco non accorderebbe i vantaggi sull’eredità ai quali Simon e Joaquin avrebbero diritto se
fossero riconosciuti legalmente. Se le due coppie
avessero dei contrasti, Karin ed Evelien avrebbero
il diritto di esigere da Joram et Guillermo la sparizione dalla vita dei bambini, da un giorno all’altro”.
A questo proposito, Philip Tijsma, portavoce di
un’associazione per i diritti degli omosessuali, spiega al giornalista dell’Afp che “ci saranno sempre
conflitti, ma in ogni caso sarà garantita una certa sicurezza al bambino, perché saprà che suo padre o
la sua terza madre (sic) non potrà sparire dalla sua
vita dall’oggi al domani”.
Anche il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung
ha raccontato la sua storia olandese. Susan è stata
cresciuta fino a 13 anni da madre e padre. Poi, il padre annuncia di essere gay e ora è sposato a un uomo. La madre si è a sua volta risposata. Tre padri e
una madre: che ne vogliamo fare? Non ci si arrende
al fatto che si nasce da un uomo e da una donna, e
che le altre figure affettive dovrebbero astenersi dal
rivendicare diritti sulla testa dei bambini, perché gli
affetti non si traducono in diritti. Ma è il Mondo Nuovo all’olandese, e non è un bel mondo.

Nicoletta Tiliacos

Il Foglio