DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

18 settembre


LA SENTINELLA
I nostri editoriali




Il demonio, nessun altro, si trovava dietro la videocamera quella sera; è lui il regista oscuro del gesto agghiacciante di Pietro Maxymilian che si è gettato nel vuoto trascinandovi Alessandra, la sua ex fidanzata... (LEGGI TUTTO)





ANNUNCIATE
I passi della Chiesa nella storia




La predicazione del Kerygma e il legame con la Chiesa, ovvero con la propria comunità, dà coraggio ai cristiani e li fa restare in Iraq, come un segno che Cristo è vivo e potente anche in mezzo alle atrocità e fa vincere la paura della morte  






Segno evidente della cattolicità della Chiesa è che essa parla tutte le lingue. E questo non è altro che l’effetto della Pentecoste (cfr At2,1-13): è lo Spirito Santo, infatti, che ha messo in grado gli Apostoli e la Chiesa intera di far risuonare a tutti, fino ai confini della terra, la Bella Notizia della salvezza e dell’amore di Dio. Così la Chiesa è nata cattolica, cioè "sinfonica" fin dalle origini, e non può che essere cattolica, proiettata all’evangelizzazione e all’incontro con tutti. Se la Chiesa è nata cattolica, vuol dire che è nata «in uscita», che è nata missionaria. Se gli Apostoli fossero rimasti lì nel cenacolo, senza uscire a portare il Vangelo, la Chiesa sarebbe soltanto la Chiesa di quel popolo, di quella città, di quel cenacolo. Ma tutti sono usciti per il mondo, dal momento della nascita della Chiesa, dal momento che è disceso su di loro lo Spirito Santo. E per questo la Chiesa è nata "in uscita", cioè missionaria. È quello che esprimiamo qualificandola apostolica, perché l’apostolo è quello che porta la buona notizia della Risurrezione di Gesù. E' lo Spirito Santo, infatti, a superare ogni resistenza, a vincere la tentazione di chiudersi in sé stessi, tra pochi eletti, e di considerarsi gli unici destinatari della benedizione di Dio. Se ad esempio alcuni cristiani fanno questo e dicono: "Noi siamo gli eletti, solo noi", alla fine muoiono. Muoiono prima nell’anima, poi moriranno nel corpo, perché non hanno vita, non sono capaci di generare vita, altra gente, altri popoli: non sono apostolici. Ed è proprio lo Spirito a condurci incontro ai fratelli, anche a quelli più distanti in ogni senso, perché possano condividere con noi l’amore, la pace, la gioia che il Signore Risorto ci ha lasciato in dono. Che cosa comporta, per le nostre comunità e per ciascuno di noi, far parte di una Chiesa che è cattolica e apostolica? Anzitutto, significa prendersi a cuore la salvezza di tutta l’umanità, non sentirsi indifferenti o estranei di fronte alla sorte di tanti nostri fratelli, ma aperti e solidali verso di loro. Significa inoltre avere il senso della pienezza, della completezza, dell’armonia della vita cristiana, respingendo sempre le posizioni parziali, unilaterali, che ci chiudono in noi stessi. Far parte della Chiesa apostolica vuol dire essere consapevoli che la nostra fede è ancorata all’annuncio e alla testimonianza degli stessi Apostoli di Gesù – è ancorata là, è una lunga catena che viene di là –; e perciò sentirsi sempre inviati, sentirsi mandati, in comunione con i successori degli Apostoli, ad annunciare, con il cuore pieno di gioia, Cristo e il suo amore a tutta l’umanità. E qui vorrei ricordare la vita eroica di tanti, tanti missionari e missionarie che hanno lasciato la loro patria per andare ad annunciare il Vangelo in altri Paesi, in altri Continenti. Rendiamo grazie al Signore perché la nostra Chiesa ha tanti missionari, ha avuto tante missionari e ne ha bisogno di più ancora! Ringraziamo il Signore di questo. Forse fra tanti giovani, ragazzi e ragazze che sono qui, qualcuno ha voglia di diventare missionario: vada avanti! E’ bello questo, portare il Vangelo di Gesù. Che sia coraggioso e coraggiosa! Chiediamo allora al Signore di rinnovare in noi il dono del suo Spirito, perché ogni comunità cristiana e ogni battezzato sia espressione della santa madre Chiesa cattolica e apostolica.


La prima intervista di Meriam in tv: «Ero sicura che Dio era al mio fianco. La fede è stata la mia unica arma»