DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Quei tatuaggi osceni simbolo di un'epoca




Un gruppo di giovinastri ha sessualmente abusato di un minorenne, sottoponendolo ad un riturale degradante, che potrebbe costargli la vita, visti i danni organici che gli
sono stati procurati: con un compressore gli è stata sparata dell’aria nell’intestino, provocandone la lacerazione. Il ragazzo oggetto di questo barbara aggressione aveva la
colpa di essere grasso. E per questo si sarebbe attirato le cattive attenzioni di alcuni annoiati seviziatori.
Alla luce di questo breve riassunto c’è qualcuno che merita più biasimo di quanto se ne possa legittimamente riservare sugli autori di un simile atto? Sì, purtroppo. Si tratta,
per l’esattezza, dei genitori e dei parenti degli autori di quello che i loro consanguinei hanno cercato di rubricare alla stregua di uno scherzo (va da sé, di pessimo gusto)
finito male. In realtà, a sentire le loro parole, non c’era alcuna intenzione malevole o addirittura omicida in quel che hanno fatto. Ci si voleva semplicemente divertire, come
spesso capita tra ragazzi esuberanti, ma il gioco ha finito per prendere la mano ai giocatori. Semmai la colpa è del compressore (lasciato colpevolmente incustodito), la cui
potenza o pericolosità nessuno poteva conoscere.
Sembra incredibile tutto ciò? Il fatto è che esiste, anche se la neghiamo, un’umanità degradata – sul piano dei valori e dell’antropologia – che non risiede nel quarto o quinto
mondo, come ci piace pensare, ma che si trova in mezzo a noi. Esistono picchi di abiezione morale, che talvolta coincidono con picchi di ignoranza e incosciente perversità,
che sono semplicemente il frutto dei nostri modelli educativi andati a picco, dello sfilacciamento del nostro tessuto sociale, della miseria spirituale – spesso figlia di quella
materiale, ma non sempre – che ci circonda senza che la maggior parte di noi se ne renda conto.
E dire che sarebbe anche facile accorgersene, visto che la bruttezza morale va quasi sempre a braccetto con la bruttezza fisica, col degrado o l’incuria dei corpi, con la
trasandatezza, con l’incapacità ad articolare un pensiero complesso o a esprimersi in un linguaggio più che elementare: una notazione lombrosiana che può fare anche
sobbalzare il lettore, ma che rappresenta – al netto di ogni ipocrisia – la pura e semplice verità.
Nei coinvolti in questa vicenda – madri, zie, cugini degli aggressori, vicini di casa che li difendono, protagonisti a vario titolo dell’episodio – colpisce visivamente un
particolare comune, per chi abbia visto le loro interviste e dichiarazioni in televisione, o le loro foto apparse sui giornali. E mi riferisco a quello sfoggio osceno di tatuaggi che
sono forse il contrassegno estetico, starei per dire simbolicamente epocale, del degrado etico degli italiani degli ultimi vent’anni.
Nato come vezzo di attricette e giocatori di calcio (e già questo avrebbe dovuto insospettire), per emulazione al ribasso esso si è trasferito sulle diverse classi sociali, sino a
trasformarsi in un squallida moda, che ha finito per trasformare l’eccentricità di cui ogni singolo tatuato pensava di poter andare fiero in un volgare contrassegno di massa,
indicativo di una mentalità gregaria e conformista – antica specialità italica.
Per gli italiani appena cinquantenni, figli della piccola borghesia, il tatuaggio era il contrassegno degli avanzi di galera. Lo esibivano in pubblico gli ex detenuti, per
riconoscersi tra di loro, per attirare il rispetto o per mostrarsi minacciosi. Tra i lavoratori era perdonato o consentito solo ai portuali. In ogni caso associato a professioni
degradate o degradanti. Adesso vedi mamme, esse sì grassocce e cadenti, che esibiscono con orgoglio o noncuranza i loro marchi sulla pelle convinte che ciò le ringiovanisca
o le conferisca il marchio di una forte personalità. Quando invece è vero il contrario. Se da vicino quei segni o disegni possono persino incuriosire, da lontano sembrano
macchie, sfoghi sulla pelle, il segno di una malattia. In ogni caso qualcuno che rovina l’armonia e la pulizia del corpo.
L’umanità protagonista del fattaccio napoletano appartiene, da quel che si è visto, alla koinè estetica dei tatuati, dei marchiati a fuoco, di quelli che si sono scritti sulla pelle
a quale infima scala dei valori essi obbediscano.
Anzi, ne sono talmente privi che nemmeno riescono a capire bene quel i loro figli o nipoti o amici hanno commesso: un atto abietto, violento, scambiato appunto per uno
scherzo, per un gesto naturalmente gagliardo. E se qualcuno pensa che si tratti di un degrado tutto napoletano-meridionale pensi ad altri casi simili di miseria al tempo
stesso sociale ed etica che le cronache ci hanno consegnato a futura memoria: tipo le mamme che a Roma coprono le figlie minorenni che si prostituiscono, magari
incitandole, o i figli del grasso Veneto che accoppano i genitori per godersene l’eredità non avendo molta voglia di lavorare. L’Italia per fortuna è unita nei picchi di
nefandezza e immoralità che periodicamente vengono a galla per essere subito esorcizzati o dimenticati.
Quando si invoca la società civile come alternativa virtuosa alla politica corrotta chissà se ci si rende conto del verminaio che si nasconde nelle pieghe nascoste di quella
società. Che è poi la nostra, siamo no