DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Emergenza educativa tra famiglia e scuola. di Rocco Buttiglione


In che cosa consiste l’emergenza educativa del nostro tempo, sulla quale aveva tanto ha insistito Papa Benedetto XVI?
Cerchiamo di spiegarlo con un esempio che prendiamo dalla cronaca. In una scuola un insegnante ha fatto leggere a dei ragazzi di 14 anni un romanzo che contiene la storia di un amore omosessuale. Alcuni genitori si sono arrabbiati ed hanno denunciato alla autorità giudiziaria gli autori dell' esperimento. Noi non sappiamo bene come sono andati davvero i fatti. Abbiamo solo letto i resoconti dei giornali.Non pronunciamo pertanto nessun giudizio su questo caso particolare.
Partiamo da esso, semplicemente, per porre una questione di carattere generale. E’ giusto che in una scuola si legga un romanzo a contenuto omosessuale a dei ragazzini di quattordici anni senza che i genitori ne siano informati ed abbiano dato il loro assenso?
E inoltre: se io genitore dico che non voglio che mio figlio sia esposta a letture omosessuali vuole dire questo che sono omofobo o che odio gli omosessuali?
Chi ha il diritto di educare
Prima di appartenere alla scuola a allo stato mio figlio appartiene a me (più esattamente a mia moglie e a me, cioè alla famiglia). Dice San Tommaso che il bambino è contenuto nella sua famiglia “quasi in quodam utero spirituali”. In quello spazio protetto nessuno ha il diritto di raggiungerlo senza il consenso della famiglia. Il compito ed il diritto all’educazione della scuola, dello stato ed anche della Chiesa vengono dopo ed hanno un carattere sussidiario. Sussidiario in questo caso vuol dire che essi entrano in azione per aiutare e sostenere il compito educativo della famiglia ma non possono mai ed in nessun modo sostituirsi ad essa od agire in modo contrario alle sue intenzioni, ai suoi valori ed alle sue convinzioni. SanTommaso ci credeva così tanto che pensava che non fosse lecito somministrare il battesimo ad un bambino senza il consenso dei genitori. Perfino il diritto soprannaturale della Chiesa a salvare le anime si ferma davanti al diritto naturale della famiglia sul proprio bambino.
Purtroppo nel nostro tempo San Tommaso non è più una autorità universalmente riconosciuta e quindi rafforzeremo la nostra argomentazione con la autorità di Sigmund Freud, che ha il vantaggio di essere ebreo e pure ateo, quindi non sospetto di vicinanza alla Chiesa Cattolica. Freud ha inoltre il vantaggio di non dirci solo che è così ma di aiutarci anche a capire perchè è cosí. Il bambino forma la sua coscienza in un dialogo originario con la madre (e poi anche con il padre). Quando è molto piccolo il bambino non è neppure in grado di distinguere la propria identità da quella della madre. Poi, progressivamente, il bambino si separa dalla madre. Allora avviene un processo inverso: Il bambino non è più nella madre ma la madre adesso ( ed il padre) è nel bambino. ll bambino interiorizza i genitori, li sente presenti in se stesso e nel dialogo con essi sviluppa la propria individualità, la propria coscienza e la propria personalità morale. Questo dialogo è la forma prima ed originaria di educazione. Non solo e non tanto con dei discorsi ma con l'esempio ed il proprio modo di essere i genitori trasmettono ai figli i valori fondamentali che nella vita hanno riconosciuti come veri. Ha scritto una volta Platone, nella sua Settima Lettera, che le cose di maggior valore ( i valori fondamentali) non si possono scrivere sulla carta ma si scrivono, attraverso la convivenza e la partecipazione dell' uno alla vita dell' altro, nelle anime degli uomini. Questa scrittura è riservata alla famiglia se non altro perchè solo essa è in grado di svolgere questo compito. Se altri tentano di intromettersi forse riusciranno a ostacolare la famiglia nel suo compito fondamentale di trasmissione di valori ma certo non riusciranno a sostituirla.
È per questo che il compito primario della educazione, ed il diritto corrispondente, ricade sulla famiglia, che è l’unica in grado di esercitarlo.
La trasmissione dell’identità sessuale è parte fondamentale del compito educativo
L'educazione si svolge in grandissima parte attraverso l’imitazione. il bambino impara a diventare un essere umano adulto responsabile e maturo guardando al padre e la bambina guardando alla madre. Essi guardano al genitore del loro stesso sesso con gli occhi che hanno in fronte ma con un altro occhio, con un occhio interiore, guardano al padre con gli occhi della madre e viceversa. Se lo sguardo che il padre rivolge alla madre è uno sguardo innamorato esso coinvolge anche il bambino. Il bambino non ha bisogno fondamentalmente di un padre e di una madre. L’utero spirituale in cui il bambino è veramente a suo agio è l’unità, cioè l’amore del padre e della madre. Quando questo processo si compie in modo soddisfacente il bambino inscrive nel cuore il desiderio di riprodurre quella unità, un giorno, nella famiglia che fonderà. In questo modo il bambino impara ad uscire dal suo egocentrismo ed egoismo originario e si scopre fatto per una comunità umana. Se la sua è una famiglia cristiana e lui è battezzato e noi vogliamo usare il linguaggio della teologia, diremo che così il bambino impara a sviluppare una personalità “comunionale”. Tutto questo è legato strettamente con l’acquisizione di un ruolo sessuale. Guardando a mio padre, imparo insieme cosa vuol dire essere un uomo maschio, sviluppare le virtù di un uomo maschio e costruire comunità con una donna dando vita ad una famiglia. L’apprendimento delle virtù è legato strettamente con quello del ruolo sessuale. L’apprendimento del ruolo sessuale, d’altro canto, è legato a sua volta con l’apprendimento di una certa idea del ruolo sessuale opposto. San Giovanni Paolo II ha dedicato il suo primo ciclo di catechesi, dopo la sua elezione al Pontificato proprio al tema della differenza sessuale. Lo ha intitolato “Maschio e Femmina lo creò”. La differenza sessuale non è un accidente nell’ uomo ma è costitutivo della sua umanità. Siamo uomini non da soli ma insieme, in un vincolo di reciprocità che sta alla base della famiglia. Naturalmente le virtù non si esercitano solo nella famiglia. Gli archetipi che si apprendono nella vita della famiglia, si svolgono poi nelle multiformi esperienza e magari esperienze di paternità e maternità spirituale integrano o anche risanano ciò che nelle prime esperienze all' interno della famiglia si è sviluppato in modo contorto consegnando infine alla vita un individuo danneggiato. Non è mia intenzione in alcun modo dare una immagine idilliaca della famiglia. Sono ben consapevole che nella famiglia nascono anche tutte le nevrosi e le psicosi e le ombre che gravano sulla vita dell’uomo. Se il processo della educazione si compie in modo imperfetto o anche a rovescio ne derivano conseguenze drammatiche e per sostenere la persona nel suo cammino saranno necessari massicci interventi riparativi.
Nella famiglia nasce tutto il bene e tutto il male dell’uomo perchè nella famiglia nasce l’ uomo.
Rovesciamo adesso per un momento la prospettiva. Fino ad ora abbiamo guardato al processo della educazione dal punto di vista del figlio. Adesso lo guarderemo invece dal punto di vista dei genitori. I genitori hanno il compito di trasmettere ai figli i valori. Non i valori in astratto come li si possono trovare descritti in un manuale di assiologia (la teoria dei valori) ma i valori in concreto come li hanno sperimentati nella loro vita. Il modo in cui per la più gran parte di noi diventa concreta la comunione, diventa sperimentabile la dimensione comunionale dell’ esistenza, è quando ci innamoriamo. Allora rompiamo la prigione della nostra individualità egoistica e poniamo il centro della nostra esistenza non in noi stessi ma nella persona amata, oppure più esattamente al centro dello spazio che ci congiunge con la persona amata. Poi nascono i figli e quello spazio si popola ulteriormente. Questa è la grande avventura che ha dato gusto e sapore alla nostra vita e vogliamo proporla ai nostri figli. È forse la cosa più preziosa che abbiamo da trasmettere e comunicare. La trasmissione dei valori in cui consiste la educazione è connessa con la identità sessuale. Rettamente intesa la identità sessuale stessa, la femminilità o la virilità, è un valore o almeno è il supporto dei valori. Vivere la femminilità e la virilità, la maternità e la paternità sono cammini verso la verità dell’uomo.
Virilità e femminilità sono valori culturali
Oggi spesso si dice che è necessario liberarci dagli stereotipi culturali tradizionali che riguardano la sessualità. Su questo punto è importate fare chiarezza. Se si vuole dire che nel passato e anche nel presente si sono ostacolate le donne nelle carriere professionali con il pretesto di una certa visione della femminilità questo è giusto. Se ancora si vuole dire che il peso del lavoro domestico è stato scaricato in modo sproporzionato sulle spalle delle donne questo di nuovo è giusto.
Nel dibattito attuale sugli stereotipi sessuali è in gioco però molto più che questo. La femminilità come tale è trattata come uno stereotipo culturale ed un ostacolo al pieno sviluppo della personalità della donna.
La differenza fra i maschi e le femmine è segnata fondamentalmente dal fatto che il frutto del concepimento rimane con la madre. La gravidanza, il parto, l’allattamento ed il particolare legame (evidentemente diverso da quello con il padre) che questi avvenimenti vissuti insieme stabiliscono fra madre e bambino: questo è il nucleo della identità femminile. Che diventare madre comporti un dispendio eccezionale di energie emozionali e fisiche è sicuramente vero e che questo dispendio renda di per se la donna meno competitiva sul mercato del lavoro e delle professioni è certamente vero. Nella ideologia dominante la contraccezione sistematica e l’aborto sono il modo di slegare fra loro sessualità e procreazione e di liberare la donna dal destino della maternità.
La femminilità certamente è un dato culturale. Si nasce femmine ma donne si diventa. Si diventa donne, però, elaborando il dato naturale, biologico, della potenzialità di diventare madri. Nel corso della storia umana tutte le culture hanno cercato di aiutare le bambine a diventare donne assumendo la maternità come destino positivo. La nostra è la prima cultura che incita le bambine a rifiutare la maternità ed omogeneizzare la propria autoidentificazione ed il proprio orizzonte di vita a quello dei maschi.
San Tommaso direbbe che la maternità è un “bonum arduum”. Costa molta fatica ma ne vale la pena. Una sfida educativa fondamentale all’interno della sfida educativa più generale è convincere le giovani donne che vale la pena di diventare madri. Da questo, in un certo senso, dipende tutto. Se la donna sceglie la maternità sarà lei stessa a portare il maschio ad accettare la paternità come destino ed a ricostituire la famiglia.
Quando le moderne filosofie decostruzionistiche ci dicono che i ruoli sessuali non sono naturali, hanno ragione ma solo in un certo senso. La cultura non è un qualcosa di arbitrario e non può mai essere opposta alla natura. La cultura è il modo in cui l' uomo elabora il significato della natura nella quale è immerso. Il vero punto di dissenso fra noi e le filosofie decostruzionistiche è però ancora un altro. Noi crediamo che la evoluzione culturale della umanità che giunge fino a noi sia sostanzialmente positiva. I ruoli sessuali che nel corso di questa evoluzione sono stati elaborati, la femminilità e la virilità, hanno conferito senso e valore ad un numero infinito di donne e di uomini. Attraverso di essi miliardi di esseri umani sono venuti al mondo. Su di essi si è costruita la nostra letteratura, la pittura e la scultura e le arti figurative, l' insieme della nostra cultura. Possiamo porci davanti alla Beatrice di Dante o alla Primavera di Botticelli e riscaldare la nostra anima al loro cuoco se contemporaneamente poniamo nel nulla l' archetipo del femminile? Ma ancora al di là di questo come sarebbe piatta e noiosa la nostra quotidianità se non fosse illuminata dalla differenza sessuale e come darebbe vuota la nostra vita se non la avesse riempita una storia d' amore con una donna da cui poi sono nati i nostri figli.
La perdita degli archetipi della virilità e della femminilità è poi anche la causa di conseguenze sociali devastanti: non nascono più bambini ed i pochi che nascono spesso non hanno una famiglia che li accolga e li educhi. Intere grandi nazioni (fra cui l’Italia) sembrano avviate ad uscire dalla storia e non sappiamo come fare ad assicurare le pensio ni e la assistenza sanitaria degli anziani in un mondo occidentale in cui diminuisce vertiginosamente il numero dei giovani lavoratori.
La famiglia e la scuola hanno il diritto di proporre i ruoli genitoriali "tradizionali"
A conclusione di questo ragionamento diciamo che la famiglia ha il diritto di proporre ai propri figli i ruoli sessuali e genitoriali " tradizionali". Fa parte del compito educativo ed è in qualche modo precontenuto nel dinamismo proprio della esperienza educativa, anche prima di un qualunque sforzo cosciente in questo senso, che i padri trasmettano ai figli un modello di virilità e le mamme trasmettano alle figlie un modello di femminilità. La scuola non ha il diritto di interferire con la trasmissione dei valori relativi alla sessualità ed ha, se mai, il dovere di sostenere lo sforzo educativo della famiglia, e ciò per due ragioni:
In generale, come abbiamo detto, il compito di educare è della famiglia ed un intervento della scuola non coordinato con quello della famiglia può fare solo danno.
In secondo luogo esiste un interesse pubblico a che si mantengano e si rafforzino i ruoli sessuali e genitoriali " tradizionali". Attraverso questi ruoli i bambini vengono generati ed educati e gli anziani vengono sostenuti ed assistiti fino alla morte. La alleanza fra le generazioni mantiene in vita la nazione e le permette di attraversare la storia. I ruoli sessuali "tradizionali" sono orientati alla formazione della famiglia e la famiglia a sua volta svolge una funzione fondamentale di interesse pubblico che legittima il ruolo particolare che le assegna la Costituzione italiana. Questi ruoli possono essere ripensati, aggiornati, adeguati a nuove esigenze ma non possono essere messi da parte, archiviati, privati del giusto riconoscimento sociale.
Ma questo atteggiamanto non implica intolleranza verso le minoranze?
È cresciuta nelle nostre società, negli ultimi anni ed in modo totalmente legittimo, una accresciuta sensibilità verso le minoranze che rischiano di essere emarginate o di non potere esercitare liberamente i loro diritti.
Guardiamo adesso di nuovo al problema della formazione della identità sessuale dal punto di vista di un giovane omosessuale che non riesce ad accettare o comunque non vuole accettare il modello che la sua famiglia e la scuola propone. Che fare? Arrivato ad una certa età egli ha il diritto di decidere per se stesso e nessuno deve disprezzarlo o rifiutarlo per questo. Soprattutto la famiglia ha un dovere di rispetto e di accoglienza. Mia figlia è mia figlia e rimane mia figlia anche quando fa delle scelte o compie delle azioni che io non condivido o anche giudico gravemente errate. Io ho il diritto di proporre ai miei figli i miei valori ed i miei modelli di comportamento, non ho invece il diritto di imporli. I figli sottopongono l'eredità dei valori che ricevono dai genitori ad un esame critico e trattengono ciò che è confermato dalla esperienza della loro vita. A volte la trasmissione della identità sessuale non riesce per le ragioni più diverse. Questo non può essere ragione per rompere il vincolo dell’affetto e della solidarietà all’interno della famiglia. Abbiamo anche il dovere di insegnare, nella scuola, il rispetto verso gli omosessuali e dobbiamo lottare in ogni modo contro la violenza rivolta verso gli omosessuali.
Fin qui credo si possa costruire un consenso generale. Alcuni vogliono andare ancora oltre e dicono che i bambini andrebbero esposti nella scuola a modelli eterosessuali ed a modelli omosessuali su di un piede di parità. Questo non è accettabile perchè violerebbe il diritto dei genitori alla educazione dei figli ed anche ignorerebbe la posizione particolare che la Costituzione italiana riconosce alla famiglia.
Altri ancora vorrebbero eliminare dai documenti scolastici le espressioni "papà" e "mamma" sostituendole con " genitore 1" e " genitore 2" per non fare sentire in imbarazzo i bambini adottati da coppie omosessuali ( anche se, per la verità, la legge italiana non consente l' adozione alle coppie omosessuali). Ora deve essere chiaro che come una maggioranza non ha il diritto di limitare la libertà di espressione di una minoranza allo stesso modo la minoranza non ha il diritto di limitare la libertà di espressione della maggioranza. Essere minoranza non è cosa vergognosa e non si vede perchè non si debba dire a un bambino che fa parte di una minoranza se questi, in effetti, fa parte di una minoranza. I tentativi di imporre regole come quella del divieto di indicare i ruoli genitoriali sembrano esprimere più che la volontà di proteggere le minoranze una ostilità non dissimulata verso le maggioranze ed una volontà di indebolire la loro identità culturale.
Dobbiamo accettare il fatto che altri siano diversi da noi, e quindi le maggiorane devono imparare a non discriminare le minoranze. Dobbiamo però anche accettare il fatto che noi siamo diversi da altri e quindi accettare la nostra condizione di minoranza quando effettivamente in una condizione di minoranza ci veniamo a trovare.
La protezione dei diritti delle minoranze non può tradursi in una negazione del diritto della maggioranza ad esprimersi ed a manifestare la propria identità culturale.
Non c’è inoltre educazione senza proposta di un modello. In questo due elementi devono sempre essere tenuti presenti: proporre non è imporre. La libertà della persona deve sempre essere rispettata e, inoltre, il modello non sempre o forse anche raramente si realizza nella sua pienezza. Quando diciamo che la famiglia " tradizionale" è il modello che deve essere proposto nel sistema educativo sappiamo benissimo che il modello non si realizza sempre nella sua pienezza. Esistono famiglie monoparentali nelle quali uno dei genitori manca. Talvolta manca perchè è morto lasciando una vedova e degli orfani, talvolta manca perchè è andato via o perchè non c'è mai stato. La struttura familiare si organizza però, per quanto possibile, in analogia al modello originario. Anche famiglie con due genitori (adottivi) omosessuali si organizzano imitando il modello familiare originario tanto che è difficile comprenderle fuori del tentativo di imitare in qualche modo quel modello. Si dice talvolta che oggi abbiamo diversi modelli di famiglia. in realtà non è cosí: abbiamo un modello e diverse varianti imitative. Le varianti imitative vanno certo rispettate ma non possono essere messe sul medesimo piano del modello originario, se non altro perchè non svolgono la medesima funzione sociale o comunque non possono svolgerla in modo ottimale.
Una vera alternativa al modello della famiglia " tradizionale" potrebbe sorgere solo nel momento in cui fossimo in grado di separare interamente la procreazione dalla sessualità producendo dei bambini in un utero artificiale. Ma vogliamo farlo? E come educare o socializzare un essere che non ha sentito per nove mesi il battito del cuore della madre e viene al mondo senza quel legame emotivo originario che è poi la base di tutto lo sviluppo emotivo e cognitivo successivo. Forse fra non molto questo sarà tecnicamente possibile ma non tutto quello che è tecnicamente possibile è anche eticamente, umanamente e quindi anche giuridicamente accettabile. Ogni bambino ha il diritto di nascere dall’amore di un padre e di una madre e di crescere nell'amore di un padre e di una madre. Questo diritto non sempre viene rispettato ma noi abbiamo la responsabilità di fare in modo che le condizioni concrete della generazione e della educazione si avvicinino per quanto possibile a questo modello.
La Sfida educativa
La sfida educativa ha molte dimensioni. In un certo senso ogni generazione si confronta con la sfida di trasmettere alla generazione che viene dopo l' insieme dei valori che ha riconosciuto come veri. Ad ogni generazione questa sfida educativa assume una forma diversa ed una forma diversa deve assumere anche la risposta alla sfida. La verità sull' uomo è una e non cambia nel tempo. I modi però in cui questa verità può essere falsificata sono infiniti e proprio in questo consiste la sfida: rispondere alla riduzione o deformazione cui la verità nel nostro tempo è esposta.
Nel nostro tempo questa sfida è particolarmente radicale. Essa tocca la radice stessa del processo educativo: la identità sessuale che è parte fondamentale del movimento attraverso il quale il soggetto acquisisce la sua identità personale. l modo in cui ci rapportiamo alla nostra sessualità decide per buona parte del fatto che ci costruiamo una
personalità aperta alla comunione con gli altri uomini o una personalità chiusa, ripiegata su se stessa, per la quale l' altro può essere ridotto ad essere solo uno strumento per la affermazione di noi stessi.
Un livello della sfida riguarda il livello della legislazione e della comunicazione di massa. bisogna reagire al tentativo di impedire l’affermazione pubblica del modello "naturale". Di famiglia che, in Italia, è anche il modello costituzionale. Bisogna resistere alla pretesa della parificazione di tutti i modelli, cioè alla pretesa che, negli anni della formazione, il bambino e l' adolescente siano esposti a tutti i modelli possibili di orientamento sessuale su di una base di parità. Questa pretesa assume la sua forma più pericolosa quando si pretende di escludere dalla sfera della educazione qualunque proposta educativa attinente alla sessualità, magari sostituendola con una "educazione sessuale" limitata alla spiegazione del funzionamento degli organi sessuali. Non c' è vera educazione sessuale che non sia contemporaneamente educazione dell' affettività. L' affermazione di un modello deve essere accompagnata in modo esplicito dall' insegnamento del rispetto e della tolleranza per chi faccia una differente scelta di vita.
Un altro livello della sfida, più profondo e più radicale, riguarda le famiglia. Molte voci cercano di dissuadere la famiglia dall' assumere in pieno il proprio compito educativo. Occorre invece incoraggiare la famiglia a credere in se stessa ed a svolgere fino in fondo la propria funzione ed il proprio ruolo. Ciò che decide della capacità educativa della famiglia è l'amore. Si impara originariamente ad essere uomini ed ad essere donne guardando all’amore dei genitori.
Che fare in tutti quei casi nei quali i genitori non sono stati all' altezza del loro compito ed i figli presentano vite danneggiate, personalità in difficoltà. Questi casi sono tutt' altro che rari. In un certo senso essi costituiscono la generalità perchè il compito è cosí alto da eccedere le forze anche della migliore delle famiglie. Arrivato ad una certa età, inoltre, il giovane si ribella alla famiglia di origine ed inizia un riesame di tutti i valori ricevuti
per decidere cosa ci essi definitivamente fare proprio. Chi assiste ed accompagna il giovane in questa tappa della vita?
Qui incontriamo il ruolo sussidiario della scuola che integra la paternità e la maternità secondo la carne con una paternità ed una maternità spirituale. Il carisma della educazione deve certo essere coltivato con la applicazione e lo studio. Esso è tuttavia originariamente un dono di Dio che si apprende nella sequela delle grandi figure di educatori che Dio periodicamente suscita e ci fa incontrare. Si tratta di uomini e donne con una capacità di paternità e di maternità cosí potente da riparare e fare rifiorire vite danneggiate.

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