DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Pin&segreti. La vita nascosta delle password ovvero quel che c’è dietro la digitazione matta e disperatissima



di Annalena Benini | Il Foglio 30 Novembre 2014

Anche mentre invochiamo la loro scomparsa, e facciamo clic su “password dimenticata”, e creiamo una nuova password che presto andrà a raggiungere le altre nell’inferno delle password cancellate, rimosse, aggiornate, stiamo affidando a una breve combinazione di lettere, numeri e segni di interpunzione, un pezzo della nostra vita. Un segreto, un’ossessione, la data di nascita di qualcuno di speciale. In una delle prime puntate di “The Affair”, serie televisiva americana che racconta, con gli occhi di lui e di lei, il tradimento dei rispettivi coniugi, lui la porta sulla spiaggia di famiglia, di notte. La porticina si apre solo con la password, cioè la data di nascita della moglie (e lui la sbaglia un paio di volte). Si siedono sulla sabbia, al buio: lui le spiega che la fedeltà è importante e che tra loro non potrà mai succedere niente. Lei è delusa (nello sguardo di lui), si alza e se ne va. Lui fissa le onde del mare, pensa al grande sacrificio che ha appena compiuto, si sente un po’ eroe e un po’ cretino, torna pensieroso verso la villa del suocero, dove si sta svolgendo una festa, e trova ancora lei lì, scalza, ferma davanti alla porticina chiusa: “Scusa, non conosco il giorno del compleanno di tua moglie”. Si guardano e l’adulterio è compiuto. Con la password lì in attesa, sconosciuta a lei e notissima a lui, banale data di nascita che avrebbe dovuto proteggere la trama di quel matrimonio. La vita segreta delle password, ha scritto il New York Times.

Ognuna protegge qualcosa, richiama alla memoria una storia importante. Anche se le detestiamo, le perdiamo, cerchiamo di utilizzare sempre la stessa con risultati catastrofici per la sicurezza dei nostri conti e della nostra vita privata (una moglie, se vuole, sa sempre come scoprire una password, e dove tutte le date di nascita e i nomi delle ex e dei gatti falliscono, trionfa la memorizzazione visiva: basta osservare, con falsa noncuranza, i movimenti veloci delle dita sulla tastiera, e subito provare a riprodurli), anche se non vediamo l’ora di venire liberati dalla responsabilità della protezione (se ci rubano la password, o se la dimentichiamo, possiamo dare la colpa soltanto a noi stessi), non succede mai di scegliere una parola a caso, una numerazione insensata. Con la scusa della memoria, affidiamo alla password i dettagli che, scrive il Nyt, ci rendono gli individui che siamo: un mantra motivazionale (Quit@smoking4ever: ha funzionato; chiamamamma@sunday: ha funzionato, e il possessore di questa password telefona a sua madre una volta alla settimana), una cicatrice emotiva, il nome dell’uomo che abbiamo perduto, o solo qualcosa di bello, che sia piacevole da digitare, da evocare. E’ un’invenzione minuscola, fastidiosa, ma quasi sempre venata di pathos, malizia, nostalgia, o amore. E’ come un tatuaggio su una parte nascosta del corpo, e se ci pentiamo possiamo cambiarlo. Basta chiedere a un certo numero di persone, con vincolo di segretezza, quali siano le loro password, per capire che ognuna racconta una storia, una fidanzata, un figlio, un rancore. Nessuno però è così spudorato da usare come password la data di nascita dell’amante: il mondo delle password (carte di credito, posta elettronica, banca), anche se segreto, è piuttosto moralista, e ognuno dentro di sé immagina una catastrofe, un accidente imprevedibile che lo costringa un giorno a rivelare e spiegare quelle sei cifre scandalose. Meglio conservare l’innocenza, almeno nel pin della carta di credito.