DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Bruxelles, capitale dei suicidi e del jihad, dove il cristianesimo si sta spegnendo e a un gaio nichilismo subentra l’islam



di Giulio Meotti
Il Foglio 7 febbraio 2015


Era il 30 marzo 2013 e Robert Rediger
all’epoca viveva a Bruxelles. Aveva voglia
di un drink al bar Metropolis, capolavoro
dell’art nouveau. “Passavo per caso
e vidi un cartello che diceva che il bar
avrebbe chiuso quella sera. Ero sbalordito.
Ho chiesto ai camerieri. Hanno confermato;
non conoscevano i motivi precisi
della chiusura. Adesso tutto questo stava
per scomparire, di colpo, nel cuore della
capitale d’Europa… E’ stato in quel preciso
momento che ho capito: l’Europa aveva
già commesso il proprio suicidio”. E’ a
Bruxelles che Michel Houellebecq celebra
la conversione all’islam di uno dei
protagonisti del suo ultimo romanzo “Sottomissione”.
Nei giorni scorsi il Belgio ha raggiunto
un nuovo record: il più alto numero pro
capite di combattenti islamici in Siria e
Iraq rispetto a qualsiasi altro paese europeo.
Bruxelles è diventata la capitale della
guerra santa, oltre che dell’Unione europea.
La prima cittadina del Vecchio continente
a morire sui campi di battaglia del
jihad fu Muriel Degauque, una ragazza
belga cattolica originaria di Charleroi, la
capitale del carbone: nei cunicoli di un
suo sobborgo, Marcinelle, una mattina
dell’agosto 1956 trovarono la morte oltre
cento operai italiani. Muriel si convertì all’islam,
cambiò il proprio nome in Myriam
(un congedo dal Belgio in cui era nata e
cresciuta) e trovò la morte vicino a Baghdad
come bomba umana. Era il 9 novembre
2005. Ma già nel 2001, due giorni prima
dell’11 settembre, due tunisini reclutati in
Belgio erano riusciti a farsi passare da
giornalisti e a uccidere, facendosi esplodere,
il comandante afghano Massoud, nemico
di al Qaida e dei talebani.
La scoperta del ruolo centrale del Belgio
nello scacchiere del terrorismo è casuale:
tutto inizia nel marzo 2004, quando
la polizia olandese ferma un panettiere
belga, Khalid Bouloudo, per un faro dell’auto
rotto. Contro di lui c’è un mandato
d’arresto internazionale che lo accusa di
essere coinvolto negli attentati di Casablanca.
E’ l’operazione “Asparagi”, prodotto
tipico della città fiamminga di Maaseik,
dove risiede Bouloudo. Tra gli arrestati
Hassan el Haski, mente degli attentati
di Madrid, Mourad Chabarou, reclutatore
di combattenti per l’Iraq, e Youssef
Belhadj, autore del video di rivendicazione
di Madrid. Sono affiliati al Gruppo islamico
combattente, in contatto con il gruppo
olandese Hofstad, legato all’omicidio
di Theo van Gogh.
Com’è stato possibile che Maaseik, la
città di Van Eyck e Rubens e del cristianesimo
belga, sia diventata allora una centrale
del terrorismo islamico in tutta Europa
e oggi una delle città con più reclutamenti
per la guerra santa in Siria e
Iraq?
Lo chiamano “Belgistan”, è la triste evoluzione
di un paese agiato, annoiato e
scettico che non è mai riuscito a sostituire
altri ideali a quelli tramontati dell’impero.
Eppure, parlate con un belga: vi
darà la sensazione di un uomo soddisfatto.
La questione sociale? Sotto controllo.
La vita famigliare? Decente. Le distrazioni
alle fatiche quotidiane? Abbondano.
Paura della guerra? Nessuno ci pensa. E’
la gaia incoscienza del Belgio, caratteristica
del borghese confortato da una sorte
propizia. Un mondo di caffè, di teatri, di
circoli municipali, di fanfare operaie, di
vini cordiali, di lavoro per tutti, di conversazioni
argute, di carillon, di librerie, di
cooperative prosperose, ricco di umore
meridionale (i belgi sono i meridionali del
nord). Bruxelles era destinata a diventare,
come Londra, Parigi o Atene, il luogo per
eccellenza della fusione nazionale. Doveva
funzionare come un crogiuolo, dove si
sarebbero mescolati funzionari valloni,
fiamminghi e stranieri e si sarebbe creato
l’homo belgicus. Situati geograficamente
fra Germania, Francia e Olanda, si direbbe
che i belgi abbiano assorbito attraverso
le frontiere la brillante grazia dei
francesi, la pacata struttura psicologica
degli olandesi, la vocazione al lavoro dei
tedeschi. Essi costituiscono l’esempio
massimo di sintesi dell’uomo qualunque
europeo, la cerniera di mondo latino e
germanico e con essa l’incontro di due
aspetti squisitamente europei del cristianesimo:
il cattolicesimo e la riforma. Eppure,
il paese è malato. E avanza lo spettro
di una nuova religione.
Il Belgio, oltre a detenere il record di
di Giulio Meotti
jihadisti in Europa, è oggi il primo paese
europeo per tasso di suicidi. Sono i suoi
fiori del male. Il più noto suicida è il premio
Nobel per la Medicina, Christian de
Duve, che si è ucciso due anni fa tramite
iniezione letale in un surreale, ultimo incontro
con i suoi quattro figli. Sei suicidi
al giorno. Duemila all’anno. Con un tasso
di suicidio stimato a più di venti ogni 100
mila abitanti, il Belgio batte tutti i record
in Europa occidentale (la media mondiale
è di 14,5 per 100 mila abitanti). Il suicidio
è la prima causa di mortalità tra i belgi
che hanno tra i 25 e i 44 anni e la seconda
causa, dopo gli incidenti automobilistici,
fra quanti ne hanno tra i 15 e i 24. Una
gioventù bella ma malata. I giovani belgi,
afferma con desolazione il quotidiano Libre
Belgique, “soffrono la vita” .
Secondo uno studio, compilato dai professori
Moens, Haenen e Van de Voorde
sulla base di dati forniti dall’Organizzazione
mondiale della sanità, il numero dei
suicidi fra i giovani è aumentato dell’81
per cento rispetto a dieci anni fa. E sono
ancora troppi, affermano gli studiosi di
Lovanio, quelli che vengono spiegati in altro
modo: misteriosi incidenti stradali, inspiegabili
avvelenamenti che mascherano
talora le reali intenzioni della vittima. E’
la “legge del silenzio” che per motivi umanitari
induce molti medici a risparmiare
ulteriore dolore ai genitori e ai parenti registrando
un’altra causa sul certificato di
morte. La tragica statistica si gonfierebbe,
inoltre, se andassero a segno alcuni dei
tentativi di suicidio (migliaia) che si registrano
ogni anno, e se considerassimo anche
la legge sull’eutanasia, con altre sei
morti al giorno. In Belgio è nato anche il
primo “supermercato della morte”. A Flémalle,
una cittadina poco lontano da Liegi.
Le lapidi? In quarta fila. Le corone? In
fondo a destra. Le bare? A sinistra.
Un paese dominato dal nichilismo, dove
l’islam è già oggi la prima religione del
paese. Nelle scuole di Bruxelles l’insegnamento
della religione musulmana ha superato
per numero di studenti quello della
religione cattolica. Lo dice il Centro di
ricerca e informazione sociopolitica: secondo
l’indagine, fra i ragazzi degli istituti
primari, nell’ora di religione per scelta
delle famiglie il 43 per cento studia l’islam
(una quota che si attesta al 41,4 nei licei);
il 27,9 per cento segue corsi di “morale laica”
(ateismo), e solo il 23,3 per cento ha optato
per la fede cattolica.
Già oggi, a Bruxelles un cittadino su tre
è musulmano, e il nome più frequente all’anagrafe
fra i nuovi residenti è Mohammed.
Nel 2035 la città sarà a maggioranza
musulmana. I grandi momenti della vita,
come battesimi, matrimoni e funerali, in
Belgio non sono più legati alla cristianità,
in un paese i cui simboli sono stati a lungo
l’Adorazione dell’agnello di Van Eyck,
la Madonna di Bruges di Michelangelo, i
quadri di Bruegel, Memling, Van der Weyden,
la cattedrale di Anversa, il cane di
Sant’Uberto e l’Università di Lovanio (fondata
da Papa Martino V).
A Bruxelles oggi soltanto sette matrimoni
su cento sono cattolici, i bambini battezzati
sono solo il 14,8 per cento e i funerali
cattolici si fermano al 22,6 per cento. “E’ la
fine del cattolicesimo sociologico”, dice
uno studio del Crisp citato dal quotidiano
Soir. Di recente, le autorità belghe hanno
deciso che le feste cardine della cultura
europea e cristiana, come Ognissanti, Natale
e la Pasqua, dovevano essere sostituite
dalle più neutre “Vacanze d’autunno”,
“Vacanze d’inverno” e “Vacanze di primavera”.
Un solstizio laicista. E due anni fa
ha debuttato il nuovo albero di Natale secolarizzato,
simbolo di un paese trasparente,
senz’anima. Non più l’abete delle
foreste delle Ardenne, ma un Xmas Tree
di acciaio, luci e proiezioni video.
Fu nel 1986 che avvenne la svolta, quando
per la prima volta l’antica Università
cattolica di Lovanio nominò un rettore
ateo. Fondata nel 1425 per iniziativa del
duca Giovanni IV di Brabante, autorizzato
da una bolla pontificia di Martino V, l’ateneo
era sempre stato un centro di cultura
umanistica e un caposaldo nella lotta
contro la Riforma luterana. Oggi produce
alcune delle idee più progressiste d’Europa.
Fu lì che si riunirono i capi della riforma
cattolica, il tedesco Karl Rahner, il
belga Edward Schillebeeckx, padre del
“nuovo catechismo olandese”, i francesi
Yves-Marie Congar e Marie-Dominique
Chenu, lo statunitense Gregory Baum, severo
critico dell’enciclica Humanae vitae e
lo svizzero-tedesco Hans Küng, teorico
della fallibilità papale. Oggi Lovanio offre
il primo corso di laurea in Teologia islamica
in Europa.
Di pari passo, infatti, il Belgio adottava
la forma più radicale di multiculturalismo
che l’Europa abbia mai conosciuto. Nel
1974, il governo belga riconobbe ufficialmente
la religione islamica. Il primo risultato
di questo riconoscimento fu l’approvazione,
nel 1975, dell’inserimento della
religione islamica nel curriculum scolastico.
I musulmani in Belgio sono al 75 per
cento praticanti. “Una gioventù radicalizzata,
che rifiuta i valori occidentali”, scrive
la giornalista fiamminga Hind Fraihi:
“A Bruxelles, ci sono isole come Molenbeek,
dove si fatica a credere di essere in
Belgio”. Il proselitismo intanto straripa.
Il numero totale dei belgi convertiti all’islam
è stimato in 20 mila. Nei tribunali,
la sharia interferisce insidiosamente nei
giudizi dei magistrati e ad Anversa è nata
la prima corte che legifera con la legge
islamica. Le scuole pubbliche distribuiscono
anche pasti halal. Negli ultimi anni
in molti quartieri di Bruxelles sono scomparse
le donne e ricomparsi i veli integrali.
I mercati sono in mano alla comunità
musulmana e in molti quartieri non esistono
più macellerie con costolette di maiale.
Ad Anderlecht, un comune brussellese
ad alta densità islamica ma anche con
un’importante comunità ebraica, non si
contano più gli atti di antisemitismo e gli
ebrei stanno fuggendo dal paese dopo la
strage al Museo ebraico della capitale di
un anno fa. Gli alloctoni illuminati come
Mimount Bousakla – politica di origine
marocchina che attacca il dogma del multiculturalismo
– sono minacciati di morte
dai fondamentalisti islamici. A due passi
dalle istituzioni europee, gli imam predicano
contro Bruxelles, “capitale degli infedeli”.
Molte chiese, appena macchiate da
qualche incrostazione della controriforma
spagnola, sono rimaste esteriormente
uguali. Ma dentro sono diventate delle moschee,
come la Signora del Perpetuo Soccorso.
In una chiesa di Bruges è conservato
il “Sangue Santo”, che un conte di Fiandra
riportò dalla Palestina dopo una crociata.
Ma il prodigio della liquefazione, dicono
le guide, non avviene più da parecchi

secoli. Si è seccato.