DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Facebook. Questo non è un social per giovani. Un articolo interessante sul presente e il futuro del social


di Paola Porciello
Il Fatto quotidiano del 2 febbraio 2015

Alto, corpulento, capelli
corti e con la faccia
da ragazzino,
qualche brufolo a ricordare
che non ha ancora
compiuto vent’anni, Andrew
Watts un simile successo non se
lo sarebbe aspettato. Una ricerca
su Google con il titolo “A teenager’s
view on social media”
genera 37 milioni di risultati.
L’articolo in cui racconta come
lui e i suoi amici interagiscono
con i principali social network
nella vita quotidiana, pubblicato
su medium.com, ha scatenato
un putiferio. Facebook viene
dato per morto, avete letto bene:
defunto. Twitter , non pervenuto.
Non ne afferrano ancora
il senso. Vanno invece a gonfie
vele Instagram e Snapchat. Quest’ultimo,
un servizio di messaggistica
istantanea simile a
Whatsapp, è quello dove Andrew
e i suoi amici passano più
tempo.
Pur consapevoli che le opinioni
di Watts non possono essere generalizzate
a tutta la popolazione
di adolescenti, americani e
non - diversi tra loro per razza,
estrazione sociale, cultura e grado
d’istruzione –rimane il fatto
che l’articolo di un ragazzo fino
a pochi giorni fa sconosciuto sta
suscitando un dibattito nel quale
si sono sentiti obbligati a dire
la loro anche i guru dei social
media, inondati da mail di colleghi
e amici contenenti il link
del suddetto articolo.
In fuga I teenager
migrano altrove
Il fatto che Facebook stia perdendo
mordente tra i più giovani è
un fatto noto agli addetti ai lavori
da tempo. Lo stesso Zuckerberg
aveva accennato alla
questione l’anno scorso, durante
una conferenza stampa sugli
introiti della società. Ma in
quell’occasione preferì soffermarsi
sui numeri: nei primi tre
mesi del 2014 i ricavi avevano
raggiunto i 45,5 miliardi di dollari,
di cui 10,2 di utili.
Secondo un rapporto di i Strategy
Labs tra il 2011 e il 2013 Facebook
ha perso 3.314.780
utenti di età compresa tra i 13 e i
17 anni mentre ha guadagnato
terreno tra i più maturi. Lo stesso
trend si registra anche in Italia
dove, sui 24 milioni di iscritti, il
65% ha più di 35 anni (dato di
gennaio 2014). La notizia portò
molti a immaginare una prossima
presunta scomparsa del
NONNO FACEBOOK
COME LA CINA.

Gli utenti di Facebook
ormai sono 1,5 miliardi,
quanti gli abitanti della
Cina. Ma il 65% ha oltre
35 anni Illustrazione
di Doriano Strologo
più grande social network. Ma
questo non è successo e anzi,
grazie al boom della pubblicità
sui dispositivi mobile nel quarto
trimestre 2014 i ricavi di Face -
book sono saliti del 49%.
La fuga dei teenager verso altre
realtà virtuali non sembra infatti
spaventare più di tanto Zuckerberg.
In un’intervista al New
York Times ha spiegato che l’ac -
quisizione di altre applicazioni
quali Instagram e Whatsapp
(quest’ultima al prezzo di 19
miliardi di dollari), molto più
“cool” e “hip”, servono proprio
a questo. La strategia di marketing
della società californiana è
cambiata: “Oggi siamo centrati
sul consumatore - spiega una
portavoce di Facebook Italia - e
ci adattiamo alle sue esigenze
seguendo la direzione dei venti
milioni che, in media, vengono
a trovarci quattordici volte al
giorno”. Fra questi ci sono gli
adulti che stanno rapidamente
conquistando ul territorio prima
appannaggio esclusivo dei
figli, ma con una maggiore capacità
economica. Per non parlare
del valore generato dalle informazioni
sugli iscritti raccolte
in questi anni: a fine 2013 ciascun
utente valeva circa 2,14
dollari. Moltiplicate questa cifra
per il miliardo e mezzo di
utenti disseminati in tutto il
mondo e capirete come il problema
dei teenager possa in effetti
essere marginale per la società
di Cupertino.
Identità Il bisogno di
esprimere se stessi
Nonostante ciò, nel 2012 Zuckerberg
tentò disperatamente
di acquisire Snapchat, molto in
voga tra i giovani americani, ma
senza successo. L’articolo di
Andrew Watts ci aiuta a capirne
ancora di più il motivo: “Face -
book ce l’abbiamo tutti ma lo
usiamo pochissimo. Instagram
ci piace molto, ma il nostro social
è Snapchat: è qui che ci possiamo
esprimere liberamente
senza sentirci giudicati, rimanendo
ancorati alla nostra
identità sociale”. Facebook non
è più il luogo naturale di ritrovo,
anzi “è come stare a un pranzo
di famiglia con tutti i tuoi parenti
– scrive Watts – dove ti
senti un po’ a disagio e non vedi
l’ora di andartene”.
L’account su Facebook spesso si
ha già nell’infanzia, anche se sarebbe
vietato prima dei 13 anni.
Con grande apprensione dei
genitori, molti dei quali si sono
iscritti sperando di controllare i
figli, per poi scoprire che piaceva
anche a loro. Per le esigenze
di un adolescente, però, può
non andare. Watts spiega: “Su
Instagram non sono costretto a
seguire tutti quelli che mi seguono.
Così il mio feed contiene
solo cose che mi interessano
davvero e non un agglomerato
multiforme di contenuti spesso
di scarsa qualità; se ‘mi piace’
una foto o se la voglio commentare
sono molto meno preoccupato
delle reazioni degli altri
utenti; Instagram ancora non è
popolata dagli adulti e non ci
sono i link, il che significa che
non verrò sommerso dalla pubblicità,
dallo spam o da qualche
orribile articolo di gossip”.
In sostanza, almeno per Watts e
il suo gruppo di amici, è ancora
obbligatorio avere Facebook , ma
solo per poche attività residuali
come le chat istantanee e i gruppi
tematici o per cercare qualcuno
che hai conosciuto a una
festa.
Sembra finito anche il tempo in
cui si faceva a gara per chi aveva
il maggiore numero di amici
(motivo per cui ci ritroviamo
tra i nostri contatti persone che
conosciamo appena o che non
conosciamo affatto). Snapchat
ad esempio non contempla né
follower né amici. Messaggi e
foto inviati rimangono visibili
solo per pochi secondi: “C’è
molta meno pressione sociale
rispetto a tutti gli altri social
network. Puoi davvero essere te
stesso e creare la Storia della tua
giornata. Anche con immagini
imbarazzanti che non ti sogneresti
mai di postare su Facebook
– afferma Watts”.
2020 I social media
del futuro
Il nuovo Facebook , però, ancora
non esiste. Il social del futuro
dovrà verosimilmente andare
incontro alle esigenze dell’ulti -
ma generazione di adolescenti,
come stanno già facendo, fra i
tanti, “Ello” e “This”: semplici e
focalizzati sui contenuti, discreti,
non invadenti, facilitano
l’espressione di sé. E soprattutto,
sono senza pubblicità. Le
piattaforme di ultima generazione,
per adesso, si propongono
come anti-Facebook e anti-
Twitter, luoghi dove le informazioni
– assicurano i loro
creatori – non verranno utilizzate
per tracciare il vostro profilo
di consumatori. Ma quanto
può durare? Per sopravvivere,
tutti prima o poi hanno dovuto
introdurre una forma di introito,
anche i più grandi: Wikipedia
si è affidata alle donazioni volontarie
e il colosso Google a un
certo punto ha dovuto piegarsi
agli ormai onnipresenti richiami
pubblicitari tarati sulle preferenze
degli utenti sferrando
un colpo mortale alla sua immagine
di azienda dalla mission
altruistica e disinteressata.