DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Francia e Belgio, conversioni all'Islam raddoppiate



di Andrea Vannicelli

Per dieci anni (dal giugno 1994 al
giugno 2004) ho lavorato come
insegnante alle superiori (presso
istituti tecnici e professionali) in Belgio,
in varie scuole di quel Paese che amo
molto. Sempre part time, perché nel frattempo
svolgevo un dottorato di ricerca in
letterature comparate. Statisticamente il
60% dei miei studenti erano musulmani
(ho lavorato quasi sempre a Bruxelles, e
come forse sapete all’anagrafe di Bruxelles
il nome che viene più spesso registrato
è quello di Mohamed, cioè Maometto).
Di questi musulmani, quasi tutti erano di
origine marocchina (di origine, perché la
maggior parte di loro erano nati in Belgio,
e di nazionalità belga). Alcuni di loro avevano
un dono particolare per le lingue, che
erano le materie da me insegnate, quindi
posso dire con orgoglio di alcuni di loro
che sono stati i miei migliori studenti.
Musulmani e fieri di esserlo, la maggior
parte di quegli studenti erano molto legati
alle rispettive famiglie e alla comunità di
appartenenza, orgogliosi della loro religione.
Guardavano con una certa perplessità
il disfacimento delle famiglie occidentali
intorno a loro: come si sa, purtroppo, a
Bruxelles un matrimonio su tre nel giro di
pochi mesi si conclude con il divorzio. Le
ragazze musulmane certamente vivevano
con particolare sottomissione la loro condizione
femminile, e molte mie colleghe
ne erano profondamente scandalizzate
(ma quest’argomento preferirei lasciarlo
trattare a Costanza Miriano). Molte mie
studentesse e colleghe venivano in classe
con la minigonna, mentre le ragazze
musulmane non portavano il velo generalmente
solo perché il regolamento scolastico
lo vieta. Ricordo il caso di un’alunna
che – non potendo uscire di casa senza il
velo, perché il padre in caso contrario l’avrebbe
picchiata – andava poi a cambiarsi
da una compagna di classe per venire a
scuola vestita all’occidentale (altrimenti
la preside non l’avrebbe lasciata entrare).
Molte mie alunne non musulmane erano
profondamente affascinate dal mondo
islamico, che ai loro occhi rappresentava
un’identità forte; sentivano la mancanza di
un’autorità che le guidasse in maniera salda.
Mi accadde più volte, nelle mie classi,
di avere ragazze che si erano convertite o
erano sul punto di convertirsi all’Islam, generalmente
dopo essersi innamorate di un
bel ragazzone marocchino (all’amor non
si comanda…). Noi professori ovviamente
non intervenivamo nella vita privata degli
studenti, ma alcune cose apparivano in
maniera evidente.
Non ho potuto mantenere nessun contatto
con quei miei ex alunni, perché un supplente
è sempre e solo di passaggio. Non
so poi come siano andate a finire tante di
quelle storie d’amore e di passione (anche
religiosa) che ho visto nascere. Ascoltando
però tante notizie che sono pervenute
ai media dopo la strage a “Charlie Hebdo”,
me ne sono stupito molto poco. Le moschee
francesi hanno registrato un boom
di richieste per diventare musulmani. La
catena di librerie francesi maggiormente
specializzata nell’editoria religiosa, La
Procure, da giorni e giorni ha come libro
più richiesto il Corano, tanto che ora in
tutta Parigi non ne hanno più copie disponibili
neanche nei magazzini. Lunedì 10
febbraio l’emittente radiofonica francese
Rtl ha reso noti i risultati di un’inchiesta
svolta a gennaio: dagli attentati terroristici
in poi anche le conversioni all’Islam
sono raddoppiate. Mai così tante e in così
poco tempo nella storia di Francia. Che la
“sottomissione” di Houellebecq sia già cominciata?
No, non è paranoia. Di fatto a Bruxelles, già
a settembre 2014, il settimanale L’Express
(edizione belga) ha suscitato scalpore rivelando
che una ventina di ragazzi della
città erano da vari mesi arruolati nelle
truppe dell’Isis. E il buon François Hollande
ha tra i suoi compiti principali quello di verificare
la presenza di cittadini francesi tra
gli estremisti islamici: sono molto meno
numerosi dei belgi, ma ci sono anche loro.
Quali motivi possiamo dare per questa
passione per la causa islamista? Provo a
ragionarci, lasciando poi volentieri spazio
anche a pareri molto diversi dal mio.
Per i casi che ho visto direttamente e con
i miei occhi, innanzitutto mi guarderei
bene dal pensare che si trattasse soltanto
di forme di estremismo. Erano ragazze
sinceramente innamorate, e in alcuni casi
anche molto intelligenti e sensibili. Del
cristianesimo non conoscevano praticamente
nulla, perché provenienti da famiglie
atee o comunque indifferenti alla
religione. Alcune di loro erano sinceramente
alla ricerca di un ubi consistam, di
una ragione per vivere di fronte all’ingra-
ta furia del tempo, che fugge e tutto annulla.
Lo slancio interiore, la ricerca della
verità, una dimensione in parte spirituale,
la trovavano nell’Islam, e non certamente
(non me ne vogliano gli amici belgi, dei
quali ho molta stima) nelle fredde chiese
del Nord, dove probabilmente non avevano
mai messo i piedi (e che comunque
rischiavano di non appassionarle più di
tanto…). Alcune altre erano invece mosse
da un vero e proprio odio adolescenziale
(la “haine”) verso l’insipienza della società
in cui vivevano, dove sembrava che l’unico
progetto caldeggiato dai politici – oltre a
un ossessivo e continuo controllo del budget
e a litigi quotidiani tra fiamminghi e
valloni – fosse un ampliamento dei diritti
individuali e dell’autonomia personale, ovverosia:
l’eutanasia, la velocizzazione delle
pratiche per l’ottenimento del divorzio, il
matrimonio tra persone dello stesso sesso,
ecc. ecc.
Sto formulando delle ipotesi, magari nei
prossimi giorni verrò sonoramente smentito
sulle pagine di questo giornale. Tenete
conto però che tra i convertiti non ci sono
solo adolescenti: in Francia, ultimamente,
si è convertito un dirigente scolastico
e un poliziotto. Gli stessi imam, stando a
Rtl, «sembrano i primi a essere sorpresi
dall’aumento del numero di nuovi fedeli,
così come dalla diversità dei loro profili».
O noi cristiani ci mettiamo seriamente ad
annunciare, a testimoniare, a vivere sinceramente
il Vangelo, oppure la nostra
società finirà per morire di indifferenza
(come spiegava molto bene giovedì scorso
Lorenzo Ciampoli su queste pagine),
per annientarsi da sola, mentre le uniche
comunità rimaste a proclamare la fede
nei valori della famiglia, della vita, della
religione, rimarranno quelle islamiche (e
lo scrivo con tutto il rispetto che ho per i

musulmani che ho conosciuto.

La Croce 14 febbraio 2015