DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

C’è analogia tra l’égalite giacobina e il “love is love” di oggi? Sì, purtroppo


Antonio Gurrado

Ho capito il motivo per cui non solo è
giusto ma anche ragionevole che i conservatori
siano contrari alle unioni civili e
alle nozze gay. Non è ritrosia verso l’adozione
dei figliastri (che già tradotta in italiano
suona molto meno accattivante della
stepchild adoption) né timore che s’ingeneri
un disordine sociale peggiore di quello
in cui già sguazziamo, e nemmeno accanimento
ingiustificato contro gli omosessuali
o, figuriamoci, sessuofobia. I conservatori
di oggi provano istintivamente il dovere
di opporsi all’ideologia gender per lo stesso
motivo per cui i conservatori di tutta Europa
si erano immediatamente schierati
compatti contro la Rivoluzione Francese.
A ogni latitudine infatti i fautori delle
nozze gay e delle unioni civili sono animati
dagli stessi princìpi cardine che avevano
spinto all’azione più o meno sanguinaria i
loro precursori, che al posto della bandiera
arcobaleno sfoggiavano la coccarda tricolore:
il riconoscimento di un’eguaglianza
onnicomprensiva fra gli individui e la
certezza di essere nel giusto in virtù di ragionamenti
che equiparano tutti gli uomini
quindi valgono al di fuori di concreti
contesti storici e geografici. Rispetto ai rivoluzionari
cromwelliani o jeffersoniani, i
giacobini nutrivano l’ambizione di non voler
soltanto rinegoziare un patto politico interno
ai propri confini e avvantaggiare l’una
o l’altra classe: volevano affermare un
principio universale eterno e infatti non
scrivevano locali dichiarazioni di indipendenza
bensì planetarie, onnivore dichiarazioni
dei diritti dell’uomo e del cittadino,
senza specificare quale tipo di uomo né cittadino
di cosa. Lavoravano per il beneficio
del mondo intero – “la rigenerazione del
genere umano”, secondo Tocqueville – e il
loro ecumenismo era tale da non soffermarsi
su qualche testa che rotolava per terra
se non come effetto collaterale di un miglioramento
inarrestabile, inesorabile.
Così i sostenitori delle nozze gay, che in
Italia si fanno più timidi sostenitori delle
unioni civili e della lana caprina. Lo slogan
“love is love” significa égalité fra tutti gli
uomini, quale che sia la natura dei rapporti
che li lega agli altri e indipendentemente
dal contesto sociale in cui i singoli individui
si ritrovano a operare e a rispondere
delle conseguenze delle proprie azioni. Il
diritto a sposare chi si ama significa voler
affermare su vasta scala la stessa liberté
che la Francia rivoluzionaria voleva esportare
in Europa sulla punta delle baionette.
Per sostenersi e autoalimentarsi propugnano
dunque deduzioni di logicità tanto asettica
da far spavento, a cominciare dalla tautologia
per cui l’amore è l’amore quindi si
può sposare chiunque. Le loro idee sono
ciò che Hippolyte Taine definiva “il trionfo
della ragione pura e dell’irragionevolezza
pratica”, il cui esercizio riduce la nazione
a “malato preso dal delirio della propria
fantasia, in preda alle suggestioni della ragione
ragionante, della ragione che dimentica
il mondo sul quale dovranno svolgersi
i propri esperimenti e manda in rovina le
tavole dei vecchi valori”.
I loro ideali astrusi invocano un diritto
naturale di carattere universale che cede
a una pulsione collettiva all’eguaglianza,
basata sull’idea generica di uomo nonostante
De Maistre ammonisse che “l’uomo,
considerato nella sua universalità, non esiste;
è un prodotto dello spirito classico, ossia
dell’astrattismo filosofico”. A furia di
impeccabili rivendicazioni, come spiegava
Edmund Burke, “si allontanano dalla grande
e diritta via della natura” e poi si arrabbiano
perché la traduzione concreta di
princìpi astratti porta a risultati opposti a
quelli prefissi, come quando Robespierre
calmierò i prezzi per favorire gli acquisti in
teoria ma in pratica rese tutti più poveri:
per questo Burke scrisse subito che “quando
avranno portato a termine la propria
opera, avranno portato a termine anche la
propria rovina”. Sarà; fatto sta che la coccarda
tricolore divenne obbligatoria nel
1792, per la bandiera arcobaleno attendiamo

fiduciosi.

Il Foglio 28 Gennaio 2016