DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Ipocrisia Svizzera. No ai minareti, La Santa Sede: «Duro colpo alla libertà religiosa e all'integrazione»

In Svizzera a quanto pare sarà vietata la costruzione di nuovi minareti, in seguito allo svolgimento del referendum in cui la maggioranza degli elettori elvetici si è detta d’accordo con tale divieto.
Tale provvedimento è a parere di chi scrive di una barbarie imbarazzante.
La costruzione dei luoghi di culto, con tutti i loro simboli, dovrebbe essere competenza delle varie comunità che ne sentono l’esigenza.
Dove ci sono musulmani dovrebbero esserci anche moschee e minareti, la questione è incredibilmente banale, per quanto è semplice.
Se mille musulmani di Berna decidono di costruirsi una moschea, finanziandola con i loro risparmi, non si capisce per quale motivo un pastore della valle del Simmental debba aver da ridire sul minareto.

In Grecia, ad esempio, dove addirittura la religione Cristiano Ortodossa è religione di stato, nessuno si sognerebbe mai di protestare contro le moschee e i minareti della Tracia, dove risiede una numerosa minoranza musulmana.
Ancora una volta, ci sono i musulmani, e di conseguenza ci sono le moschee e i minareti; nessuno può arrogarsi il diritto di impedire loro di costruire i loro luoghi di culto come meglio credono.

Il divieto sancito dal referendum elvetico invece è ancora più paradossale dal momento che ha avuto luogo proprio in Svizzera, dove la chiamata alle urne è stata promossa dai movimenti nazionalisti che volevano tutelare l’identità e la tradizione della nazione elvetica.
Quale identità e quale tradizione?
Una nazione che ha fondato la sua ricchezza sulla sua capacità di chinarsi ed accogliere tutto il marcio che si forma nel mondo, prona nei secoli dinanzi ai capitali più sporchi.
Dall’oro degli ebrei raccolto da Hitler fino ai miliardi dei più sanguinari dittatori del mondo, i tesori più sudici trovano calorosa accoglienza nei forzieri elvetici.
Uno stato che in tutto e per tutto si è venduto a Mammona, e che ora rifiuta la costruzione dei minareti in nome della propria “tradizione”.

L’ipocrisia ormai regna sovrana nei nostri tempi, e i paradossi più grandi sfilano dinanzi ai nostri occhi in un carosello sempre più affollato.

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MILANO - Fa discutere il «no» ai minareti sancito in Svizzera da un referendum. Sono molte, infatti, le reazioni al risultato. Il presidente del Pontificio consiglio dei migranti, monsignor Antonio Maria Vegliò, spiega di essere «sulla stessa linea dei vescovi svizzeri», che hanno espresso forte preoccupazione per quello che hanno definito «un duro colpo alla libertà religiosa e all'integrazione». Lo stesso Vegliò, del resto, aveva espresso con chiarezza il suo pensiero sul referendum tre giorni fa, in occasione della presentazione del messaggio del Papa per la Giornata mondiale per i migranti. «Non vedo come si possa impedire la libertà religiosa di una minoranza, o a un gruppo di persone di avere la propria chiesa», aveva detto il presidente del Pontificio consiglio. «Certo - aveva aggiunto - notiamo un sentimento di avversione o paura un po' dappertutto, ma un cristiano deve saper passare oltre tutto questo, anche se non c'è reciprocità».

FRATTINI - Il ministro degli Esteri Franco Frattini si è detto preoccupato per la scelta della Svizzera e ha ricordato le ultime scelte del Consiglio europeo che sanciscono la «libertà di tutte le religioni». L'Italia, ha detto Frattini «difende il diritto di esporre il crocifisso nelle scuole, quindi guardiamo con preoccupazione a certi messaggi di diffidenza o addirittura proibizione verso un'altra religione».

UNIONE EUROPEA - Anche per il ministro degli Esteri svedese e presidente di turno dell'Ue, Carl Bildt, il no alla costruzione dei minareti emerso dal referendum svizzero lancia «un segnale negativo». «È un'espressione di un notevole pregiudizio e forse anche di paura, ma è chiaro che è un segnale negativo sotto ogni aspetto, su questo non c'è dubbio», ha dichiarato alla radio svedese. Per Bildt è anche «molto strana» la decisione di Berna di sottoporre la questione a referendum: «Di solito in Svezia e in altri Paesi sono gli amministratori delle città a decidere su queste cose».

COMMISSIONE UE - No comment invece dalla Commissione Europea. «La Commissione - ha affermato a Bruxelles il commissario alla Giustizia, la libertà e la sicurezza Jacques Barrot - non deve prendere posizione sulla questione, la Svizzera non è uno stato membro e del resto sono state seguite procedure democratiche».

CONSIGLIO D'EUROPA - Interviene anche il Consiglio d'Europa: «Nonostante sia espressione della volontà popolare, la decisione di vietare la costruzione di nuovi minareti in Svizzera suscita in me grande preoccupazione». afferma Lluis Maria de Puig, presidente dell'Assemblea parlamentare. «Se da un lato questa decisione riflette le paure della popolazione svizzera e dell'Europa, nei confronti del fondamentalismo islamico, dall'altra, mentre non aiuterà ad affrontare le cause di questo fondamentalismo, è molto probabile che incoraggi sentimenti di esclusione e approfondisca le spaccature all'interno della nostra società».

ONU - Posizione simile alle Nazioni Unite. Un portavoce dell'Alto commissariato per i diritti umani Onu afferma che «il comitato è preoccupato per l'iniziativa che mira a vietare la costruzione di minareti e per la campagna discriminatoria di manifesti che l'accompagna».

SVIZZERA - Lo stesso il ministro della giustizia elvetico, Eveline Widmer-Schlumpf, spiega che «non si tratta di un voto contro la religione islamica ma contro i minareti come edifici. In Svizzera si rispetta la libertà di fede, è un valore fondamentale, ma certo il risultato di questo referendum non è un bel segnale - ha affermato la Widmer-Schlumpf - È importante che nella nostra democrazia si abbia la possibilità di votare, e questo voto non è contro la religione islamica».

FRANCIA - Il dibattito investe anche la Francia, anche se il ministro francese dell'immigrazione, Eric Besson, dichiara che «i minareti non sono un tema politico, e il miglior modo per raggiungere l'integrazione dell'islam con i valori repubblicani è evitare i falsi dibattiti». «Bisognerebbe evitare di dare la sensazione che c'è una stigmatizzazione nei confronti di una religione, in questo caso l'Islam - ha sottolineato Besson -In Francia dobbiamo favorire l'emergere di un islam francese che si integri ai valori della repubblica, e il miglio modo per raggiungerlo è evitare i falsi dibattiti».


Corriere 30 novembre 2009