DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Frédéric Manns: Perché Dio s’è fatto uomo? L’Incarnazione secondo il Giudaismo e l’Islamismo

Il Verbo si è fatto carne

Perché Dio s'è fatto uomo? L'Incarnazione secondo il Giudaismo e l'Islamismo. - Dio comunica con l'uomo, perché è in comunione con sé stesso.

Vi é una fede semplice alla quale non manca niente. Ma la semplicità non si riceve in anticipo: va conquistata. La fede si può anche meditare e approfondire. La fede si considera intelligente: cerca di comprendere. Il cristiano ha bisogno di lucidità di fronte alle domande che incontra ogni momento. Benché il vissuto abbia più importanza del cammino intellettuale, la ricerca teologica è gelosa del suo diritto di cittadinanza.

Le Scritture testimoniano la rivelazione di Dio nel corso dei secoli e soprattutto in Gesù Cristo. A questa testimonianza fondamentale bisogna aggiungere le confessioni della fede ecclesiale. Alla domanda: “Chi è Gesù Cristo?”, la comunità cristiana non poteva sfuggire.

Dio fatto uomo
Il Cristo non è l'uomo divino celebrato dalla mitologia greca. E neanche è il simbolo dell'umanità, esaltato fino al punto da divenire Dio. Egli è Dio che si fa uomo. Lo scandalo cristiano è l'umanizzazione di Dio, la sua kenosis, il suo annientamento. “Da Nazareth può uscire mai qualcosa di buono?” Ecco la domanda che da secoli scandalizza l'umanità.

Il messaggio di un Dio che si umilia è già contenuto nel Vangelo dell'infanzia. Mentre il Vangelo di Marco si apre sulla proclamazione del Regno di Dio, Matteo e Luca hanno sentito il bisogno d'insistere sul mistero dell'Incarnazione di Dio. Il Dio che si fa uomo viene a
realizzare le Scritture d'Israele: “Se tu potessi squarciare i cieli e discendere!” (Is 64,1). Un Dio che condivide la condizione dell'uomo, che soffre con il suo popolo, che interviene per liberarlo: ecco una novità stupefacente.

L'Emmanuele
La Bibbia aveva celebrato l'efficacia della Parola come strumento della creazione del mondo: “Per la sua Parola furono fatti i cieli” (Sir 42,15). Questa Parola non è altro che la Sapienza di Dio. Ben Sira è arrivato a questa conclusione dopo lunghe meditazioni. Il Nuovo Testamento, che completa l'Antico, superandolo, afferma nel prologo del Vangelo di S. Giovanni: “Il Verbo s'è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. La Parola diviene una Persona in cui si manifesta la gloria di Dio. Betlemme, la città del re David, accoglie questo messaggio rivelato ai piccoli e non ai sapienti. La sapienza ha alzato la sua tenda in mezzo agli uomini. Dio si è rivelato come Emmanuele, come Dio con gli uomini.

I Padri della Chiesa, colpiti da una tale novità, hanno voluto mettere in musica le note di questa partitura. Una buona notizia di tale vastità non può essere che cantata, perché rallegra il cuore. Essa apre le porte a una speranza illimitata.

Ireneo di Lione, erede della tradizione giovannea, celebra la novità assoluta dell'Incarnazione. Dio fa nuove tutte le cose. La nascita del Verbo spacca la scorza della vecchiaia del mondo. Tutto ciò che è vecchio e usato indietreggia davanti alla nascita di Gesù. Colui che viene da Dio porta con sé tutta la novità. Cieli nuovi e terra nuova”, aveva annunziato il profeta Isaia. Cioè, la nascita del Bambino di Betlemme ha una dimensione cosmica. Tutta la creazione attende la liberazione, perché era stata sottomessa al peccato.

Con l'Incarnazione la Parola di Dio si fa ciò che noi siamo, perché noi diventiamo ciò che essa è. La terra trasformata in cielo al momento dell'Incarnazione per mezzo di colui che si fa “il coltivatore di Dio”, secondo l'espressione di Clemente d'Alessandria. Dio s'è fatto uomo perché l'uomo diventi Dio, ripeteranno i Padri della Chiesa.

Si è fatto povero per arricchirci. Si è fatto piccolo per farci grandi.
L'Incarnazione del Figlio di Dio dice la vocazione dell'uomo a essere divinizzato. “Figli di Dio noi lo siamo realmente”, afferma S. Giovanni nella sua prima Lettera. Riconoscere questa dignità è rinunziare a proclamare l'assurdità del mondo. La condizione umana è stata talmente nobilitata che una scintilla divina risplende in ogni creatura. Lo Spirito di Dio che ha coperto Maria della sua ombra è ancora capace di ripetere lo stesso miracolo.

Agostino commenta con il suo abituale acume e il suo senso pastorale: “Dio che aveva fatto l'uomo è divenuto sua opera, affinché la sua opera non perisse. Senza l'Incarnazione l'opera di Dio sarebbe rimasta incompiuta e incompleta. La Parola si è incarnata prendendo ciò che non aveva, senza perdere ciò che era”.

Paolo, nella sua Lettera ai Colossesi, aveva affermato che tutto è stato creato per il Cristo. Il grande movimento di “umanizzazione”, per prendere un'espressione di Teilhard de Chardin, culmina nell'Incarnazione del Figlio di Dio.

Nozze di Dio e dell'uomo
Bisognerebbe a questo punto citare le Omelie di S. Leone sulla Natività, per godere l'orchestrazione della stupefacente alleanza tra Dio e l'uomo. S. Leone fu il cantore incontestabile della grande sinfonia in cui si celebrano le nozze fra l'eterno e il temporaneo, lo spirituale e il corporeo, il terrestre e il celestiale, poiché l'uno non può crescere e prosperare senza radicarsi profondamente nell'altro.

S. Gregorio Magno, nelle sue omelie sui Vangeli mette in rilievo un altro elemento dell'Incarnazione: “Non è nella casa dei suoi genitori che avviene la sua nascita, ma in viaggio. Egli voleva mostrare che nel prendere in prestito la natura umana, nasceva per così dire in un luogo straniero. Straniero non alla sua potenza, ma soltanto alla sua natura, poiché, per quanto concerne la sua potenza, è scritto: - Egli è venuto in mezzo ai suoi -. Nella sua natura egli è nato prima del tempo; è nella nostra che egli è venuto nel corso del tempo. Se dunque Colui che rimane l'Eterno ha ben voluto mostrarsi nel tempo, il luogo in cui è disceso gli è certamente straniero”. Gesù è non solamente Dio fatto uomo, ma è il Verbo di Dio fatto povero, inserito nella storia di un popolo oppresso, pronto a condividere la vita della piccola gente del suo popolo.

Verbum abbreviatum
Dal canto loro i maestri di spirito, nel meditare il mistero del Verbo incarnato, hanno parlato spesso del Verbo abbreviato. La lunga Parola del Vecchio Testamento che ha ispirato molti profeti si fa breve nel Bambino che nasce a Betlemme. E questa Parola chiede di nascere nel cuore dei credenti. S. Francesco ne prenderà spunto per dire che il predicatore deve parlare brevemente, poiché Cristo è la Parola breve del Padre, quella che riassume la legge e i profeti. Il Cristo, Parola breve, riassume il suo insegnamento in un solo comandamento, quello dell'amore. E' sufficiente che il predicatore centri il suo discorso su questo tema fondamentale.

Il Natale evoca una triplice nascita:

la nascita del Figlio unico generato dal Padre celeste nell'essenza divina;
la nascita che si compie per una Madre che, nella fecondità, conserva l'assoluta purezza della sua castità;
la vera nascita di Dio in coloro che lo accolgono.

Ciò significa che la sinfonia del Natale resta una sinfonia incompiuta finché il cuore del credente rimane chiuso.

Primato di Cristo
Il B. Giovanni Duns Scoto ha scrutato il mistero dell'Incarnazione alla luce dei testi paolini. La principale intuizione della sua teologia è l'affermazione del primato universale del Cristo, punto di vista che si ricollega alla Lettera di Paolo ai Colossesi. Curiosamente la teologia cristiana sembrava averlo dimenticato.

L'Incarnazione di Gesù era generalmente presentata come una riparazione del peccato. Diventava così un evento accidentale, una sorta di progetto di seconda mano, una reazione di Dio alla caduta iniziale dell'uomo. Anche nel recente Catechismo della Chiesa Cattolica il capitolo sul Cristo si snoda nel paragrafo sulla caduta di Adamo. La Cristologia sembra ridotta a Soteriologia, teologia della salvezza.

Duns Scoto contesta che il peccato d'origine sia la pietra angolare del dogma cristiano. L'Incarnazione del Figlio di Dio non può essere tributaria del peccato degli uomini. Anche se l'uomo non avesse peccato, il Cristo sarebbe venuto tra noi. L'uomo, creato a immagine di Dio, è già l'uomo destinato ad essere identificato, incorporato al Cristo per partecipare con Lui alla vita stessa di Dio. E' l'amore il motivo predominante dell'Incrnazione. E poiché il Cristo è il capo di tutta la creazione, l'amore è la sorgente stessa di tutto il creato.

Il B. Scoto si ricollega qui al pensiero giudaico. Secondo la tradizione sinagogale il primo versetto della Genesi: “In principio Dio ha creato il cielo e la terra”, era interpretato così: “E' nel principio, che è la Sapienza, che Dio ha creato. La creazione dunque esiste in vista di quel medesimo principio. La Lettera di Paolo ai Colossesi s'ispira a queste affermazioni: “Tutto è stato creato in Lui e per Lui”.

Il Vaticano II nella Gaudium et spes n. 45 ritrova degli accenti di Duns Scoto e di T. de Chardin per celebrare il Cristo come “punto verso il quale convergono i desideri della storia e della civilizzazione”.

La Parola che s'incarna chiede di metter via tutto ciò che è disincarnato, ristretto, contorto. Essa non è più semplicemente oggetto di studio e di approfondimento intellettuale. Poiché si è fatta persona, esige adorazione, contemplazione e rispetto.

Natale è l'inizio
Ricordare l'Incarnazione alla luce dei Vangeli è ridire l'originalità del pensiero cristiano. Il Figlio di Dio che condivide la condizione dell'uomo è il nuovo Adamo, colui che realizza pienamente la vocazione dell'uomo. E' la Sapienza di Dio annunziata nel Vecchio Testamento che stabilisce la sua dimora fra gli uomini. E' l'Emmanuele che soffre e si unisce all'umanità e la riconduce verso il Padre. Dio è venuto in modo tale che non gli è più possibile ritrovare lo splendore della sua gloria senza il mondo e senza l'uomo. Iniziando dal Natale tutto s'incammina sotto la spinta dell'amore verso il Volto del Padre. Il tempo è già avvolto di eternità, perché l'eternità si è impegnata nel tempo. La notte del mondo si trasforma progressivamente in chiarore.

Quando il Figlio di Dio diventa figlio della terra si lascia contenere in un punto dello spazio e del tempo. Più ancora si lascia incasellare in una lingua e in una cultura. In realtà è Lui che contiene l'universo. Attraverso il suo corpo Egli non vuole appropiarsi del mondo come di una preda, ma lo fa corpo d'unità, carne cosmica ed eucaristica. In Lui il mondo diventa corporeità spirituale, vivificata dallo Spirito. Egli infonde la sua corporeità luminosa nel nostro corpo sofferente, affinché sulla croce tutto s'illumini: non solamente l'universo, ma anche tutto lo sforzo dell'uomo per trasformarlo.

L'uomo non separi ciò che Dio ha unito
Scrive S. Cirillo: “La bellezza del Figlio è maturata nel tempo perché noi siamo condotti come per mano verso la bellezza di Colui che lo genera”. Tale bellezza è maturata nel tempo dell'Incarnazione e della Passione, bellezza di un Volto insanguinato e risorto, vincitore della Morte. L'uomo dei dolori, senza bellezza nè splendore, si rivela come il trasfigurato. La croce, in cui la ricerca è placata per l'epifania dell'Amore, ci svela l'icona del suo Volto. Soltanto il Volto di Dio nell'uomo ci permette di decifrare il volto di tutto l'uomo in Dio e di decodificare nella comunione dei santi l'enigma dei volti che circondano l'uomo contemporaneo. Non è il Volto di Dio senza l'uomo che Mosè ha contemplato sul Sinai. Non è il volto dell'uomo senza Dio che svanisce nel nulla. E' il Volto dell'Emmanuele, Dio con noi.

Il Giudaismo e l'Islam rifiutano l'incarnazione del Figlio di Dio in ragione della trascendenza di Dio. Un Dio non può mischiarsi con la sua creatura che a rischio di perdere la propria divinità, dicono loro. Il Cristianesimo insegna che Dio ama gli uomini fino a farsi uomo. L'Incarnazione non è un'umiliazione della ragione dell'uomo, ma il riconoscimento della vera dignità dell'uomo. Origene, nel Commentario al Vangelo di Matteo (14,7), sottolinea che il corpo del Cristo non è affatto qualcosa a fianco della Chiesa, che è il suo corpo. Dio non li ha uniti come due, ma come una sola carne, impedendo che l'uomo separi ciò che Dio ha unito, la Chiesa e Dio. In maniera invisibile il mistero dell'Incarnazione si prolunga nella Chiesa.

La vita che Dio ci ha comunicato è un'irradiazione del suo amore trinitario. Il fine dell'Incarnazione del Figlio di Dio è stato quello di rendere possibile la comunione con Dio e tra gli uomini. Un Dio che non è trinitario non fa condivisione. Ora tale condivisione comincia per noi a Natale, ed è la salvezza. “Oggi è nato per voi il Salvatore”.

Frédéric Manns
SBF - Jerusalem