Il Papa in sinagoga? Un evento grandioso
E Benedetto XVI ha confidato all'amico ebreo di avere terminato il secondo volume su Gesù
di Andrea Monda Non c'era persona più adatta del rabbino Jacob Neusner - uno dei maggiori conoscitori e studiosi viventi del giudaismo - per dialogare con l'arcivescovo e teologo cattolico Bruno Forte sul Discorso della montagna. La serata d'eccezione ha avuto luogo il 18 gennaio a Roma nella Sala Petrassi dell'Auditorium. Non per nulla questo dialogo si è svolto il giorno dopo la storica visita del Papa nella sinagoga di Roma, né casuale è stata la scelta del relatore di parte ebraica, operata dalla Fondazione Marilena Ferrari-Fmr, organizzatrice dell'evento "Imago Christi". Questo è anche il titolo del libro d'arte realizzato da Nicola Saporì e contenente il Discorso della montagna, letto dall'attore Luca Zingaretti.
"Grazie a questo testo ho imparato ad amare Gesù" diceva Gandhi, come ha ricordato, in apertura, monsignor Forte. Un testo che è come la carta d'identità di Cristo e quindi anche del cristiano. Nessuno più adatto a riflettere su questo straordinario "documento d'identità" di Jacob Neusner proprio perché è quanto il rabbino statunitense sta facendo da oltre vent'anni, quando iniziò il dialogo a distanza con il cardinale Joseph Ratzinger.
Nel 1993 Neusner aveva pubblicato negli Stati Uniti un libro dedicato proprio al Discorso della montagna: A Rabbi talks with Jesus. Un libro in cui egli immagina di trovarsi lì, sul monte dove Gesù pronuncia le Beatitudini e di ascoltarlo come se fosse la prima volta. La scommessa di Neusner è quella di mettersi in ascolto di Cristo cancellando tutte le pre-comprensioni e i pregiudizi inevitabilmente accumulatisi in duemila anni di storia del cristianesimo.
Prima dell'inizio del dialogo l'anziano rabbino di Hartford (Connecticut) ci ha raccontato la storia di quel libro: "Quando stava per uscire proposi al mio editore di chiedere un giudizio, da inserire nelle note di copertina, al cardinale Ratzinger, che era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Egli mi diede del pazzo perché secondo lui il porporato non avrebbe mai accettato. Facemmo una scommessa e la vinsi: Ratzinger definì, tra l'altro, il mio saggio "il più importante uscito nell'ultimo decennio per il dialogo ebraico-cristiano" e aggiunse: "L'assoluta onestà intellettuale, la precisione dell'analisi, il rispetto per l'altra parte unito a una radicale lealtà verso la propria posizione caratterizzano il libro e lo rendono una sfida, specialmente per i cristiani, che dovranno riflettere bene sul contrasto tra Mosè e Gesù". Quando poi nel 2007 Benedetto XVI ha scritto il suo primo volume su Gesù di Nazaret ha avuto la finezza di riprendere il dialogo tra noi due dedicando diverse pagine a quel mio saggio del 1993".
Conosce bene il libro di Neusner anche monsignor Forte, che durante il dialogo pubblico più volte lo ha elogiato sottolineandone ora l'originalità, che "sta nel fatto che l'autore si immagina contemporaneo del Maestro galileo e intavola con lui una discussione serrata. Nella prospettiva rabbinica questo è un atto di profondo rispetto e di forte tensione spirituale"; ora la leale franchezza con cui è stato scritto: "L'ebraicità di Gesù è dunque fuori discussione, e si deve essere grati a chi - come Neusner - la rivendica con onestà e rispetto". Con la stessa franchezza l'arcivescovo ha poi precisato le ragioni del cristianesimo, soffermandosi proprio sui punti più controversi in cui il rabbino nel suo saggio ha mostrato le maggiori perplessità: il rispetto della Torah e in particolare del terzo e del quarto comandamento.
Citando Jeremias, il teologo cattolico ha ricordato che il Discorso della montagna non è una legge contrapposta alla mosaica, bensì un vangelo, il lieto annuncio dell'amore di Dio che non abbandona l'uomo, ma incarnandosi in Cristo gli dona la forza per raggiungere quelle vette apparentemente impossibili rappresentate dalle Beatitudini, magna charta del cristianesimo. L'aspetto più avvincente del dialogo tra monsignor Forte e il rabbino Neusner è stato l'autenticità; un confronto gentile nei modi, ma schietto e aperto nella sostanza; un confronto leale che insieme agli incontri di questi giorni tra ebrei e cattolici ha contribuito ad accrescere la reciproca conoscenza.
Un altro indice indiscutibile di questo dialogo è stata l'udienza privata che il Papa ha riservato lunedì 18 gennaio a Jacob Neusner e a sua moglie Suzanne. In tale occasione il rabbino ha regalato a Benedetto XVI una copia dell'edizione tedesca del saggio del 1993 - che Ratzinger all'epoca lesse nell'originale edizione americana - insieme a una copia dell'edizione italiana del saggio sul Talmud (per le edizioni San Paolo che lo hanno anche ripubblicato col titolo Un rabbino parla con Gesù). Doni molto graditi dal Papa che si è soffermato con il suo amico d'oltreoceano per quasi venti minuti: "Il tempo sufficiente - spiega Neusner - per un bell'incontro tra due professori. Ho sempre stimato lo studioso Joseph Ratzinger per la sua onestà e lucidità ed ero molto interessato a incontrare e conoscere l'uomo. Ora che sono venuto qui a Roma per lo storico incontro nella sinagoga e per discutere con monsignor Forte ho ricevuto questo grande dono di incontrarmi col Papa". Neusner non trova quasi le parole per esprimere la gioia di quella visita: "Abbiamo parlato dei nostri libri e lui mi ha confidato di aver finito di scrivere il secondo volume su Gesù".
Neusner però è di poche parole e va dritto all'essenziale; del resto è questa la virtù per cui i due "professori" si stimano vicendevolmente: "La cosa che più mi ha colpito sono stati i suoi occhi penetranti. Egli ti guarda attraverso. E poi i suoi modi da gentleman, pieno di gentilezza e umiltà". È questo tratto umano del Pontefice che ha toccato il rabbino, lo stesso tratto che egli ha visto nel Papa durante la visita di domenica nella sinagoga di Roma: "Un evento grandioso, con una partecipazione enorme, tesa e commossa da parte di tutti, che mi fa ben sperare per il futuro. Il problema dell'oggi - e il Papa lo ha ben compreso - è che si vive nell'oblio, si dimentica la storia e le tradizioni religiose da cui si proviene. Per questo è importante lo studio della storia. Penso a una questione controversa come quella della figura storica di Pio xii. Secondo me è ancora troppo presto per giudicare e invece sento spesso giudizi trancianti, in un senso o in un altro. Ho come la sensazione che ci sia qualcuno che si agita distruttivamente, che non è interessato al cattolicesimo, né al giudaismo, né, tantomeno, al dialogo tra queste due grandi tradizioni. È triste, perché poi, nella realtà concreta - lo posso vedere nella mia vita quotidiana negli Stati Uniti - i rapporti tra ebrei e cristiani sono ottimi. Se si ignora il passato ci si condanna a riviverlo; lo studio da questo punto di vista è essenziale. Insieme al senso di responsabilità: ogni generazione ha la responsabilità per il futuro e ce l'ha oggi, qui e ora".
(©L'Osservatore Romano - 20 gennaio 2010)