Solennità dell’Epifania
Cattedrale di San Pietro, 6 gennaio 2009
1. "Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere". Cari fratelli e sorelle, la parola di Dio oggi attraverso il profeta nella prima lettura e l’apostolo nella seconda ci educa ad una lettura della storia umana capace di coglierne il significato ultimo.
Quando guardiamo alle vicende umane ciò che ci appare immediatamente è la disgregazione ed il conflitto. Pensiamo in questo momento a quanto sta accadendo nella tristemente famosa striscia di Gaza, per limitarci ad un solo esempio.
Uomini esperti poi ed analisti competenti ci spiegano, o tentano di spiegarci, le cause politiche, sociali, economiche di questa situazione di disgregazione e di conflitto. Fatica nobile indubbiamente, poiché essa deve preludere ai sinceri sforzi degli uomini di Stato, dei responsabili dei popoli, a cercare soluzioni di pace giusta. Detto questo, il discorso sulle vicende umane è finito? Non c’è più nulla da aggiungere alle necessarie esortazioni morali al dialogo ragionevole e sincero?
Cari fratelli e sorelle, oggi la parola di Dio ci assicura che c’è dell’altro nella disordinata vicenda umana: di molto più grande. Che cosa?
L’Apostolo lo indica con una sola parola "il mistero": "mi è stato fatto conoscere il mistero", dice. Nel vocabolario dell’Apostolo questa parola significa il progetto che Dio nella sua sapienza ed amore ha elaborato a riguardo degli uomini e della storia umana. Un progetto quindi che è nella mente divina, ma che si realizza dentro alle vicende umane. Dunque, alla luce della Parola oggi ascoltata e creduta noi sappiamo che dentro alla storia umana si sta compiendo un progetto divino. Le vicende umane nel loro insieme non sono un caotico accavallarsi senza senso di avvenimenti: esse sono dimorate, abitate da un progetto divino. Non è la filosofia della storia, non è la scienza politica e/o economica a farci capire fino in fondo che cosa sta accadendo: è la parola di Dio accolta nella fede.
Viene allora spontanea una domanda: e quale è il contenuto del progetto di Dio? La risposta dell’Apostolo è la seguente: "che i Gentili … sono chiamati in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa".
Anche l’Apostolo vede l’umanità divisa. Nel testo appena letto, considerandola dal punto di vista religioso, la vede spaccata in due: i pagani e gli ebrei. È per lui come il simbolo di altre divisioni che altrove prende in considerazione. Il progetto che Dio sta realizzando è l’unificazione degli ex-pagani e degli ex-giudei nel corpo di Cristo, la Chiesa che li include entrambi.
Ciò che il profeta, come abbiamo sentito nella prima lettura, aveva previsto, la riunificazione di tutti i popoli a Gerusalemme, ora si compie: ogni popolo diventa partecipe degli stessi beni della salvezza, prima riservati al solo Israele, perché appartiene in Cristo al Suo corpo, che è la Chiesa.
Cari fratelli e sorelle; che grande dono oggi la parola di Dio ci regala! Ci svela che dentro alla disgregata vicenda umana si sta realizzando il progetto di Dio di unire tutti i popoli in Cristo, di guidarli a formare il corpo di Cristo, la Chiesa. Rivolti a Gerusalemme-la Chiesa, diciamo senza retorica col profeta: "cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio".
2. In che modo Iddio realizza il suo progetto dentro la Storia umana? Forse colla forza? L’Apostolo risponde; "per mezzo del Vangelo". È la predicazione del Vangelo che ha in se stessa la forza, l’energica potenza di Dio di aprire il cuore di ogni uomo, se non si rifiuta alla grazia. Questa predicazione, in quanto azione della grazia, al contempo rivela ed attua il progetto di Dio dentro alla storia: Cristo tutto in tutti.
La narrazione evangelica è in germe questo evento di cui parla il profeta e l’Apostolo: i Magi sono la "primizia" dei pagani che adorano Cristo.
La modalità con cui oggi stiamo celebrando i divini Misteri è la professione chiara della nostra fede nel progetto di Dio: che cioè tutti i popoli "sono chiamati in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo" senza discriminazioni.
Certamente siamo ben lontani dalla meta. Celso, un filosofo pagano, esprime un sentimento che ci può prendere anche oggi: "I cristiani dicono di voler stabilire nel mondo l’unità; ma chi si mette in testa una cosa simile dimostra di non aver capito nulla".
Ma "questa è la vittoria che vince il mondo: la nostra fede". E la nostra preghiera: "venga il tuo Regno, Padre".
EPIFANIA DEL SIGNORE
Cattedrale
6 gennaio 2002
1. "I Gentili .. sono chiamati in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo". Carissimi fratelli e sorelle, i Gentili di cui parla l’Apostolo siamo noi. E’ di noi dunque che si parla e si dice che Dio ha concepito a nostro riguardo un progetto, un "mistero" che "non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito Santo". E il progetto è di renderci partecipi della stessa salvezza promessa ai figli di Israele.
La solennità odierna celebra l’inizio della manifestazione del progetto di Dio a nostro riguardo: "Egli non volle che gli albori della sua nascita restassero nascosti nei ristretti spazi della casa materna, ma volle subito farsi conoscere a tutti" [Leone Magno, I Sermoni del ciclo natalizio, Nardini ed., Firenze 1998, pag. 225]. I Magi prefigurano la venuta di tutti noi alla fede. E’ utile dunque che attraverso la narrazione evangelica conosciamo in che modo l’uomo giunge all’incontro con Cristo.
L’inizio del cammino verso Cristo è indicato dalle seguenti parole: "abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo". La fede ha il suo inizio nella ragionevolezza dell’uomo: nell’attitudine naturale dell’uomo a porre domande ultime, a cercare il perché ultimo dell’esistenza dentro a tutte le sue dimensioni. La fede non può nascere in un uomo che non vuole porsi gli interrogativi ultimi della vita, ma che costringe la sua ragione dentro i limiti imposti dai sensi. Da questo punto di vista "la dimensione religiosa coincide con la dimensione razionale e il senso religioso coincide con la ragione nel suo aspetto ultimo e profondo" [L. Giussani, All’origine della pretesa cristiana, Rizzoli ed., Milano 2001, pag. 4]. I Magi non si accontentano di costatare un fatto, ne ricercano l’ultima ragione.
Ma posta la domanda, se ne deve cercare la risposta. E qui la pagina evangelica accanto alla figura dell’uomo che si muove, i Magi, raffigura due altre possibilità, esemplificate dal re Erode e dagli Scribi e sommi Sacerdoti. Erode esemplifica l’uomo che cerca, ma che non vuole trovare perché teme che Cristo provochi la sua libertà a cambiare vita. Scribi e sommi sacerdoti esemplificano l’uomo che né cerca né trova: essi sono coloro che "sanno" dove è il Messia e di questo si accontentano. Magi, Erode e Scribi configurano l’intera gamma delle attitudini umane davanti a Cristo. Infatti, come scrive Pascal, vi sono uomini che cercano e trovano; uomini che cercano e non trovano; uomini che né cercano né trovano: i primi sono ragionevoli e beati; i secondi sono ragionevoli e infelici; i terzi non sono né ragionevoli né felici.
Quando e in che modo la domanda trova la sua risposta, la ricerca il suo scopo: come avviene l’incontro con Dio? "Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre e prostratisi lo adorarono". Carissimi fratelli e sorelle, vi prego di fare molta attenzione ad ogni particolare. Ascoltate come ancora il papa S. Leone Magno commenta questo passo: "Adorarono il Verbo nella carne, la Sapienza nell’infanzia, la potenza nella sua debolezza, e nella realtà dell’uomo il Signore della maestà… A Dio offrono l’incenso, la mirra all’uomo, l’oro al re, consapevoli di rendere onore all’unità delle due nature, la divina e l’umana" [op. cit. pag. 229]. La domanda ultima dell’uomo, la sua richiesta di senso, il suo mendicare una beatitudine illimitata trova risposta in questo fatto: quel bambino la cui madre è Maria, è Dio. Questo bambino è la risposta, l’unica risposta vera, alla domanda di infinito che è nel cuore di ogni uomo.
2. L’incontro ha una conseguenza suggerita nel Vangelo dalle seguenti parole: "per un’altra strada fecero ritorno al loro paese". La fede in Cristo, l’incontro con Lui non impedisce all’uomo di "far ritorno al suo paese": il credente non è uno spaesato. E il paese cui fare ritorno è la propria vita di ogni giorno: i propri affetti, il proprio lavoro, le proprie speranze e delusioni. Ma l’orizzonte ultimo di questa vita è cambiato: dentro all’ordinario abita ora l’eccezionale.
L’incontro con quel bambino ha investito la persona dei Magi, investe la persona del credente nella sua totalità e perciò tutte le azioni sono influenzate da quell’incontro: hanno adorato la gloria di Dio nella povertà della carne umana. E’ in fondo ciò che chiederemo nella preghiera finale: "la tua luce, o Dio, ci accompagni sempre in ogni luogo, perché contempliamo con purezza di fede e gustiamo con fervente amore il mistero di cui ci ha fatto partecipi".
Solennità dell’Epifania del Signore
Cattedrale di S. Pietro, 6 gennaio 2008
1. "Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere". Miei cari fratelli e sorelle, la parola di Dio accolta e meditata nella fede ci rende capaci di vedere nella profondità la storia umana, ciò che sta realmente accadendo nel mondo. Certamente i grandi mezzi di informazione ci subissano ogni giorno di notizie. Ma non raramente la tribolata vicenda umana ci appare così confusa da indurci a pensare che essa non abbia in sé nessun "disegno intelligente" che la guidi. E forse siamo indotti anche a sentire vera la descrizione che ne fa il poeta: "una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla" [W. Shakespeare, Macbeth, Atto V scena V].
La parola di Dio oggi ci libera da questi pensieri tristi, perché ci libera dalla nostra difficoltà di capire quanto sta oggi accadendo; scioglie il nodo della storia umana e ne risolve l’enigma. La luce ci viene dal profeta Isaia che abbiamo ascoltato nella prima lettura.
Esiste un "centro" verso cui convergono "popoli e re", cioè l’intera umanità socialmente e politicamente organizzata. Il cammino delle genti non è diretto verso il caos e la disgregazione totale, sotto il peso della violenza. Esso è diretto verso un "centro di unità", la santa Gerusalemme, che colla sua luce attira chi abita nelle tenebre e nell’ombra della morte. È un movimento sotterraneo, ma reale, che la profezia ci svela. È come una gigantesca fermentazione, un vero e proprio processo che all’interno di tutti i conflitti muove verso la "città santa": "alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro risono radunati, vengono a te … vengono da lontano".
Forse il profeta pensava alla possibilità per Gerusalemme di creare l’unità fra i popoli mediante la costituzione di un impero universale? Assolutamente no. Anzi, ci assicurano i competenti, che nel momento in cui la profezia venne pronunciata, Gerusalemme era ancora in larga misura un cumulo di rovine ed affidata ad un popolo povero e umile. Ed allora su che cosa si fondava la profezia? Era la trasposizione religiosa di una semplice utopia umana? In fondo, sono domande queste che anche noi ci poniamo ogni giorno: su quale base noi possiamo essere certi che la vicenda umana ha in se stessa il senso indicato dal profeta? Abbiamo il diritto di sperare che la profezia diventi realtà? A queste gravi domande risponde l’Apostolo, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura.
2. "I Gentili… sono chiamati in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo". Miei cari fratelli e sorelle, la profezia diventa realtà "in Cristo Gesù"; più precisamente: nel fatto che tutte le genti, assieme ad Israele, "sono chiamati in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo". In questa rivelazione che l’Apostolo oggi ci dona, si scioglie l’enigma della storia perché si compie la profezia.
Ciò accade in radice nel fatto dell’incarnazione del Verbo. Assumendo una natura umana, un corpo ed un anima umana, porta in sé virtualmente tutti gli uomini. Egli si è incorporato alla nostra umanità ed ha incorporato questa umanità a se stesso. Assumendo da Maria una natura umana, ha incluso in sé tutti gli uomini. Ciascuno ora è chiamato a ratificare liberamente questa sua originaria appartenenza a Cristo, mediante la fede ed i sacramenti.
L’Apostolo dunque ci svela perché ed in che modo la profezia diventa realtà, e quindi che cosa sta realmente accadendo nella tribolata e confusa storia dei popoli e delle nazioni.
Cristo spinge mediante l’evangelizzazione e invita colla grazia dello Spirito Santo verso l’unità ogni popolo e tutte le genti. Chi accoglie questo invito ed ascolta il Vangelo costituisce "un solo corpo", edifica la nuova Gerusalemme, la Chiesa.
Miei cari fratelli e sorelle, ciò che noi credenti intravediamo nella storia non è solo confusione, conflitti e scontro di egoismi. In essa noi intravediamo compiersi visibilmente e socialmente ciò che l’Apostolo chiama il "mistero … rivelato ai suoi santi apostoli e profeti": l’edificazione di un solo corpo, di una sola "nazione santa", il corpo di Cristo che è la Chiesa. Il "disegno intelligente" che il Padre in Cristo mediante l’effusione dello Spirito realizza nella storia è la Chiesa.
Nella venuta dei Magi a Betlemme per adorare il Bambino la teologia della storia scrive il suo primo capitolo, il "disegno intelligente" comincia a realizzarsi, la profezia comincia a diventare avvenimento.
Ed è ciò che vediamo anche noi coi nostri occhi. Stiamo celebrando i divini Misteri assieme a popoli, nazioni e razze diverse.
Ed allora, miei cari, il Signore ci conceda ogni giorno quel dono che chiederemo alla conclusione di questa celebrazione: di contemplare sempre con purezza di fede e gustare con fervente amore quel mistero che sta realizzandosi dentro alla storia, di cui partecipiamo ogni volta che celebriamo l’Eucarestia.