ANGELO SCELZO
Nel calendario vaticano, il mercoledì è giorno dell’udienza generale. Il Papa va incontro ai fedeli nella grande aula a «cielo aperto» di piazza San Pietro. Il papamobil che attraversa i settori e fende la folla, fa pensare a un piccolo pellegrinaggio domestico: un viaggio nella vasta e variopinta geografia dei fedeli – provenienti da ogni parte del mondo – non dissimile, in fondo, da quelli che, in questi cinque anni, hanno portato Benedetto XVI a toccare i cinque continenti.
Di ritorno da Malta, e con due anniversari tanto ravvicinati quanto significativi e solenni (il compleanno di vita e quello di pontificato, intervallati da appena tre giorni) ieri il Papa ha trovato la sua piazza in festa.
Canti, bandiere, i poderosi saluti in coro per esprimere un affetto in questi giorni ancora più intenso, e in più i suoni e gli squilli dell’immancabile banda musicale: quale podio può valere più di quest’anfiteatro, nel quale hanno messo mano Michelangelo e Bernini?
Sempre più a suo agio nel clima gioioso ma non spensierato di queste assemblee, Papa Benedetto sembra non solo attendere ma andare incontro di volta di volta a un appuntamento che vale molto più di un semplice incontro di folla. Il clima è quello di un raduno di famiglia, ma coi volti che cambiano e si rinnovano, pur andando a comporre sempre lo stesso mosaico di colori.
«Come sapete, sabato e domenica scorsi ho compiuto un pellegrinaggio apostolico a Malta…». Nella piazza dove si affacciano le sue finestre di casa, il Papa , come ha sempre fatto, viene a raccontare il suo viaggio, come a farne partecipe una famiglia rimasta in attesa, e ora ansiosa di conoscere e condividere le sensazione. E quella che Benedetto XVI ha offerto è stata molto più di una cronaca dal vivo: una vera e propria consegna di ricchezze trovate lungo la via; e con un aneddoto che vale più di mille parole: «Si dice che a Malta – ha affermato – vi siano ben 365 chiese, una per ogni giorno dell’anno, un segno visibile di questa profonda fede!».
Il senso di tutto un pellegrinaggio – a Malta come altrove – non può essere raccontato meglio che in questa piazza che parla le lingue del mondo e dove anche il più dimenticato degli idiomi riesce sempre a lasciare traccia di un proprio suono, quasi come un graffito sul muro. E quando non c’è da raccontare un viaggio, la «catechesi del mercoledì» è come uno straordinario «ripasso» guidato, nientemeno, che dal Pastore della Chiesa universale, sui grandi temi o sui grandi Padri della fede.
L’Udienza generale diventa, così, una festa di fede proposta sulla spianata più solenne del mondo: quasi una sfida attraverso la quale il 'suo' popolo rivendica, settimanalmente, l’appartenenza di quella stessa piazza alla dimensione semplice e spontanea del credere.
Non occorre far ricorso alla sociologia più raffinata per cogliere i segni – antichi e moderni, sacri o soltanto devozionali – attraverso i quali la piazza della cristianità parla al mondo. Le mani di fedeli e pellegrini, o anche di semplici turisti, stringono corone di rosari e immagini di santi, ma allo stesso tempo, impugnano telefonini e sofisticate cineprese e macchine digitali per fermare e tramandare gli attimi che contano (e, magari, riversarli subito in 'rete'). Pur nella diversità dei tempi, piazza San Pietro, attorniata e abbracciata dal colonnato del Bernini, è sempre stata, più di ogni altra cosa, il tetto a cielo aperto di folle in attesa e in preghiera. E, in fondo, la navata più ampia che proietta la Basilica, all’esterno, oltre le sue stesse porte.
Di questa piazza, la folla dell’udienza è come il respiro naturale: l’appuntamento dell’udienza generale, ricorda, e mai si stanca di ribadire che, soprattutto quando è sotto alle finestre del Papa , una piazza è fatta per la folla. E il suo orizzonte porta lontano.
© Copyright Avvenire, 22 aprile 2010
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