DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Di quei sublimi misteri della Passione


di Ruggero Sangalli
16-04-2011

A ridosso della Settimana Santa può essere utile la consapevolezza di farne anche la memoria di fatti realmente accaduti, proprio come ce li propongono gli evangelisti. Abbiamo già acquisito qualche punto fermo: l’ultima cena, l’arresto, il processo, la crocifissione, la morte e la sepoltura di Gesù avvennero durante il 14 nisan, un venerdì, giorno di parasceve. Il 15 nisan, Pasqua, quell’anno (il 33) cadeva casualmente di sabato. Il giorno ebraico è anticipato di 6 ore rispetto al modo di contare che utilizziamo noi: il 14 nisan andava perciò -grossolanamente - dalle 18 del giovedì alle 18 del venerdì, mentre il venerdì al tramonto era già “il giorno dopo”, cioè sabato.

Queste informazioni, circostanziate e prive di contraddizioni nei Vangeli, permettono di valorizzare al massimo le celebrazioni del Triduo pasquale, nelle ore esatte in cui avvennero i fatti, evitando di farsi distrarre da eventuali perplessità dovute a presunte inesattezze che non ci sono.

Qui ci occupiamo dei giorni immediatamente precedenti, anch’essi indagabili con dovizia di particolari. Giovanni scrive che «sei giorni prima di Pasqua» (Gv 12,1) ci fu un banchetto a Betania, a casa di Lazzaro, che Gesù aveva resuscitato dai morti. Essendo la Pasqua il 15 nisan, siamo qui nel giorno 9 nisan. Gesù aveva viaggiato un po’ per arrivare da Lazzaro: nel finale del capitolo 11 è spiegato che in precedenza si era allontanato da Gerusalemme, andando ad Efraim.

Il Vangelo di Giovanni, che non ha motivo di essere ritenuto scritto molti anni dopo gli altri, è l’unico a descrivere la resurrezione di Lazzaro: questo fatto è curioso, dal momento che proprio quest’episodio infiammò gli animi, sia di chi vedeva in Gesù l’atteso Messia, sia di chi, come Caifa, giunge alla deliberazione di fare di Gesù il capro espiatorio per salvare la nazione dalle pretese dei romani (Gv 11,47-50). È ben strano che l’episodio di Lazzaro sia rimasto fuori dall’annuncio dei vangeli fin dopo il 70 d.C. come crede chi attribuisce al Vangelo giovanneo una genesi così tardiva.

La logica cronologica di Giovanni è lineare: mentre il Sinedrio decide della morte di Gesù, approssimandosi la Pasqua Gesù muove verso la Città santa. Gesù non trasgrediva insulsamente la Legge ed è da ritenere improbabile che abbia camminato il sabato, il giorno 8 nisan.

Il 9 nisan del 33 è infatti domenica e Gesù giunge a Betania. Il “banchetto” (Gv 12,2-7) non è quello che seguirà a casa di Simone il lebbroso pochi giorni dopo, anche se anticipa lo scandalo suscitato dallo “spreco” di costoso olio versato per onorare Gesù da Maria, sorella di Lazzaro. Soprattutto Giuda se ne adonta, per “motivi umanitari”. La rabbia è tale che i capi del Sinedrio pensano di togliere di mezzo anche Lazzaro, un annuncio vivente della strana regalità di Gesù.

“Il giorno seguente” al modo antico inizia dalle 18 di quella stessa domenica sera. Più probabilmente è nella mattinata successiva (di lunedì) che Gesù entra trionfalmente in città. Il Papa Benedetto XVI ci offre nel suo ultimo libro bellissime riflessioni sulla regalità di Cristo (cap. 1), riferendosi a Genesi 49,10 a Zaccaria 9,9 ed al Salmo 118: secondo le Scritture! È il 10 nisan e non è “un caso”: secondo l’usanza è il giorno in cui si procura l’agnello per il sacrificio (Es 12,3), proprio nel decimo giorno. È impressionante come la storia e la profezia si diano appuntamento.

Gesù dunque giunge in città: se fosse stata ancora la nostra domenica, fu di sera; più logicamente è già il nostro lunedì, comunque è il 10 di nisan. È uno dei rari episodi descritti da tutti e quattro i vangeli (Mt 21,1; Mc 11,1; Lc 19,28; Gv 12,12). Da Betfage, approssimandosi alle mura, Gesù piange su Gerusalemme (Lc 19,28). Poi entra in città e va al tempio: Marco descrive come osservasse attentamente ogni cosa (Mc 11,11). Essendo tardi, Gesù andò a Betania, con i dodici. I vangeli seguono con precisione la “vita da pendolare” che contraddistingue Gesù da questo lunedì sera, entrando cioè nel 11 nisan, fino al giovedì dell’ultima cena, entrando nel 14 nisan.

Il giorno seguente, sempre 11 nisan, ma già nel nostro martedì, Gesù ritorna a Gerusalemme: è il primo transito presso il fico che viene maledetto (Mc 11,12). Arrivato al tempio, nell’area esterna a quella più sacra, Gesù scaccia i mercanti, ripetendo quanto aveva già fatto due anni prima (episodio descritto solo nel vangelo di Giovanni al capitolo 2). Questa purificazione del tempio è narrata dai tre sinottici (Mt 21,12; Mc 11,14 e Lc 19,45). Venuta la sera (Mc 11,19) Gesù ritorna a Betania.

La mattina dopo il drappello ritorna a Gerusalemme. Adesso siamo arrivati al mercoledì mattina, ed è il giorno 12 nisan. Ripassano davanti al fico seccato (Mt 11,20). Pietro, impressionato dal fatto del giorno precedente, ritorna sull’argomento (in un certo senso è “un’ingiustizia”: non era la stagione dei fichi). Gesù parla di perdono, per chi saprà perdonare.

Arrivati ancora al tempio, questo è giorno di grandi discorsi (Mt 21; Mc 11; Lc 20 e 21; Gv 12). In particolare qui Gesù parla diffusamente di escatologia. Il vangelo di Giovanni, sempre il più ”fresco” malgrado lo si voglia far passare per “teologico”, ci attesta che una voce in cielo si fa udire dai presenti: «L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò», mentre lo sconcerto serpeggia tra chi asserisce di aver sentito un tuono e chi un angelo. Gesù specifica: «Questa voce non è per me, ma per voi. Adesso si fa giudizio del principe di questo mondo; adesso il principe di questo mondo sarà cacciato fuori. Ed io, quando sarò innalzato da terra, trarrò tutto a me» (Gv 12, 29-30). Segue un esplicito rimando al profeta Isaia.

Uscendo dal tempio, Gesù ne commenta le costruzioni imponenti (Mt 24,1; Mc 13,1). Ormai siamo arrivati all’ora attesa, di cui il Figlio è a conoscenza. Le parole usate sono inequivocabili. Hanno fatto imbufalire gli avversari. Gesù, prudentemente, in quelle ore si nasconde da essi (Gv 12,36).

Ritorna a Betania. È mercoledì sera, siamo già nel 13 nisan. I Vangeli sinottici sono concordi: «sapete che tra due giorni è la Pasqua» (Mt 26,2 e Mc 14,1) con Luca a specificare che si avvicinavano gli azzimi e la Pasqua (gli azzimi sono dal 14 nisan, quando si inizia a ripulire la casa da ogni traccia di pane lievitato). La cronologia sinottica è allineata a quella giovannea. Questa è la giornata in cui prende corpo la cospirazione, con il tradimento di Giuda (Mt 26,3-5; Mc 14,1-2; Lc 22,2) con l’ipocrita attenzione a non rovinare la festa, per paura del popolo.

È evidente qui la giustezza della doverosa presa di posizione di Benedetto XVI, nel suo recente libro, per separare chiaramente le responsabilità dei “capi” da quelle del “popolo” ebraico. Proprio per evitare le ire del popolo, i capi agirono clandestinamente, con un arresto ed un processo notturno, ed una tragica comparsata davanti a Pilato, inizialmente seccato per l’orario e per i modi: dato che per non contaminarsi i sinedriti non potevano entrare da Pilato, a lui toccava scomodarsi ed uscire (Gv 18,28-29). Gesù stesso fa notare agli accusatori che c’è distanza tra i “capi” ed il “popolo”: all’arresto fa presente che non è stato preso quando insegnava nel tempio alla luce del sole ed è stato invece arrestato come un malfattore, condotto in catene, nel cuore della notte.

Torniamo al 13 nisan. Gesù è a ancora Betania: nella serata di mercoledì mangia a casa di Simone il lebbroso (Mt 26,6 e Mc 14,3). Di nuovo urta lo “spreco” di soldi per onorare Gesù. Tutto lascia presumere che è la seconda volta in quattro giorni; probabilmente l’autrice del gesto potrebbe essere ancora la stessa donna. Si ripetono i mormorii, di chi non accetta la diseconomia, forse non soltanto da parte di Giuda; ma per lui in particolare questa volta è troppo: va dai sommi sacerdoti e concorda un prezzo per il tradimento, tra l’altro di gran lunga inferiore a quello dell’olio profumato. È il prezzo necessario per indennizzare il padrone in caso di morte accidentale causata ad un suo schiavo (Mt 26,14-16; Mc 14,10-11). La mattina dopo è giovedì. A sera inizia il 14 nisan.

È certo che il libro della Sapienza fu scritto qualche decennio prima di questi fatti: leggendone il capitolo 2, in particolare dal versetto 13 al 20, ci si possono fare davvero tante domande. E pregare.


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