IL PAPA AD UN GRUPPO DI VESCOVI INDIANI DI RITO LATINO
La Chiesa per i diritti dei seguaci di tutte le religioni
CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 16 maggio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato da Benedetto XVI nel ricevere questo lunedì in udienza i Vescovi della Conferenza Episcopale Indiana di rito latino (1° e 2° gruppo), in occasione della loro visita "ad Limina Apostolorum".
Cari Fratelli Vescovi,
è per me una grande gioia darvi il benvenuto mentre svolgete la vostra visita ad limina Apostolorum in questo tempo di Pasqua. Attraverso voi estendo i miei saluti a tutti i fedeli affidati alle vostre cure, e ringrazio il Cardinale Telesphore Placidus Toppo per i gentili sentimenti di comunione con il Successore di Pietro che ha espresso a nome vostro.
La presenza di Cristo Risorto tra i suoi discepoli è stata per loro fonte di profonda consolazione, confermandoli nella fede e approfondendo il loro amore per lui; e al momento della sua Ascensione, ha affidato loro un mandato dicendo: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28, 19-20). Questo comando ha spinto il vostro grande patrono san Tommaso, gli altri apostoli e tutti coloro che li seguirono a predicare il Vangelo tra i popoli; e attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei sacramenti, la vita divina della Santissima Trinità è stata trasmessa a molte anime cristiane.
Oggi, come in ogni tempo, il mandato apostolico trova la sua fonte e il suo centro nella proclamazione del Figlio di Dio Incarnato, che è la pienezza della rivelazione divina e «la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6). Salvatore di tutto il creato, egli è il portatore della Buona Novella per tutti e il compimento delle aspirazioni più profonde dell’uomo. La rivelazione ultima di Dio che ci giunge in Gesù Cristo e che i credenti in tutto il mondo proclamano con gioia viene espressa in modo particolare nelle Sacre Scritture e nella vita sacramentale della Chiesa. Il potere salvifico di Cristo viene proclamato anche nella vita dei santi che hanno accolto con tutto il cuore il messaggio evangelico e lo hanno vissuto fedelmente tra i loro fratelli e le loro sorelle. La rivelazione cristiana, se accolta in libertà e per opera della grazia di Dio, trasforma gli uomini e le donne dal di dentro e stabilisce una straordinaria relazione redentrice con Dio, nostro Padre celeste, per mezzo di Cristo, nello Spirito Santo. Questo è il cuore del messaggio che insegniamo, è il grande dono che offriamo al prossimo nella carità: la partecipazione alla vita stessa di Dio.
Nella Chiesa, i primi passi dei credenti sulla via di Cristo devono essere sempre accompagnati da una solida catechesi che consenta loro di prosperare nella fede, nell’amore e nel servizio. Alcuni di voi mi hanno raccontato le sfide che affrontate a questo riguardo e vi sostengo nel vostro impegno a offrire una formazione di qualità in tale ambito. Riconoscendo che la catechesi è una cosa distinta dalla speculazione teologica, i sacerdoti, i religiosi e i catechisti laici devono sapere come comunicare con chiarezza e amorevole devozione la bellezza trasformatrice di vita dell’esistenza e dell’insegnamento cristiani, che consentirà e arricchirà l’incontro con Cristo stesso. Ciò vale in modo particolare per la preparazione dei fedeli per incontrare nostro Signore nei sacramenti.
Per quanto riguarda il mondo in generale, l’impegno cristiano di vivere e di dare testimonianza del Vangelo pone sfide distinte in ogni tempo e luogo. Questo vale certamente per il vostro Paese, che è la patria di diverse religioni antiche, compreso il cristianesimo. La vita cristiana in queste società esige sempre onestà e sincerità circa le proprie credenze e il rispetto di quelle del prossimo. La presentazione del Vangelo in tali circostanze, quindi, comporta il delicato processo dell’inculturazione. Si tratta di un’impresa che rispetta e conserva l’unicità e l’integrità della rivelazione divina donata alla Chiesa come sua eredità, mostrando allo stesso tempo che è intelligibile e attraente per coloro ai quali viene proposta. Il processo d’inculturazione esige che i sacerdoti, i religiosi e i catechisti laici, nel presentare la Buona Novella, utilizzino con attenzione le lingue e le usanze proprie delle persone che servono. Mentre cercate di affrontare le impegnative circostanze di proclamare il messaggio nei vari ambienti culturali nei quali vi trovate, voi, cari fratelli Vescovi, siete chiamati a vegliare su questo processo in fedeltà al deposito di fede che ci è stato consegnato perché lo custodissimo e lo trasmettessimo. Combinate questa fedeltà con la sensibilità e la creatività, affinché possiate dare conto in modo convincente della speranza che è in voi (cfr. 1 Pt 3, 15).
Per quanto riguarda il dialogo interreligioso, sono consapevole delle difficili circostanze che molti di voi devono affrontare mentre portate avanti un dialogo con gli appartenenti a altre fedi religiose, incoraggiando sempre un clima di tollerante interazione. Il vostro dialogo dovrebbe essere caratterizzato da una considerazione costante di ciò che è vero, al fine di favorire il rispetto reciproco, evitando però apparenze di sincretismo.
Inoltre, mentre i cristiani dell’India cercano di vivere in pace e in armonia con i loro vicini di altre credenze, la vostra guida prudente sarà importante nel compito civile e morale di operare per tutelare i diritti umani fondamentali della libertà di religione e della libertà di culto. Come sapete, questi diritti si fondano sulla dignità comune di tutti gli esseri umani e sono riconosciuti nel concerto delle nazioni. La Chiesa cattolica cerca di promuovere questi diritti per tutte le religioni nel mondo intero. Vi incoraggio, quindi, a operare con pazienza per creare quella base comune necessaria perché tutti possano armoniosamente godere di tali diritti fondamentali nelle vostre comunità. Anche quando il cristiano incontra opposizione, la sua carità e la sua sopportazione dovrebbero servire a convincere gli altri della giustezza della tolleranza religiosa, dalla quale possono trarre beneficio i seguaci di tutte le religioni. Le mie preghiere vi accompagnino mentre continuate ad affrontare tale delicata e importante questione.
Fratelli nell’Episcopato, sono grato di questa opportunità di rinnovare i nostri vincoli di comunione. Possa la beata Teresa di Calcutta, il cui servizio personale e paziente al prossimo era mosso dall’amore di Cristo, impetrare per voi l’abbondanza delle grazie celesti per garantire la fecondità spirituale del vostro lavoro pastorale. Assicuro voi e tutti coloro che servite del costante ricordo nelle mie preghiere e vi imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica.
L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del 17 maggio 2011