"…questa notte i catecumeni devono nascere di nuovo….può forse nascere di nuovo chi già è vivo? Può forse esistere una
vita con cui non si è vissuti fino a quel momento?…Poiché credere nel Dio che
Cristo annuncia come suo Padre… non è solo credere, ma nascere di nuovo…;
sappiamo che …aderiamo non solo ad una confessione, ad una religione, ma che
riceviamo una nuova vita…".
Karol Woytila, “"Catecumenato del ventesimo secolo", 1952
Nella
"Relatio Synodi" ho rivisto la mia vita, e quella di tantissimi
fratelli e sorelle sparse nel mondo. Abbiamo vissuto e stiamo vivendo gli
auspici, le speranze e le riflessioni dei Padri Sinodali. Molte delle questioni
aperte hanno già una risposta nella misericordia incarnata nel
Corpo vivo di Cristo che è la sua Chiesa. In quella, ad esempio, che cammina
nella fede in piccole comunità dove ho visto, ad ogni latitudine, nascere,
crescere e maturare tantissime famiglie cristiane. Le comunità nelle quali ho
contemplato il potere di Cristo risorto salvare famiglie che sembravano
disgregate per sempre.
Dove si realizza, infatti, la "pedagogia divina" illustrata dalla Relatio se non nel catecumenato per gli adulti, la cui riscoperta non a caso è stata indicata proprio dal Concilio Vaticano II come “un processo per ricevere gradualmente una vita nuova” (SC n.64)? Lo stesso Concilio posto a fondamento dai Padri Sinodali. Il Beato Paolo VI, nel 1975, nella Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi, scriveva che «È ormai palese che le condizioni odierne rendono sempre più urgente che l’istruzione catechetica venga data sotto forma di un catecumenato». Il Catechismo della Chiesa Cattolica poi, afferma che “Per la sua stessa natura il Battesimo dei bambini richiede un catecumenato post-battesimale. Non si tratta soltanto della necessità di un’istruzione posteriore al Battesimo, ma del necessario sviluppo della grazia battesimale nella crescita della persona».
Dove si realizza, infatti, la "pedagogia divina" illustrata dalla Relatio se non nel catecumenato per gli adulti, la cui riscoperta non a caso è stata indicata proprio dal Concilio Vaticano II come “un processo per ricevere gradualmente una vita nuova” (SC n.64)? Lo stesso Concilio posto a fondamento dai Padri Sinodali. Il Beato Paolo VI, nel 1975, nella Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi, scriveva che «È ormai palese che le condizioni odierne rendono sempre più urgente che l’istruzione catechetica venga data sotto forma di un catecumenato». Il Catechismo della Chiesa Cattolica poi, afferma che “Per la sua stessa natura il Battesimo dei bambini richiede un catecumenato post-battesimale. Non si tratta soltanto della necessità di un’istruzione posteriore al Battesimo, ma del necessario sviluppo della grazia battesimale nella crescita della persona».
Come
sottolineato dall'Assemblea sinodale, "con il
battesimo il credente è inserito nella Chiesa mediante quella Chiesa
domestica che è la sua famiglia, ed egli intraprende quel «processo
dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di
Dio», mediante la conversione continua all’amore che salva dal peccato e dona
pienezza di vita" (Relatio Synodi, da qui RS). Solo questo "processo dinamico" che è la
"conversione continua" all'annuncio del Kerygma, la Buona Notizia che
l'amore di Dio "salva dal peccato e dona pienezza di vita" (RS) può
salvare e accompagnare le famiglie al loro pieno compimento. Il cuore del
Sinodo batte qui. Ogni altro aspetto preso in considerazione è
illuminato e vivificato attraverso le vene della misericordia che sgorga dal
fondamento della stessa vita cristiana: "Il dono reciproco costitutivo del
matrimonio sacramentale è radicato nella grazia del
battesimo... nella fede è
possibile assumere i beni del matrimonio come impegni meglio sostenibili
mediante l’aiuto della grazia del sacramento" (RS).
L'esperienza personale maturata in una comunità neocatecumenale con cui ho percorso l'intero itinerario dell'iniziazione cristiana post-battesimale, e i tanti anni di missione in Giappone, mi aiutano a scoprire sotto l'affresco della Relatio la sinopia invisibile che ne ha tratteggiato la spina dorsale: il catecumenato, pre e post-battesimale, l'iniziazione cristiana. Se le persone, tutte indistintamente come sottolineano i Padri, non saranno accompagnate alle acque del proprio battesimo per attingervi le Grazie infinite che ne scaturiscono, avremo perso la sfida che il mondo ci lancia; essa si affronta sul terreno della "fede", perché "la crisi della fede ha toccato tanti cattolici e spesso è all’origine delle crisi del matrimonio e della famiglia e, come conseguenza, si è interrotta spesso la trasmissione della stessa fede dai genitori ai figli" (RS). e si può vincere anche grazie al Cammino Neocatecumenale, che San Giovanni Paolo II ha riconosciuto: "come un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi odierni".
Le piccole comunità cristiane sono state ispirate dalla
Vergine Maria perché siano formate come la Santa Famiglia di Nazaret,
"modello mirabile" di ogni famiglia, "alla cui scuola
comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire
la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo» (RS). Esse
sono il seno benedetto dove le famiglie possono crescere nella fede e
“sperimentare che il Vangelo della famiglia è gioia che «riempie il cuore
e la vita intera», perché in Cristo siamo
«liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento»”
(RS). Nella piccola comunità le famiglie
divengono esse stesse immagine credibile della Santa Famiglia di Nazaret
dove trasmettono la fede ai propri figli anche attraverso liturgie domestiche
domenicali nelle quali si prega cantando i salmi delle lodi, si ascolta la
Parola, i genitori dialogano e aiutano i figli nei loro problemi. Guardando da
vicino la vita di queste famiglie, posso testimoniare che, in ogni nazione, "dinanzi
ad una fede forte l’imposizione di alcune prospettive culturali che
indeboliscono la famiglia e il matrimonio non ha incidenza" (RS).
Nel Cammino Neocatecumenale "da Cristo attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia
ricevono la grazia necessaria per testimoniare l'amore di Dio e vivere la vita
di comunione" (RS). In esso,
infatti, le famiglie si sentono accolte e accompagnate con tenerezza e
nella Verità, e sperimentano "la condiscendenza divina" che
"accompagna sempre il cammino umano, guarisca e trasforma il cuore
indurito con la sua grazia, orientandolo verso il suo principio, attraverso la
via della croce" (RS). Questa trasformazione è opera
della predicazione e della Parola di Dio, della liturgia e della vita
comunitaria. Nelle proprie comunità, i fratelli e i presbiteri sono
come immersi nella Parola, celebrata e vissuta settimana dopo settimana per
anni, al punto che, oltre ad essere "la buona novella per la
vita privata delle persone", diviene effettivamente "un criterio di
giudizio e una luce per il discernimento delle diverse sfide con cui si
confrontano i coniugi e le famiglie" (RS).
La
trasformazione si realizza inoltre nelle liturgie e nei sacramenti ai quali ci
si accosta con frequenza: sono il nutrimento e i luoghi dove le persone
sperimentano il perdono di Dio, nel
quale a loro volta i coniugi hanno "la forza per offrire un perdono autentico
che rigeneri la persona" (RS). Anche i giovani, vedendolo possibile nei
fratelli adulti e nei loro genitori, crescono nella consapevolezza
che "saper perdonare e sentirsi perdonati è un’esperienza
fondamentale nella vita familiare" (RS).
Nella piccola comunità gli sposi gustano la riconciliazione e
l'amore tra i fratelli e tra di loro, e, anche se "il perdono per l’ingiustizia subita non è facile"
sperimentano che, insieme al Popolo che è al loro fianco, "è un cammino
che la grazia rende possibile" (RS). Il Cammino Neocatecumenale
realizza così anche "una pastorale della riconciliazione e della
mediazione" (RS). Per questo le
famiglie hanno imparato e continuano ad imparare l’”arte
dell’accompagnamento”: al lavoro, a scuola, sulla metropolitana e in qualunque
luogo esse “escono” dal loro privato come sale, luce e lievito per chi ha
perduto speranze e certezze, perché è vero che “Senza la testimonianza gioiosa
dei coniugi e delle famiglie, chiese domestiche, l’annunzio, anche se corretto,
rischia di essere incompreso o di affogare nel mare di parole che caratterizza
la nostra società” (RS).
Le famiglie missionarie con le quali sto evangelizzando da
tanti anni in una terra pagana e difficile come il Giappone, come quelle sparse
nel mondo intero, sono lo specchio limpido in cui si riflette “il modo di agire
salvifico di Dio” (RS), che nella Relatio segna come una linea rossa sulla
quale orientare le pastorali familiari. Esse per prime lo hanno sperimentato
nella propria vita e, per gratitudine, si sono rese disponibili per
essere inviate in qualunque parte del mondo ad annunciare e offrire la propria
“attraente testimonianza” (RS) che Cristo è risorto ed è il compimento di ogni
aspirazione del cuore dell’uomo. Esse sono proprio, nel mondo scristianizzato o
in quello pagano, il “Cortile dei gentili” auspicato da Benedetto XVI, “dove
gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e
prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita
interna della Chiesa”.
Quante persone distrutte, schiave della droga e dell'alcol,
che hanno sperimentato il fallimento o si trovano
nelle situazioni più disparate"(RS) sono
state "agganciate" dalla testimonianza dei membri delle Comunità
Neocatecumenali; quante sono state accolte "con la loro esistenza
concreta, sostenendone la ricerca, incoraggiandone il desiderio di Dio e la
volontà di sentirsi pienamente parte della Chiesa", perché chi lo vive
quotidianamente, sa che "il messaggio cristiano ha sempre in sé la realtà
e la dinamica della misericordia e della verità, che in Cristo convergono"
(RS).
Aveva ragione San Giovanni Paolo II che, nell'ormai lontano
1988, inviava con queste parole un centinaio famiglie, tra le quali le prime in
Giappone: “Sappiamo bene che il
sacramento del Matrimonio, la famiglia, tutto questo cresce nel sacramento del
Battesimo, dalla sua ricchezza. Crescere dal Battesimo vuol dire crescere dal
mistero pasquale di Cristo. Attraverso il sacramento dell’acqua e dello Spirito
Santo, siamo immersi in questo mistero pasquale di Cristo che è la sua
morte e la sua risurrezione. Siamo immersi per ritrovare la
pienezza della vita, e questa pienezza dobbiamo ritrovarla nella pienezza della
persona, ma, nello stesso tempo, nella dimensione della famiglia - comunione di
persone - per portare, per ispirare con questa novità di vita gli ambienti
diversi, le società, i popoli, le culture, la vita sociale, la vita
economica ... Tutto questo è per la famiglia. Voi dovete andare in
tutto il mondo a ripetere a tutti che è “per la famiglia”, non a costo della
famiglia. Sì, il vostro programma deve essere pienamente evangelico,
coraggioso, coraggioso nel testimoniare e coraggioso nel domandare, nel
domandare davanti a tutti, soprattutto davanti ai nostri fratelli, davanti alle
persone umane, davanti alle nostre sorelle, a tutte queste famiglie, a tutte
queste coppie, a tutte queste generazioni. Ma anche davanti agli altri. Con
questa grande testimonianza, la famiglia in missione come immagine della
Trinità in missione”.
Sono testimone di come questo si compie ogni giorno, in mille
piccoli o grandi eventi, anche in un contesto molto diverso dall'Europa, con
una cultura gelosa delle proprie tradizioni, ma minata come tutte dalla
secolarizzazione. Non solo le famiglie in missione, ma anche le famiglie
giapponesi, comprese quelle dei neofiti, sono qui in prima linea sul fronte
dell'evangelizzazione, estrema periferia ai confini della terra. In loro si
realizza un reale cambio di mentalità, capace di fare, attraverso il catecumenato
vissuto come una seria e profonda Iniziazione Cristiana, quel passaggio
sottolineato dal Sinodo, che conduce le persone, e le famiglie, dall'ordine
della creazione alla vita cristiana, frutto della fede adulta; dal
paganesimo alla gioia di essere cristiani, partecipi di una vita nuova.
I genitori e i loro figli spesso numerosi, frutto
dell’obbedienza feconda all’Humanae Vitae di Paolo VI, il cui "messaggio è
riscoperto" (RS) e vissuto nel Neocatecumenato, sono per chi le incontra
quello sguardo di misericordia di Cristo che è brillato sul Sinodo.
L’apertura alla vita che caratterizza le famiglie del Cammino
Neocatecumenale è possibile proprio perché in esso si realizza il “radicamento della preparazione al matrimonio nel cammino di
iniziazione cristiana” (RS). Qui i giovani e i fidanzati possono vedere
l'autenticità del matrimonio indissolubile nelle coppie più mature
e nei propri genitori, che “danno
ragione della bellezza e della verità di una apertura incondizionata alla vita
come ciò di cui l'amore umano ha bisogno per essere vissuto in pienezza”
(RS).
Moltissimi dei giovani delle comunità Neocatecumenali sono
figli dell’Humanae Vitae, la portano dentro come un segno di gratitudine a Dio,
alla Chiesa e ai genitori. E poi sperimentano nella propria vita che “L’apertura alla vita è un’
esigenza intrinseca dell'amore coniugale” (RS). Proprio sul talamo si
fonda e, spesso si riconcilia, la loro unione. Esso è, infatti, insieme alla
mensa eucaristica e alla vita di ogni giorno, uno dei “tre altari” sui quali
imparano ad offrirsi insieme a Cristo.
Anche la “castità” è un segno dell’appartenenza a Cristo dei fidanzati e degli sposi, chiamati alla stessa missione. Sperimentando che "la verità si incarna nella fragilità umana non per condannarla, ma per salvarla" (RS), ogni persona è iniziata alla preghiera quotidiana per combattere e difendere la castità e la fedeltà, anche con l’aiuto dei fratelli della comunità, della Parola di Dio e della guida dei Pastori e dei catechisti. Nessuno si è mai sentito giudicato o escluso, né chi si è affacciato al Cammino con situazioni irregolari, né chi ha zoppicato ed è caduto. Nella comunione tra i fratelli che ascoltano la parola e si nutrono dei sacramenti, risplende il potere di Gesù Cristo, che cura e risana ogni ferita, anche quelle più laceranti.
Un anno importante si apre dinanzi alla Chiesa. La speranza e
la preghiera è che i Pastori e quanti hanno a cuore le persone di questa
generazione, si aprano al soffio dello Spirito Santo che sta già rispondendo
con segni e prodigi a molte delle questioni lasciate aperte dal Sinodo. Si,
nella comunità cristiana c’è un posto d’onore preparato anche per i divorziati
risposati, per le persone con orientamento omosessuale, per chi convive, per i
fragili e i deboli. Per tutti Dio ha donato alla Chiesa la possibilità di
riscoprire la fonte della vita eterna e della fede, ovvero l’iniziazione
cristiana che ha al suo centro “l’ascolto orante della parola di Dio e
la preghiera” (RS). Essa accompagna ciascuno secondo uno “sguardo differenziato”
(RS) che sa cogliere la radice dei problemi e delle sofferenze, perché a poco a
poco tutti siano trasformati in creature nuove.
E’ questa la vocazione di chi, sedotto dalla bellezza della
vita cristiana, è accolto nella Chiesa, dove anche noi abbiamo
sperimentato lo “sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel
medesimo tempo ci ha sanato, liberato e incoraggiato a maturare nella vita
cristiana” (RS). Per questo, chi ne è stato raggiunto, sa
lasciarsi guidare dalla sua sapienza sui sentieri della conversione, a volte
difficili, obbedendo di cuore agli insegnamenti della Chiesa Madre e Maestra ,
nella consapevolezza ogni giorno più matura e solida, che in palio c’è la
propria salvezza, quella della propria famiglia e del mondo, ora e nel Cielo.