DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Cento milioni di bambine mancanti


Corriere della Sera, martedì 3 febbraio 

Provate a immaginare un Paese popoloso quanto
l’Italia abitato esclusivamente da maschi. Sessanta
milioni di uomini e nessuna donna. È questo,
secondo l’ultima rilevazione, l’importo della disuguaglianza
numerica tra i sessi nella popolazione
mondiale, il più elevato mai registrato dalla
Banca mondiale.
Se si stringe il focus sulle bambine mancanti la
voragine demografica di genere è ancora più spaventosa: si calcola
che la scelta di abortire i feti di sesso femminile e la minor cura
prestata alle figlie in diverse regioni del mondo abbia cancellato
con un colpo di spugna 100 milioni di donne. Un buco equivalente
a quello che si otterrebbe se Italia, Francia e Germania si
svuotassero di colpo di tutta la loro popolazione femminile.
Calcolando insieme tutte le classi di età il divario si riduce a 60
milioni, perché entrano in gioco una molteplicità di fattori che si
sommano e si sottraggono tra loro, incidendo in modo geograficamente
variabile.
Non tutti sanno che nella specie umana nascono naturalmente
più maschi che femmine: secondo la letteratura scientifica il rapporto
è in media di 105 fiocchi azzurri e 100 fiocchi rosa, con piccole
fluttuazioni nello spazio e nel tempo che la scienza non è riuscita
compiutamente a spiegare. È abbastanza noto invece che, a
parità di condizioni, le donne sono più longeve degli uomini. Le
condizioni di vita però possono variare parecchio a seconda che
si abbia la ventura di nascere di un sesso o dell’altro, in questa o
quella regione del globo: gli uomini muoiono più spesso combattendo,
emigrano più delle donne per lavorare, compromettono la
propria salute adottando stili di vita sbagliati.
Il mappamondo dello squilibrio demografico di genere di conseguenza
risulta variegato, come documenta David Bauer su Quartz.
Colorando di blu i Paesi a prevalenza maschile salta subito all’occhio
l’enorme blocco costituito da Cina e India, dove l’incontro tra
la moderne tecniche di selezione del sesso dei figli e i pregiudizi
tipici dei sistemi patriarcali rigidi si è tradotto in uno tsunami demografico
di aborti selettivi. I divieti sanciti da Nuova Delhi e da
Pechino finora sono valsi a poco, e gli specialisti non si aspettano
miracoli neppure dal superamento della politica del figlio unico.
Nel Paese del dragone gli uomini in eccesso sono 50 milioni, in
quello dell’elefante 43 milioni. Nel cuore dell’Asia, insomma, c’è
una generazione di scapoli che non riuscirà a trovare moglie, con
tutti i grattacapi che ne conseguono per i sociologi.
L’altro blocco blu si trova in corrispondenza della penisola arabica.
La preferenza culturale per il figlio maschio è radicata anche
qui, ma la religione islamica argina gli aborti sesso-specifici. A sbilanciare
il rapporto tra i sessi sono piuttosto gli immigrati maschi
attirati dalle opportunità di lavoro nei Paesi del petrolio, Qatar in
testa.
Europa e America tendono al rosa, perché nelle aree sviluppate
le donne hanno un’aspettativa di vita superiore a quella degli
uomini. In qualche Paese la popolazione femminile è andata crescendo.
Per ragioni diverse è il caso del Messico (emigrazione maschile),
del Brasile (mortalità maschile) e della Russia (effetto
vodka: sembra incredibile ma l’alcolismo fa sì che nella fascia di
età over 65 si contino almeno due russe per ogni russo).
Anche nelle zone martoriate da genocidi e guerre, come Ruanda
e Cambogia, la mappa vira tristemente al rosa. Quanto all’Africa,
il continente sembra tutto sommato in equilibrio. Ma qui le donne
continuano a morire più giovani che altrove e al bilanciamento
tra i sessi contribuisce l’elevato numero di bambine che nascono.
Forse perché i feti femminili sono quelli che meglio resistono
alle difficili condizioni di sviluppo dovute alla malnutrizione delle
madri. Insomma: anche questo dato, apparentemente positivo, ci
dovrebbe preoccupare.


Anna Meldolesi