DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Io che amo solo me

Annalena Benini

Il Foglio, 11 febbraio 2015


Per sollevarci dall’imbarazzo di festeggiare
San Valentino in un ristorante
pieno di cuori rossi, e per superare il disagio
della solitudine mentre tutti dicono
ti amo a qualcuno che non siamo noi, si
può utilizzare questa settimana, come ha
fatto il New York magazine, per celebrare
l’amore di sé, senza freni. Riempire
questi giorni sdolcinati e gentili di indecenza
e eccesso, oscenità perfino, in un
modo totalmente egocentrico: io, io, io.
Senza autocontrollo, senza senso di colpa.
Le rose, i bigliettini, la cena, l’amore:
è tutto solo per noi, già assolto da ogni critica,
da ogni giudizio, da ogni moralità. E’
un’operazione piuttosto pericolosa, ma di
grande impatto: per cinque giorni (almeno
fino a quando il quattordici febbraio
sarà passato e Sanremo finito) potremo
esaudire i nostri capricci e desideri segreti
e gratificare i nostri peggiori impulsi,
compreso il sesso occasionale, il disordine,
la pornografia, le droghe, gli svuotamenti
notturni di frigorifero e tutte le cose
di pessimo gusto che non facciamo di
continuo, scrive la giornalista del New
York, solo per quella sottile crosta di autocontrollo
che protegge le nostre azioni.
E per il senso di colpa sempre pronto a
esplodere. Se fumiamo, lo facciamo con
moderazione: un bicchiere di vino a cena,
un pasto equilibrato, molta compostezza
(gli eccessi vengono poi espiati con digiuni,
disintossicazioni, pentimenti). Ma se
fossimo davvero liberi, nell’età adulta, da
qualunque inibizione o buonsenso, ci addormenteremmo
sempre con la faccia ancora
piena di trucco, non sparecchieremmo
la tavola per giorni, affronteremmo
molti complicati post sbronza e metteremmo
in pratica una serie di comportamenti
sbagliati e dannosi da cui normalmente
cerchiamo di astenerci (Julieanne
Smolinski, che si è sottoposta all’esperimento,
da single, confessa ad esempio
una tendenza personale a regalare blow
jobs a uomini che non li meritano affatto).
Il senso (e la pericolosità) di una settimana
a ruota libera è: fare esattamente
quello che hai voglia di fare, senza pensare
ad altro. Essere egoista, accidioso, maleducato,
dire no all’ultimo momento a
un amico che ha cucinato per te perché
non hai nessuna voglia di andare a casa
sua, violare tutte le regole della civiltà,
della moralità e anche della gentilezza
verso le nuove fidanzate dei tuoi ex fidanzati.
Si possono, a meno che qualcuno ce
lo impedisca fisicamente, guardare i più
orribili video di YouTube, fumare mille
sigarette senza aprire la finestra, lasciare
la tazza del caffè in bagno per giorni, rispondere
“chissenefrega” alla vicina di
casa che vuole raccontarci la sua operazione
all’anca, uscire dopo le undici di sera
e sorridere a uno sconosciuto in un
bar. Mettere in pratica, senza che qualcuno
chiami i servizi sociali o la buoncostume,
lo stile di vita hippie anni Settanta,
pacifico e strafatto di Joaquin Phoenix in
“Vizio di forma” di Paul Thomas Anderson
(tratto dall’omonimo romanzo di Thomas
Pynchon: in America l’hanno vietato
ai minori di diciassette anni per troppe
canne, forse), e restare come lui seduto
per terra appoggiato al divano per tutto
il tempo necessario. Ad avvertire il disagio,
la rabbia, anche l’angoscia “di vedere
qualcuno che amo che sembra felice
senza di me”, scrive Smolinski sul New
York. Nessuna fantastica esagerazione,
autoassoluzione, amore folle di sé può sedare
questa angoscia. Perfino Joaquin
Phoenix la sente, dentro tutte quelle canne
e quel divagare. Però almeno, nel frattempo,
San Valentino sarà passato e dovremo
occuparci di rimetterci in sesto.

Non sarà facile.