Shanghai (AsiaNews) – Come da tradizione alla vigilia dei grandi eventi che si svolgono sul proprio suolo nazionale, il governo cinese ha lanciato una campagna di arresti ed espulsioni forzate ai danni dei dissidenti e degli attivisti per i diritti umani di Shanghai, che il primo maggio celebra l’apertura al pubblico dell’Expo. Pechino ha inoltre avvertito i dissidenti del resto del Paese di “non recarsi” nella città, che nei prossimi sei mesi ospiterà 70 milioni di visitatori provenienti da tutto il pianeta.
Per preparare l’evento, le autorità hanno ordinato la requisizione forzate di palazzi e terreni; cacciato cittadini scomodi che hanno perso il lavoro; imposto una nuova e più feroce restrizione sui mezzi di comunicazione. Il timore è che, alla presenza dei leader mondiali presenti per l’inaugurazione dell’Expo, la comunità dissidente possa denunciare le numerose violazioni ai diritti umani che avvengono nel Paese.
Il Chinese Human Rights Defender riporta oggi l’arresto di Feng Zhenghu, che da anni lotta contro le falle nel sistema giudiziario proprio a Shanghai. Feng stava preparando uno “Shanghai Expo” contro i processi ingiusti; la notte del 19 aprile, la polizia è entrata nella sua casa, ha sequestrato il suo computer e lo ha portato via. Gli agenti lo hanno minacciato di “farlo sparire come Gao Zhisheng” se avesse parlato durante l’incontro internazionale. Il riferimento è all’avvocato cristiano, attivista per i diritti umani, sparito nel nulla per un anno prima di riemergere con una condanna penale.
Almeno altri sei noti attivisti sono stati inoltre condannati alla “rieducazione tramite il lavoro” in vista dell’Expo. Altri quattro sono stati arrestati, sempre per lo stesso motivo. Tong Guojing, ad esempio, è stato condannato a 18 mesi di lavori forzati dopo che la demolizione forzata della sua casa lo ha trasformato in un attivista. La pubblica sicurezza ha diramato poi agli attivisti delle province circostanti “l’invito” a non presentarsi a Shanghai: la pena è l’arresto.