"Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui"
Meditazione del Papa Benedetto XVI dopo l’atto di venerazione della Sindone
DOCUMENTAZIONE
La Sindone in 3D, anzi in AS3D (autostereoscopico) è realtà ed è una novità tutta italiana. Abbiamo avuto il privilegio di poter filmare e osservare da vicino in esclusiva una tecnologia che potrà davvero cambiare il mondo hitech.
Il 3D, quello vero, senza tramiti come i fastidiosi occhialini è stato ottenuto dalla JUMA Communication di Max Judica Cordiglia e una delle sue prime applicazioni è proprio quella della riproduzione in AS3D della Sindone, che sarà presto esposta a Torino ad Aprile e Maggio.
Sindone, formazione dell’immagine
Intervista esclusiva a G.B. Judica Cordiglia da Tecnocino.it
Come si è formata l’immagine della Sindone? Il Sacro Lino, conservato a Torino e prossimo all’Ostensione dal 10 Aprile al 23 Maggio, ha da sempre riscaldato le coscienze di studiosi, religiosi e scettici (tre insiemi con svariate intersezioni) tanto che ancora oggi, nel 2010, il mistero è quantomai attuale. Siamo andati a intervistare Giovanni Battista Judica Cordiglia, proprio nel capoluogo piemontese, a pochi giorni dall’esposizione del telo.
Giovanni Battista ha avuto il privilegio di trascorrere 72 ore a stretto contatto con la Sindone, col compito di fotografarla per la prima volta a colori, all’infrarosso e agli ultravioletti. Correva l’anno 1969 ed era dal 1931 che nessuno puntava l’obiettivo di una macchina fotografica sulla reliquia. In quei tre giorni e tre notti vissuti di un fiato, senza dormire, è lentamente emersa la sua teoria sulla formazione dell’immagine, un’ipotesi ancora oggi tra le più valide e considerate.
Dal figlio al padre: vi abbiamo mostrato le splendide immagini della Sindone in 3D Autostereoscopico, esclusiva della Juma Communication di Max Judica Cordiglia e ora spostiamo la data dal 2010 al 1969. Un salto indietro per soffermarci su una perizia di valore assoluto, quella di Giovanni Battista Judica Cordiglia, effettuata quarantuno anni fa dietro commissione della Santa Sede. Mistero, fascino, scienza e fede che si rincorrono e si confondono, inseguendo un traguardo che diventa sempre più luminoso e allo stesso tempo sempre più impalpabile e indecifrabile.
Ci racconta la perizia del 1969?
Ho fatto parte della commissione nominata dal Cardinal Pellegrino, formata da periti e esperti che dovevano verificare lo stato di conservazione della Sindone perché dal 1931 non era stata più aperta. E’ stato un incarico di grande responsabilità che ovviamente mi ha messo in agitazione, io avevo una trentina d’anni, ma soprattutto perché dovevo fotografare un reperto che non avevo mai visto, infatti nel ‘31 non ero nato, c’erano alcune indicazioni di chi l’aveva vista ma in generale non erano in grado di darmi riferimenti
precisi. Si diceva fosse un’immagine intensa o diafana, quindi li mio problema era quello di disporre di tutto quello che la tecnologia in quegli anni offriva per ottenere delle fotografie che non dovevano essere inferiori a quelle del ‘31, da un maestro dell’arte fotografica come Giuseppe Enrie che si era fermato al bianco e nero. Io volevo spingermi oltre con i colori, negativi, colore diapositivo, con radiazioni ultraviolette sia per fluorescenza sia per riflessione e all’infrarosso. Tutto questo richiedeva altro rispetto al materiale di cui già disponevo, perché non sapevo cosa avrei incontrato. Senza dimenticare che si tratta di un reperto di dimensioni importanti 4.36 x 1.10 metri e che si tratta una stoffa non di un solido, ma di un oggetto che doveva essere disposto in condizioni tali da poter essere fotografato senza deformazioni. Ho provveduto a munirmi di due supporti in metallo verticali più un braccio orizzontale, la Sindone la fermai attraverso due bastoni lunghi 45metri pinzati in mezzo alla tela, in questo modo la tela per gravità si stese perpendicolare al pavimento che doveva essere perfettamente orizzontale. Cosa che non era, si trovava a Palazzo Reale nella Cappella del Crocifisso. Quindi ho provveduto a bascuolare il piano della lastra con un’inclinazione che compensasse la mancata planeità del pavimento così che la Sindone e la lastra fotografica fossero perfettamente paralleli.
Che emozioni ha provato durante la perizia e anche dopo durante lo sviluppo della foto?
E’ stato straordinario. Preciso subito che l’ho avuta a disposizione per 72 ore e ovviamente non ho dormito perché a 30 anni queste cose si possono fare! Le riprese in bianco e nero mi hanno dato dei problemi al momento dello sviluppo e mi chiedevo come mai nel
‘31 Enrie avesse ricavato delle foto molto molto belle. La parte più impressionante e sconvolgente è stata durante la ripresa tramite radiazioni ultraviolette sia per fluorescenza sia per riflessione. La tela era illuminata con due lampade a vapore di mercurio che fornivano radiazioni ultraviolette idonee alla ripresa fotografica. Voglio ricordare questo momento: ero immerso nel buio perché gli occhi si potessero abituare, tutti gli ori zecchini della Cappella del Crocifisso erano stati coperti da teli neri per evitare eventuali riflessi, mi ero seduto a terra sotto il banco ottico ossia sotto la macchina da ripresa fotografica e guardavo la Sindone appesa, immobile e aspettavo che i miei occhi si abituassero all’oscurità e a questa luce azzurrina tipica delle radiazioni ultraviolette. Man mano che gli occhi si abituavano – e qui è stato un momento davvero sconvolgente – io notavo che il fondo della tela, al di sotto della figura, assumeva un colore grigio come la cenere della sigaretta, mentre la figura – che è una negativo fotografica – diventava un positivo. Come se ci fosse stato un uomo, nella sua parte dorsale e ventrale, disteso sopra il lenzuolo, come sollevato di una trentina di centimetri. La cosa straordinaria era questo gioco di luci e di ombre, di chiaroscuri, che davano l’impressione veramente di un corpo, non la stampa, ma un corpo in tre dimensioni. E’ stato un momento sconvolgente, mi sono detto “Speriamo che sulle lastre questa sensazione si possa ricreare”, in realtà così non si è ricreato, però è successa un’alra cosa importante. Enrie aveva utilizzato materiale ortocromatico ad altissimo contrasto che mangiava i dettagli, con pochi grigi. Io usavo pancromatico che permette di registrare tutti i colori portandoli al grigio. Con le radiazioni ultaviolette c’è stata una sollecitazione tale che tutti, moltissimi, dettagli sono emersi. Ad esempio le palpebre. Una morbidezza straordinaria della figura, che dà una sensazione di rotondità e di tridimensionalità veramente notevole.
E’ stato incaricato dalla Santa Sede, proseguendo una tradizione di famiglia iniziata col papà che effettuava perizie sulle reliquie dei santi. Anche suo figlio sta continuando il lavoro sulla Sindone
A partire dall’Ostensione del 1931 mio papà che era medico legale, docente all’Università di Milano, si è appassionato a questa straordinaria figura di quest’uomo che lui definiva “Dormiente nel sonno della morte”. Ha compiuto numerosi studi di carattere medico legale, ha scritto 14 libri, estendendo una perizia sulle torture di questa figura, di quel che ha patito in vita quest’uomo. E’ una perizia ancora attuale oggi, anche nel resto del mondo. Io a un certo punto ho iniziato a seguirlo, con l’incarico di effettuare queste riprese. Io dico sempre che sono nato succhiando latte e Sindone, perché nello studio di mio padre erano esposte due grandi riproduzioni, andavano e venivano dall’istituto di medicina legale ossa, teschi che lui utilizzava per la genesi dell’impronta.
Quando lui è mancato tutto il suo lavoro è passato a me, perché specialmente con le fotografie mi ero appassionato, poi lui si avvaleva di me per fotografare alcuni esperimenti e prove che effettuava. Oggi sto per passare, anzi ho già passato il testimone a mio figlio visto che uno dei due per fortuna è appassionatissimo di Sindone, che mi ha seguito in questi anni, molto attivamente e insieme abbiamo messo su una teoria sulla formazione dell’immagine che ancora oggi rimane il grande mistero. La nostra teoria è stata confermata recentemente dal professor Jackson capo storico delle ricerche americane sulla Sindone. E così io passo il testimone a mio figlio e vediamo se lui a sua volta lo passerà al suo
Se potesse rimettere mano sulla Sindone utlizzerebbe altre tecnologie magari più moderne?
Certamente, mi appoggerei sempre alla fotografia tradizionale, perché ho acquisito una notevole esperienza. In più a differenza del ‘69 saprei cosa devo fotografare, come attrezzarmi in modo più evoluto e giusto. Tuttavia le mie fotografie sono state autenticate nel ‘73 dal prof. Max Fraj, direttore della Polizia Criminale di Zurigo, uno svizzero tedesco… non poteva esserci persona migliore, le ha giudicate realizzate con una tecnica adeguata e molto valida.
Cosa ne pensa delle teorie emerse nel secolo scorso sulla creazione delle immagini? Si è parlato di un dipinto, di un’impressione a caldo, addirittura della prima fotografia della storia.
Quando si avanza una teoria dev’esserci qualche paletto sul quale appoggiarla. La teoria del dipinto è stata assolutamente scartata, sono state effettuate analisi e non c’è traccia. Il dipinto ha una pennellata invece sulla sindone non esiste direzionalità. Esiste questa strinatura dei fili, delle fibrille della Sindone che sono nettamente evidenti e là dove ci sono le macchie di sangue io sono anche riuscito a fotografare dei coaguli. Che si sia formata a caldo d’accordo, ma bisogna anche spiegare come. Bisogna sempre tenere in conto che rappresenta un soggetto molto grande, un corpo umano nella sua parte dorsale e ventrale, senza sproporzioni, con giochi di luce e ombra tali che al negativo fotografico appaia più distintamente l’uomo. Avrebbero potuto utilizzare una statua, ma non sarebbe stato semplice, a mio avviso, soprattutto lasciando qualche elemento sulla Sindone che lo lasciasse intendere.
Mio padre e altri hanno pensato potessero essere stati gli aromi a lasciare questa impronta, ma non sono molto d’accordo perché esiste una trasmissione di liquidi per capillarità nel tessuto che avrebbe provocato qualche deformazione. Io resto convinto che è stato un violento lampo di luce o al limite, andando di fantasia, un fulmine che abbia colpito il corpo abbia dato origine alla figura. Sulla tesi della fotografia, c’è tutta una documentazione sui viaggi della Sindone che esclude questa tesi, la fotografia poi è stata scoperta molto tempo più tardi e non si vede perché allora nei seccoli precedenti alla nascita della fotografia non ci sia stata un’evoluzione.
Cosa ne pensa della datazione al carbonio 14?
Gli esami sulla datazione al carbonio 14 effettuati nell’88 sono ritenuti del tutto inesatti perché da un lato non si sono rispettate determinate procedure, dall’altro il materiale sottoposto alla radiodatazione era inquinato. A differenza di alcuni rotoli di Qumran, la Sindone invece ha sopportato cinque incendi, ha avuto più di mille ostensioni, quindi milioni di mani che l’hanno toccata, di bocche che l’hanno baciata… è un tessuto troppo inquinato per esami così delicati. Ma gli incendi e le bruciature sono gli elementi che portano un’alterazione netta su una radiodatazione corretta.
La sua teoria sulla formazione dell’immagine è quella di “Una violenta quanto improvvisa scarica elettrica”.
Io ho questa convinzione: l’impronta della Sindone è netta, precisa, senza deformazioni, ritengo che una situazione del genere si possa verificare in seguito a un fenomeno elettrico in quanto le cariche elettriche viaggiano parallele le une alle altre, per cui non porta deformazioni ma viene trasferita l’intensità dell’immagine a seconda della distanza che c’è tra il corpo e il telo.
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Insomma minore è la distanza, maggiore è l’intensità. La punta del naso è intensa visto che poggiava sul telo, meno gli zigomi. E’ un’idea che mi ero fatto durante le foto, con mio figlio abbiamo condotto delle esperienze a dimostrazione. Abbiamo trovato una foto di Hiroshima: su dei gradini è impressa l’impronta di un cadavere: si è formata durante l’esplosione della bomba atomica, una violentissima generazione di energia per un fenomeno che ha interessato diversi stabili, altre impronte del genere sono state trovate.
Un’altra foto è curiosa e significativa: un ramo di pino impresso sul petto di un ragazzino che stava giocando senza maglietta all’aperto. E’ stato colpito da un fulmine ed è caduto a terra proprio su un rametto di pino. Sul suo petto è rimasta la stampa del ramo: un’immagine incredibile,senza deformazioni dove si possono distinguere gli aghi e i rametti più piccoli, con senso di profondità. E’ la dimostrazione che una situazione del genere può generare un’impronta compatibile a quella della Sindone.
Con mio figlio siamo andati avanti nelle esperienze: ho realizzato un generatore di corrente da 90000 volt; abbiamo collocato una tela sulla maschera funebre di mio padre in bronzo e abbiamo utilizzato l’olio di oliva come aroma (tipico di 2000 anni fa) che è un ottimo dielettrico visto che è stato utilizzato anche nei condensatori a olio nell’antichità. Sottoposto alla scarica vedeva impressi i lineamenti del volto, che se venivano ripresi agli ultravioletti generavano un effetto molto simile a quello della Sindone, con lo stesso colore. Successivamente siamo passati a delle prove… direttamente su di noi, ho abbassato il voltaggio a 15.000 per cercare di avere l’impronta di una mano, prima io poi mio figlio Max.
Il risultato, in positivo e negativo è ben definito e senza deformazioni. Illuminato con gli ultravioletti, la mano è uscita ancora di più ed è straordinaria la somiglianza con la Sindone, con la stessa intensità. Come verifica finale abbiamo stampato l’impronta su una pellicola trasparente e l’abbiamo sovrapposta a una foto della maschera con la stessa proporzione e abbiamo notato che non erano presenti deformazioni, collimavano perfettamente.
Andrà a fare visita alla Sindone?
Certamente sì, oramai io e la Sindone siamo un tutt’uno. Non posso perdere quest’occasione anche perché può darsi che sia l’ultima volta che io la possa vedere. Vado con la stessa emozione, anzi per certi versi ancora superiore, perché dopo le mie fotografie mi piace vedere l’originale e osservare quali errori ho commesso e immaginare che cosa farei per non commettere più quegli errori
Il 1969 per la famiglia Judica Cordiglia fu un anno emblematico perché coincise anche con la straordinaria esperienza della diretta dello sbarco sulla Luna: Giovanni Battista e il fratello Achille erano già saliti agli onori della cronaca negli anni precedenti con l’ascolto delle comunicazioni tra i cosmonauti russi e americani con le stazioni a Terra e con la conseguente scoperta inquietante dei lanci falliti a causa dei quali diversi astronauti sovietici non fecero ritorno. Tutt’Italia seguiva le gesta dei fratelli alla radio con dirette e servizi dedicati. Vi abbiamo raccontato della storia dei radioascolti in occasione dell’intervista a Achille Judica Cordiglia per il quarantennale dello sbarco sulla Luna, presto ritorneremo da lui per una nuova videointervista. State collegati!
Per maggiori informazioni, ecco il sito ufficiale di Giovanni Battista Judica Cordiglia
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