DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Botox di Natale. Come il Natale sia tornato ad essere festa pagana. Nell'anima e non solo nel portafoglio

 
Annalena Benini

Sono i giorni delle facce lisce, degli zigomi sporgenti e degli sguardi spalancati sul Natale, famelici di complimenti, auguri, saluti e: come ti trovo bene que st’anno, sembri più giovane di tua figlia, molto più giovane di tua nuora. A Natale tutti insieme, ma con il sorriso più bianco, le palpebre più leggere, le sopracciglia ad ali di gabbiano e le rughe addormentate, quasi identiche al Natale di dieci anni fa, quando non eravamo nemmeno andate dal parrucchiere. Il botox di Natale, il parrucco di Natale, la depilazione ardita di Natale, tutto congiura a mostrare giorni di festa trascorsi non soltanto a cucinare e a calarsi dal camino per far felici i bambini: c’è vita (clandestina) anche a Natale, che va oltre gli autoscatti dal bagno mentre la nipotina di dieci anni suona al pianoforte “Jingle bells” (e tutti giocano a Ruzzle fingendo di commuoversi), che supera perfino la gara di bellezza fra consuocere e, in caso di famiglie allargate e disinvolte, lo schiaffo estetico che la ex moglie vuole dare alla nuova fidanzata del marito (schiaffo per cui lavora e freme dal trentun dicembre scorso). I giorni immediatamente prima di Natale, quelli in cui si è già levigati, lisci e vaporosi servono ai saluti fra gli amanti, poiché ci si lascia  il ventitré e ci si rivede dopo la Befana, con la promessa di qualche messaggio rubato ai pranzi, al montaggio dell’automobilina a pedali e al cinema di pomeriggio: non si può telefonare, non si può fuggire, si può soltanto sperare di avere lasciato un bel ricordo, un’immagine splendente, costata qualche ora di estetista. Prima di Natale nessuna moglie chiederà mai al marito: dove sei stato fin adesso, perché è certa che avrà fatto tardi per comprarle un magnifico regalo e poi nasconderlo, così tutti gli amanti, in questi giorni, uomini e donne, si autoimpacchettano come un regalo sotto l’albero e rubano le ultime ore possibili, le ultime promesse mai mantenute di nuove vite nel nuovo anno. Il botox di Natale, però, serve anche a lottare per la sopravvivenza, a non lasciarsi sopraffare dalle liti famigliari, da tutte quelle ore insieme che all’improvviso precipitano addosso, dalle ciabatte di spugna ricevute in dono: con una fronte liscia e lucida si può urlare dentro senza che si veda fuori, con gli occhi paralizzati dalle punturine si può sembrare sempre felici e stupite anche mentre si sogna, con colpevole vergogna, di legare tutti i parenti all’albero e lasciare distrattamente cadere un fiammifero acceso.  Quindi, anche se sta per uscire in America il libro anti lifting della francese Mireille Guiliano, “French Woman Don’t Get Facelift” che spiega i segreti di un invecchiamento aggraziato senza necessità di cafonerie estreme quali il botulino, e consiglia di sostituire la blefaroplastica con un bicchiere di vino rosso e un sorriso, è difficile resistere alla tentazione di volteggiare con una faccia splendente in una stanza piena di cibo e parenti, ex mariti, nuore, cugine che ci hanno sempre odiato, figli adolescenti che ci guardano come mammuth. Con una faccia semi nuova si può perfino credere a Babbo Natale, e decidere di fuggire con lui. Secondo Mireille Guiliano basta un po’ di rossetto e joie de vivre, una baguette calda e un nuovo taglio di capelli (ma i tagli di capelli sbagliati prima di Natale da parrucchieri che hanno detto: “Faccio io”, meritano un saggio a parte), ma secondo chi apre il ventesimo pacchetto in vent’anni con dentro una sciarpa beige l’unica possibilità è una paralisi facciale a forma di sorriso.


Il Foglio 20 Dicembre 2013