DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

A Bologna i giudici si fanno Dio



di Raffaele Dicembrino
«Il dono della vita, che Dio Creatore
e Padre ha affidato all’uomo,
impone a questi di prendere
coscienza del suo inestimabile valore e di
assumerne la responsabilità: questo principio
fondamentale deve essere posto
al centro della riflessione, per chiarire e
risolvere i problemi morali sollevati dagli
interventi artificiali sulla vita nascente e
sui processi della procreazione. Grazie
al progresso delle scienze biologiche e
mediche, l’uomo può disporre di sempre
più efficaci risorse terapeutiche, ma può
anche acquisire poteri nuovi dalle conseguenze
imprevedibili sulla vita umana
nello stesso suo inizio e nei suoi primi stadi.
Diversi procedimenti consentono oggi
d’intervenire non soltanto per assistere
ma anche per dominare i processi della
procreazione. Tali tecniche possono consentire
all’uomo di “prendere in mano il
proprio destino”, ma lo espongono anche
“alla tentazione di andare oltre i limiti di
un ragionevole dominio sulla natura» (così
si apre la Donum Vitae della Congregazione
per la Dottrina della Fede sul rispetto
della vita nascente e la dignità della procreazione,
del 1987). È questa la risposta
della Chiesa al tribunale civile di Bologna
che, accogliendo il reclamo di una cinquantenne
del Ferrarese, dopo che il suo
ricorso era stato rigettato in primo grado,
ha ordinato al policlinico Sant’Orsola di
provvedere immediatamente all’impianto
degli embrioni prodotti con fecondazione
assistita nel 1996, prima della legge 40, e
da allora crioconservati.
Una storia incredibile la cui “drammaticità”
è rafforzata dall’aggravante che gli
embrioni congelati sono di 19 anni fa e
che il marito della donna non è più in vita.
Per i giudici di Bologna, «in caso di embrioni
crioconservati, ma non abbandonati,
la donna ha sempre il diritto di ottenere
il trasferimento», e quindi, in barba
all’ordinanza alla legge 40 del 2004, che
in Italia vieta la crioconservazione di embrioni
– se non nel caso in cui la donna,
dopo la fecondazione, non possa procedere
all’impianto per gravi motivi di salute.
La coppia La coppia, che si sposò

nel 1998, nel 1996 si era rivolta al cen
tro di fecondazione assistita. Quell’anno
fu tentato un intervento che non ebbe
successo: così otto embrioni non impiantati
furono congelati, con il consenso dei
due. In seguito, anche per una malattia
dell’uomo, la coppia non ci riprovò, ma
gli embrioni sono rimasti crioconservati e
ogni anno, fino al 2010, i due hanno confermato
la volontà di mantenere gli embrioni.
Dopo la morte del marito, la donna
si è nuovamente rivolta al centro di procreazione
medicalmente assistita chiedendo
l’impianto. Nonostante il nulla osta
del comitato di bioetica dell’università, la
direzione decise di negarne la possibilità
appellandosi ad un’interpretazione della
legge 40 secondo cui doveva sussistere
la permanenza in vita di entrambi. A febbraio
2013 c’è stato il ricorso in via d’urgenza,
il rigetto del tribunale, poi il reclamo
accolto dal collegio, dopo un’udienza
a dicembre 2014. Secondo l’ordinanza,
anche se la dichiarazione del 2010 non
si può considerare un valido consenso,
la stessa «costituisce una manifestazione
di volontà idonea» ad escludere gli
embrioni dalla categoria di «embrioni
in stato di abbandono». In conclusione i
giudici scrivono che, vista l’età della donna,
l’aleatorietà dei risultati della fecondazione
assistita e le maggiori difficoltà
proporzionate al progredire dell’età, è
necessario provvedere in via d’urgenza,
non potendo la cinquantenne «attendere
il normale esito di un procedimento civile
ordinario, stante la sua lunga durata».
Si capiscono meglio, oggi, le parole della
Cdf: «La diffusione delle tecnologie d’intervento
sui processi della procreazione
umana solleva gravissimi problemi morali
in relazione al rispetto dovuto all’essere
umano fin dal suo concepimento e alla
dignità della persona, della sua sessualità
e della trasmissione della vita». Alla luce
della verità sul dono della vita umana e
dei principi morali che ne conseguono,
ciascuno è invitato ad agire, nell’ambito
della responsabilità che gli è propria,
come il buon samaritano e a riconoscere
anche il più piccolo tra i figli degli uomini
come suo prossimo (Cf. Lc 10, 29-37). La
parola di Cristo trova qui una risonanza
nuova e particolare: “Ciò che avrete fatto
al più piccolo dei miei fratelli lo avrete
fatto a Me” (Mt 25, 40).
Nella “Dignitas Personae” (aggiornamento
dopo 20 anni della Donum Vitae), si evidenzia
che «la crioconservazione di ovociti,
non di per sé immorale e prospettata
anche in altri contesti che qui non vengono
considerati, in ordine al processo di
procreazione artificiale è da considerare
moralmente inaccettabile. La crioconservazione
è incompatibile con il rispetto
dovuto agli embrioni umani: presuppone
la loro produzione in vitro; li espone
a gravi rischi di morte o di danno per la
loro integrità fisica, in quanto un’alta percentuale
non sopravvive alla procedura
di congelamento e di scongelamento; li
priva almeno temporaneamente dell’accoglienza
e della gestazione materna; li
pone in una situazione suscettibile di ulteriori
offese e manipolazioni». Giovanni
Paolo II lanciò un appello alla coscienza
dei responsabili del mondo scientifico ed
in modo particolare ai medici perché venisse
fermata la produzione di embrioni
umani, tenendo conto che non si intravede
una via d’uscita moralmente lecita per
il destino umano delle migliaia e migliaia
di embrioni “congelati”, i quali sono e restano
pur sempre titolari dei diritti essenziali
e quindi da tutelare giuridicamente
come persone umane».
Anche Papa Francesco è intervenuto
sull’argomento il 14 novembre 2014 incontrando
l’associazione dei medici cattolici
italiani: «Le conquiste della scienza
e della medicina possono contribuire al
miglioramento della vita umana nella misura
in cui non si allontanano dalla radice
etica di tali discipline. Per questa ragione,
voi medici cattolici vi impegnate a vivere
la vostra professione come una missione
umana e spirituale, come un vero e proprio
apostolato laicale. Da molte parti, la
qualità della vita è legata prevalentemente
alle possibilità economiche, al “benessere”,
alla bellezza e al godimento della
vita fisica, dimenticando altre dimensioni
più profonde – relazionali, spirituali e religiose
– dell’esistenza. In realtà, alla luce
della fede e della retta ragione, la vita
umana è sempre sacra e sempre “di qualità”.
[...] La vostra opera vuole testimoniare
con la parola e con l’esempio che
la vita umana è sempre sacra, valida ed
inviolabile, e come tale va amata, difesa
e curata». Quindi ha proseguito il Santo
Padre: «Questa vostra professionalità, arricchita
con lo spirito di fede, è un motivo
in più per collaborare con quanti – anche
a partire da differenti prospettive religiose
o di pensiero – riconoscono la dignità
della persona umana quale criterio della
loro attività. Infatti, se il giuramento di
Ippocrate vi impegna ad essere sempre
servitori della vita, il Vangelo vi spinge
oltre: ad amarla sempre e comunque, soprattutto
quando necessita di particolari
attenzioni e cure.
Vi esorto a proseguire con umiltà e fiducia
su questa strada, sforzandovi di perseguire
le vostre finalità statutarie che recepiscono
l’insegnamento del Magistero
della Chiesa nel campo medico-morale. Il
pensiero dominante propone a volte una
“falsa compassione”: quella che ritiene
sia un aiuto alla donna favorire l’aborto,
un atto di dignità procurare l’eutanasia,
una conquista scientifica “produrre” un
figlio considerato come un diritto invece
di accoglierlo come dono; o usare
vite umane come cavie di laboratorio per
salvarne presumibilmente altre. La compassione
evangelica invece è quella che
accompagna nel momento del bisogno,
cioè quella del Buon Samaritano, che
“vede”, “ha compassione”, si avvicina e
offre aiuto concreto . La vostra missione
di medici vi mette a quotidiano contatto
con tante forme di sofferenza: vi incoraggio
a farvene carico come “buoni samaritani”,
avendo cura in modo particolare
degli anziani, degli infermi e dei disabili.
La fedeltà al Vangelo della vita e al rispetto
di essa come dono di Dio, a volte
richiede scelte coraggiose e controcorrente
che, in particolari circostanze, possono
giungere all’obiezione di coscienza.
E a tante conseguenze sociali che tale
fedeltà comporta. Noi stiamo vivendo un
tempo di sperimentazioni con la vita. Ma
uno sperimentare male. Fare figli invece
di accoglierli come dono, come ho detto.
Giocare con la vita. Siate attenti, perché
questo è un peccato contro il Creatore:
contro Dio Creatore, che ha creato le
cose così».
E il suo monito risuona anche su certe
sentenze. 

La Coce 11 febbraio 2015