“La mia lotta adesso è non diventare cinico. Uno è
moralista da giovane, poi diventa disilluso, infine rischia di diventare
cinico”. (Michele Serra intervistato da Il Foglio del 23 settembre 2016)
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INQUIETUDINE
C’è nell’anima nostra la possibilità di avere due
inquietudini: quella buona, che è l’inquietudine” che ci dà lo Spirito Santo e
fa che l’anima sia inquieta per fare cose buone e c’è la cattiva inquietudine,
quella che nasce da una coscienza sporca. (Papa Francesco, Omelia a Santa
Marta, 23 settembre 2016)
VANITA', OSTEOPOROSI DELL'ANIMA
La vanità che ci gonfia. La vanità che non ha lunga vita,
perché è come una bolla di sapone. La vanità che non ci dà un vero guadagno.
Quale guadagno viene all’uomo per tutta la fatica con cui si affanna? Si
affanna per apparire, per fingere, per sembrare. Questa è la vanità. Se
vogliamo dirlo semplicemente: la vanità è truccare la propria vita. E questo
ammala l’anima, perché uno se trucca la propria vita per apparire, per
sembrare, e tutte le cose che fa sono per fingere, per vanità, ma alla fine
cosa guadagna? La vanità è come una osteoporosi dell’anima: le ossa di fuori
sembrano buone, ma dentro sono tutte rovinate. La vanità ci porta alla
truffa. Come i truffatori “segnano le carte” per vincere – ha aggiunto - e
poi “questa vittoria è finta, non è vera. Questa è la vanità: vivere per
fingere, vivere per sembrare, vivere per apparire. E questo inquieta l’anima”.
San Bernardo – ricorda il Papa - dice una parola forte ai vanitosi: “Ma pensa a
quello che tu sarai. Sarai pasto dei vermi. E tutto questo truccarti la vita è
una bugia, perché ti mangeranno i vermi e non sarai niente”. Ma dov’è la forza
della vanità? Spinti dalla superbia verso le cattiverie, "non permettere
che si veda uno sbaglio, coprire tutto, tutto si copre”. (Papa Francesco,
Omelia a Santa Marta, 23 settembre 2016)
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GLI ABBAGLI DI SCALFARI SU PAPA FRANCESCO
L’intento (di Papa Francesco) è quello di integrare le
varie religioni in nome dell’unico Dio ma contemporaneamente integrare la
verità assoluta con il relativismo della modernità. (La Repubblica, 23
settembre 2016)
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RIVOLUZIONE CULTURALE
"Ci vuole una piccola grande rivoluzione culturale
che metta in fila le questioni e i diritti. Non esiste il diritto assoluto ad
avere un figlio ma la priorità dev’essere il figlio. Con i suoi diritti che
oggi vengono calpestati» (Suor Anna Monia Alfieri, Il Giornale, 23 settembre
2016)
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UNA VOCE FUORI DAL CORO SUL "FERTILITY DAY"
Sarà che per carattere non ci
piace accodarci all’indignazione che va per la maggiore, ma a noi tutta questa
polemica sulla campagna del Fertility Day appare molto pretestuosa. Va bene, le
immagini di stock usate negli opuscoli non sono
di Cartier-Bresson (le fotografie di stock sono sempre orrende, con
quelle loro scenette in posa e protagonisti mummificati in sorrisini
plasticosi), ma il tema è: dobbiamo per forza scovare un motivo per dire
che la campagna fa schifo o vogliamo capire in che situazione siamo?
Perché il tema è questo: dopo che abbiamo espresso tutta la nostra indignazione
e fatto gli spiritosi su twitter, abbiamo argomenti solidi per contestare il
fatto che, avanti di questo passo e con questa situazione demografica, il
nostro paese diventerà un ospizio (se va bene) o un cimitero (se va male)?
È questo il punto. Ed è una questione che ci riguarda tutti, anche chi passa il tempo a dileggiare l’Italia mammona e “familista”. Se non volete credere a Tempi o a ciò che dice il bravissimo Gian Carlo Blangiardo, almeno fate i conti con quanto pensa James Gorman, amministratore delegato di Morgan Stanley: «Italia, per tornare a crescere devi incentivare chi fa figli»
È questo il punto. Ed è una questione che ci riguarda tutti, anche chi passa il tempo a dileggiare l’Italia mammona e “familista”. Se non volete credere a Tempi o a ciò che dice il bravissimo Gian Carlo Blangiardo, almeno fate i conti con quanto pensa James Gorman, amministratore delegato di Morgan Stanley: «Italia, per tornare a crescere devi incentivare chi fa figli»
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GIOVANI
E ANZIANI. Roberto
Volpi sul Foglio ha già sistemato a
dovere Roberto Saviano e l’ignoranza banalotta degli indignados H24. Almeno
capire i termini della questione aiuterebbe a centrare il problema, o no? Gli
spunti di riflessione non mancano, per chi non sia troppo impegnato a rovistare
nel marginale. Sulla Stampa di
oggi, ad esempio, è intervistato Alessandro Rosina, ordinario di Demografia
all’Università Cattolica di Milano. Oggi in Italia ci sono 1,3 figli per
donna e, dice il professore, «quando il tasso di fecondità scende sotto questo
numero (2,1 figli per donna, ndr) si riduce la forza lavoro e quella che si
affaccia sul mercato è meno preparata, c’è minor innovazione e competitività.
Gli anziani sono più numerosi dei giovani, aumentano le spese sanitarie a cui
bisogna far fronte con un minor gettito proveniente dal mondo produttivo. Il
welfare scricchiola perché il sistema pensionistico deve far fronte a più
pensioni pagate da una base sempre più ristretta di lavoratori».
“LO”
SQUILIBRIO. Questo
non è uno dei tanti problemi del nostro paese, aggiunge il demografo, ma «è
“lo” squilibrio che produce tutti gli altri: sociali, economici,
culturali. Perché noi siamo sotto la soglia di sostituzione dal 1976,
quarant’anni. Siamo il Paese che è in questa situazione da più tempo». Ciò
significa che «la prima generazione dei nati sotto la soglia è oggi arrivata
in età riproduttiva. Significa che rispetto ad altri Paesi in cui il fenomeno è
più recente, noi abbiamo la base delle donne feconde ulteriormente ridotta.
Rischiamo un avvitamento verso il basso al quadrato. Significa che le politiche
in favore della crescita demografica che potevamo mettere in campo vent’anni fa
oggi costerebbero il doppio. Da noi nel 2015 il tasso di fecondità era di 1,35
figli per donna. In Danimarca,
che ha appena lanciato un’imponente campagna in favore della riproduzione, sono
a 1,7. Loro ci stanno pensando per tempo».
LA
NONNA DI CALABRESI. Infine,
un consiglio al ministro Beatrice Lorenzin. Qualche giorno fa, durante un incontro di presentazione del
libro La bellezza disarmata di Julian Carron, il
direttore di Repubblica, Mario Calabresi, ha
detto: «Immaginatevi una riunione di famiglia, una decina d’anni fa. Mia nonna,
sette figli e 21 nipoti, ascolta senza essere vista un dialogo tra due delle
mie cugine trentenni. “Adesso – diceva una di loro – aspetto che mi modifichino
il contratto di lavoro, così poi, con mio marito, riusciamo a cambiare casa e
magari, tra un po’, possiamo immaginare di avere un figlio…”. Mia nonna,
solitamente mite, si arrabbia moltissimo e le invita, se vogliono continuare
con discorsi di quel tenore, a proseguire la conversazione sulle scale. “Ma
perché nonna, cosa abbiamo detto?”. Lei le guarda e poi scandisce: “Se io
avessi ragionato così, i vostri genitori – nati durante la guerra, nelle
condizioni peggiori – non sarebbero mai venuti al mondo e non ci sareste
neppure voi. E oggi questa festa non sarebbe così bella…».
Ecco, signor ministro, abbiamo trovato il nuovo responsabile della comunicazione del ministero. Basta farlo uscire dalla sua redazione e Calabresi diventa un perfetto testimonial del Fertility Day. (TEMPI, 23 settembre 2016)
Ecco, signor ministro, abbiamo trovato il nuovo responsabile della comunicazione del ministero. Basta farlo uscire dalla sua redazione e Calabresi diventa un perfetto testimonial del Fertility Day. (TEMPI, 23 settembre 2016)
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ALLA FIERA
DELL'UTERO IN AFFITTO A BRUXELLES
di Mario Adinolfi
Secondo Victor
Hugo la Grand Place di Bruxelles sarebbe la piazza più bella del mondo e in
effetti non meraviglia che l'Unesco la tuteli come patrimonio dell'umanità dal
1998. In mille anni di storia, però, del mercato mattutino che anima parte di
questo straordinario luogo ancora non era successo di portare in vendita
bambini nascituri e in locazione uteri di donna. Ma il progresso avanza inesorabile
e così l'hotel Hilton della Grand Place si è proposto di ospitare una due
giorni di fiera della maternità surrogata. Venghino signori venghino, ce n'è
per tutti i gusti e le necessità.
Secondo il sito
Men having Babies (traduzione: uomini che possiedono bambini perché li
sottraggono alle mamme partorienti per allevarli nel loro ménage gay) quella di
Bruxelles è "la più esaustiva fiera sulla maternità surrogata dedicata
agli omosessuali". Si tratta della seconda edizione dell'evento dopo quella
del 2015, ma quest'anno pare proprio che per i gay europei sia una mamma, con
tanti opuscoletti delle aziende che vendono servizi per comprare figli negli
Stati Uniti e Canada al modico prezzo oscillante tra centomila e
centocinquantamila euro.
Ci sono panel che
assicurano assistenza per aprire un mutuo, d'altronde se un bambino costa
quanto un appartamento davvero c'è bisogno di "financial assistance".
Poi sono previste micro-conferenze sugli aspetti giuridici riguardanti la
maternità surrogata nei singoli Paesi europei. Tra questi, anche l'Italia. La
durata dell'incontro sul nostro paese dovrebbe essere molto breve: la maternità
surrogata è vietata grazie, arrivederci. Se proprio ci si vuole dilungare si
può citare la legge 40 e ricordando che le sanzioni per tutti coloro che
affittano uteri e anche per quelli che propagandano questa immonda pratica in
Italia vanno dai due anni di carcere al milione di euro di multa. Temo che
invece ci si dilungherà sui trucchi con cui aggirare le nostre leggi. Ci sono
autorevoli testimonial in Parlamento e appena fuori che certamente verranno
citati come case histories.Tra i promotori della fiera della Grand Place c'è
anche l'associazione del partito radicale Certi Diritti.
Ci saranno i
cataloghi, i prezzi, i servizi delle varie aziende che peraltro sono a caccia
di clienti italiani, tra i più pregiati pare. Ho avuto la possibilità di
leggere alcune di queste brochure in anteprima. Un'azienda assicura di avere in
portafoglio cliniche dal Canada alla Lettonia, dalla Georgia all'Ucraina. Prima
domanda: ma in Canada la maternità surrogata commerciale non era vietata? Basta
chiamarli "rimborsi" e si risolve il problema. A chi affitta l'utero
comunque meno di 15.000 euro non si possono dare. Donatrice, espianto
dell'ovulo e cartacce legali inevitabilmente conseguenti scontatissimi vengono
25.700 euro, ma è davvero il prezzo minimo. Poi bisogna fare materialmente
l'inseminazione artificiale e meno di 6.200 euro non si possono spendere. Poi:
per ogni ovocita crioconservato per 12 mesi si mettono in conto 400 euretti, lo
stesso per ogni embrione soprannumerario, 1.100 euro servono invece per
scongelarli in caso di bisogno (succede sempre, mica si fa centro al primo
colpo); altri 300 euro a dose per crioconservare lo sperma, se serve sperma di
donatore 990 a dose, 2.500 euro minimo vanno sotto la voce "cura della
gravidanza". E mica è finita. Per la diagnostica pre-natale si spendono
come minimo 10.300 euro, poi ci sono le spese di viaggio e di soggiorno, infine
un complesso sistema di sostegno legale una volta tornati in patria. Centomila
euro insomma rappresentano il budget minimo per affrontare questo mercimonio
ignobile.
Come si può
comprendere da questo tariffario all'hotel Hilton della Grand Place di
Bruxelles arriveranno coppie gay composte da ricchi. Nelle brochure di invito
si specifico che saranno accolte "anche coppie etero" ma è evidente
che la fiera è rivolta agli omosessuali maschi. E' la fiera dell'utero in
affitto. Ai bei maschioni partecipanti l'Hilton assicura il 40% di sconto sulla
camera d'albergo. La lingua della fiera è l'inglese ma sono assicurati servizi
di interpretariato in francese e in tedesco. Cari gay italiani, in Europa non
contate un piffero. Però le aziende assicurano la disponibilità fin d'ora ad
appuntamenti personalizzati per ogni acquirente di bambino noleggiatore di
utero, per ogni coppia che mette prima il proprio sporco personale bisogno
rispetto al diritto sacrosanto di un neonato ad avere una mamma, per ogni
soggetto che non ha capito che rendendo il bambino e la donna oggetti di una
transazione finanziaria si trasformano le persone in cose e questa visione
antropologica è insieme oscena e pericolosissima, per costoro che non hanno mai
visto rappresentata Filumena Marturano e fanno finta di non sapere che "i
figli non si pagano".
Triste scena
attraverserà la Grand Place, la piazza più bella del mondo secondo Victor Hugo,
da un millennio piazza di mercato e di mercanti, attraversata da violenze e
incendi e conquistatori di ogni razza, ma mai da acquirenti di bambini capaci
di far leva sulla condizione di bisogno di una donna. La violenza insita
nell'utero in affitto è indicibile, in Europa per la quarta volta è stato
respinto il rapporto che voleva legalizzare la maternità surrogata, nella
stragrande maggioranza dei paesi civili questa pratica è vietata e severamente
punita. Chissà se la Grand Place ha mai ospitato la fiera della pena di morte
con i produttori di sedie elettriche e ghigliottine a farla da padroni,
immagino di no e se avessero provato ad ospitarla si sarebbe sollevato il
popolo di Bruxelles come di ogni altra città del mondo. Ma forse non è un caso
che tutto questo mercimonio invece accada in Belgio, la terra dell'eutanasia e
dell'eutanasia pediatrica, la terra del minorenne soppresso pochi giorni fa, la
terra dove ormai le persone sono cose e le cose fallate vengono eliminate
secondo tariffario: iniezione di Pentobarbital, 13 euro. La diagnosi prenatale
dell'embrione impiantato nell'utero affittato ne costa diecimila, ma in caso di
bambino con qualche problema l'esito è lo stesso: aborto, eliminazione della
"cosa fallata". Tout se tient, scriverebbe Victor Hugo che ci regala
anche il titolo per descrivere i partecipanti alla fiera dell'utero in affitto,
che sono miserabili anche se dormono a prezzo scontato del 40% su un comodo
letto dell'Hilton Hotel della Grand Place.
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L'OBBEDIENZA RENDE LIBERI.
INTERVISTA A COSTANZA MIRIANO
In una società come la nostra dove
ognuno, apparentemente, è libero di fare quello che vuole, come si possono
accostare due parole (obbedienza e libertà) che sembrano in contraddizione?
L’obbedienza secondo la Bibbia è l’ascolto. L’uomo tende a
pensare di essere “compiuto” e di non avere bisogno di indicazioni di salvezza
e di redenzione, mentre chi crede in Dio pensa che ascoltare la voce di Dio è
un’occasione di salvezza e di felicità piena. Obbedire, quindi, concretamente
vuol dire ascoltare la voce di Dio e non assecondare le nostre paturnie, il
nostro inconscio, il nostro egoismo. E questo, che a volte è faticoso e
doloroso, alla fine porta a una libertà più piena, alla piena realizzazione
dell’uomo secondo il disegno originario di Dio che ci vuole figli veramente
liberi.
E se parliamo della libertà sessuale?
La libertà venduta a noi donne come libertà sentimentale e
sessuale si è tradotta in solitudine e in dolore. Le donne che accettano di
obbedire alla maternità e all’accoglienza dei figli sono apparentemente private
di libertà ma in realtà poi sono felici, perché sono davvero realizzate.
Cosa significa parlare di obbedienza
nel quotidiano?
Più che una battaglia identitaria e culturale, mi interessa
portare una parola sull’obbedienza nel quotidiano, sul fatto che obbedienza
significa obbedienza alla propria vocazione, alla malattia di un figlio, a una
separazione subita… La battaglia cultura è, purtroppo, persa. Mi interessa
aiutare le persone che faticano a obbedire alla propria realtà. E tutti alla
fine si confrontano con la croce, con la fatica e con la sofferenza. Sui piano
culturale si può litigare per ore, ma vicino a uno che sta in croce è più
facile dire “guarda questa croce ti salva, Dio è vicino”. Il marito che deve
assistere la moglie, la moglie lasciata ma fedele al matrimonio… sono tante le
piccole obbedienze del quotidiano: la spesa, il traffico e tutte quelle rotture
di scatole che vorremmo evitare ma che ci salvano e fanno il nostro bene.
Tendiamo a pensare che se tutto ci andasse bene (soldi, lavoro, salute, amore…)
saremmo felici, invece c’è un’inquietudine in noi che non funziona, c’è un
vuoto, un’assenza, il bisogno di Dio. E Dio, per un mistero che non so
spiegare, lo incontriamo proprio nella fatica e nella croce: è una via per
arrivare a lui. Se impariamo a considerare le fatiche e le piccole avversità
come un’occasione di incontro con lui, allora davvero la giornata cambia. Ogni
contrattempo è un’occasione di incontro. Questo è un messaggio per tutti, anche
per chi crede di non credere, perché tutti alla fine abbiamo nostalgia di Dio.
Hai scritto che la famiglia è
“soprattutto un posto divertente; è l’unico sistema in cui, a differenza del
resto delle situazioni, si fa il tifo perché vinca l’altro”. Perché allora
viene descritta come un luogo triste?
Sono secoli di propaganda nei quali siamo stati invitati a
ribellarci a qualsiasi vincolo e a qualsiasi legame, sottolineando che l’uomo
da solo è compiuto e felice di se stesso. Abbiamo bisogno di una relazione vera
e feconda per essere felici. Questo lo possono confermare tutte quelle persone che
hanno obbedito alla voce del mondo e poi si ritrovano sole.
Cosa hanno sbagliato le comunità nei
corsi prematrimoniali?
Dovremmo essere più capaci di comunicare che l’idea dell’amore
romantico è una grande balla. Cresciamo con l’idea del Principe Azzurro che
arriva e trasforma la vita in qualcosa di gratificante. Ma la realtà è molto
più bella ma è anche molto diversa. Dovremmo essere capaci di comunicare la
bellezza di un amore vero, di un amore fatto di impegno; dobbiamo accettare
l’idea che l’altro possa deluderci come noi possiamo deludere l’altro. In ogni
famiglia ci sono dei momenti di fatica nei quali non si parla la stessa lingua.
Dovremmo comunicare non tanto la bellezza (noi cristiani siamo famosi perché
diciamo che la famiglia è bella, giusta e buona) ma dovremmo imparare a dire
che la famiglia è anche fatica ma che non ci si deve preoccupare: dietro la
fatica si nasconde un’enorme bellezza. Si impara veramente ad amare. Bisogna
recuperare l’orgoglio della missione di essere cristiani e di proporre un
modello che funziona; il cuore dell’uomo è fatto per questo amore “per sempre”.
Il card. Biffi scrisse che “chi sta
col Vangelo senza sconti e senza attenuazioni, e perciò parla di distacco dai
beni, di valore della castità, di amore disinteressato, di matrimonio
indissolubile, di assoluta onestà negli affari, di perdono dei nemici, di
sofferenza accettata dalle mani di Dio, costui apparirà necessariamente al
mondo di oggi come un personaggio strano, sprovveduto, pazzo… Dovremo tenerlo
presente, quando ci sentiremo suggerire che bisogna adattare la religione agli
usi e costumi dell’uomo di oggi; si tratta piuttosto di trovare all’uomo di
oggi una testa che vada bene per il messaggio di Cristo” (da Stilli come
rugiada il mio dire. Omelie per le Domeniche del Tempo Ordinario. Anno B,
Bologna 2015, pp. 79-80)
Noi cristiani siamo ormai un isolotto piccolo sull’Oceano. Vedo
che le persone lontane a volte non capiscono neppure l’abc… Nei giorni scorsi
in televisione il ministro Giannini prima è stata contestata sulla buona
scuola, poi ha strappato molti applausi parlando di omofobia e di bullismo
davanti a un genitore che aveva sollevato il tema dell’educazione sessuale in
classe. C’è un consenso generale su questi temi e una lontananza impressionante
dalle posizioni cristiane. La richiesta di quel genitore era sacrosanta: non
imponete una visione, ma lasciateci liberi. Ormai alcune parole chiave del
progressismo sono talmente radicate che quasi non ce ne rendiamo conto.
In nome delle libertà individuali spesso
si calpesta chi ha un pensiero differente...
La battaglia finale è sulla libertà dell’individuo ma è tanto
irragionevole e aggressiva da schiacciare la libertà di chi non la pensa allo
stesso modo. La legge sull’omofobia, ad esempio, vuole eliminare la nostra
libertà di pensare diversamente i temi dell’omosessualità e delle unioni
civili. Aspettiamo le linee guida, ma se dovesse essere veramente imposta per
legge l’educazione sessuale nelle scuole senza il consenso dei genitori si
starebbe andando contro la libertà educativa.
La campagna di prevenzione sulla
fertilità non è stata accolta bene….
C’erano alcuni temi e toni della campagna che potevano essere
migliorati, in particolare la foto sul preservativo non mi sembra il modo di
promuovere la fertilità. Mi è sembrata, comunque, una campagna ragionevole.
Tante mie coetanee si sono ritrovate fuori dall’età fertile senza avere preso
coscienza della presenza di un’età fertile. Siamo cresciuti con l’idea di
difenderci dalla possibilità di avere figli. C’è un’età in cui le donne hanno
la possibilità di fare dei figli. Questa mi sembrava, laicamente, una premessa
molto intelligente. Il Ministero non diceva che chi sceglie di non avere figli
sbaglia, diceva “sappiate che potete averli solo in una certa fase della vita”.
Alla mia generazione nessuno ha mai detto questo…. Quando sono rimasta incinta
a 27 anni, il medico mi ha detto: “Facciamo una prima visita e poi una entro i
tre mesi perché poi deve decidere…”. Ma decidere cosa? Questa è la mentalità
che ha vinto. (http://lavocedelpopolo.it/)
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ERASMUS OMOLOGATORE
"(...) Un indicatore di questa ricerca di consenso è
il tentativo di esaltazione mediatica della cosiddetta Generazione Erasmus: una
folla di spaesati e sradicati 'studenti internazionali', dal tasso di ignoranza
individuale spesso spaventoso, che mai come oggi sono stati oggetto di
santificazione da parte dei mezzi di informazione. L'operazione è basata sulla
celebrazione degli studenti Erasmus come una sorta di 'avanguardia' di un
programma politico transnationale, fondato sul dominio della speculazione
finanziaria senza frontiere e sulla filosofia del progresso capitalistico
illimitato della Storia. A ben guardare, Generazione Erasmus è quindi un
progetto di ingegneria sociale. Lo dimostrano le parole di alcuni maître à
penser del liberalismo odierno, come Daniel Cohn-Bendit e Umberto Eco. Furono
infatti costoro a teorizzare una 'società dell'Erasmus' finalizzata allo
scioglimento di un'identità collettiva dei popoli europei (identità nazionale,
religiosa, di classe, persino di genere) nel magma volutamente confusionario
post nazionale e postideologico di 'Cosmopolis' (...)". (Paolo Borgognone,
La Verità 23 SETTEMBRE 2016).
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