DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

HUMMES: LE COMUNITA' INDIGENE CHIEDONO L'ORDINAZIONE DI UOMINI SPOSATI

Senza mettere in discussione il celibato, le popolazioni indigene hanno chiesto che in Amazzonia «si apra la strada all’ordinazione sacerdotale degli uomini sposati residenti nelle comunità» e si individui «un ministero adatto alle donne dirigenti di comunità». Lo ha detto il cardinale Claudio Hummes, relatore generale del Sinodo per l’Amazzonia, in un passaggio della sua introduzione. In apertura della prima mattinata di lavori assembleari il porporato brasiliano ha passato in rassegna i molti temi al centro del Sinodo aperto dal Papa ieri a San Pietro (6-27 ottobre), denunciando gli interessi economici e politici che sfruttano l’Amazzonia ed invitando la Chiesa a farsi prossima della regione fedele non già al «tradizionalismo» ma alla tradizione, che è «la storia viva della Chiesa».
«Fin dall’inizio del suo ministero papale, Francesco ha sottolineato la necessità della Chiesa di camminare», ha detto Hummes, arcivescovo emerito di San Paolo, prefetto emerito della congregazione vaticana del Clero e presidente della Rete Ecclesiale panamazzonica (Repam) nel suo discorso in portoghese. «Essa non può rimanere ferma in casa, occupandosi solo di sé stessa, racchiusa dentro mura protette. E ancor meno guardando indietro con la nostalgia dei tempi passati», ha detto il cardinale, che, riprendendo il titolo dell’assemblea, “Amazzonia: Nuovi Cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”, ha sottolineato che «il camminare rende la Chiesa fedele alla vera tradizione. Non il tradizionalismo che rimane legato al passato, ma la vera tradizione che è la storia viva della Chiesa, in cui ogni generazione, accogliendo ciò che le è stato dato dalle generazioni precedenti, come la comprensione e l’esperienza della fede in Gesù Cristo, arricchisce la tradizione stessa con la propria esperienza e comprensione della fede in Gesù Cristo nei tempi attuali».
In un discorso ampiamente dedicato alla questione ecologica e sociale dell’Amazzonia, il cardinale Hummes ha sottolineato che c’è anche una questione sacramentale, ossia la «carenza di presbiteri al servizio delle comunità locali sul territorio, con la conseguente mancanza della Eucaristia, almeno domenicale, e di altri sacramenti. Mancano anche preti incaricati, questo significa una pastorale fatta di visite sporadiche anziché di un’adeguata pastorale con presenza quotidiana. Ebbene, la Chiesa vive dell’Eucaristia e l’Eucaristia edifica la Chiesa (San Giovanni Paolo II). La partecipazione nella celebrazione dell’Eucaristia, almeno la domenica, è fondamentale per lo sviluppo progressivo e pieno delle comunità cristiane e per la vera esperienza della Parola di Dio nella vita delle persone. Sarà necessario definire nuovi cammini per il futuro. Nella fase di ascolto, le comunità indigene hanno chiesto che, pur confermando il grande valore del carisma del celibato nella Chiesa – questo non si tocca – di fronte all’impellente necessità della maggior parte delle comunità cattoliche in Amazzonia», ha detto Hummes, «si apra la strada all'ordinazione sacerdotale degli uomini sposati residenti nelle comunità. Al tempo stesso, di fronte al gran numero di donne che oggi dirigono le comunità in Amazzonia, si riconosca questo servizio e si cerchi di consolidarlo con un ministero adatto alle donne dirigenti di comunità».
Il cardinale brasiliano, che al Conclave del 2013 sedeva accanto all’allora arcivescovo di Buenos Aires e – lo ha raccontato lo stesso Jorge Mario Bergoglio – suggerì al nuovo Papa, al momento dell’elezione, di non dimenticare i poveri, suggestione all’origine della scelta del nome Francesco - ha ricordato diversi interventi che sin dall’inizio il Pontefice argentino ha dedicato all’Amazzonia, fin da quando, alla Giornata Mondiale della gioventù di Rio de Janeiro (2013), parlò di «consolidare il volto amazzonico della Chiesa» e «di formare un clero autoctono», sollecitando i vescovi ad «essere coraggiosi, intrepidi». Hummes ha citato poi l’enciclica del Papa Laudato si’ e il discorso tenuto quando a gennaio del 2018 a Puerto Maldonado, in Perù, ha simbolicamente aperto il Sinodo che entra ora nel vivo.
«La missione della Chiesa oggi in Amazzonia è il nodo centrale del sinodo», ha spiegato Hummes. «È un Sinodo della Chiesa per la Chiesa. Non una Chiesa chiusa su se stessa, ma integrata nella storia e nella realtà del territorio – in questo caso, dell’Amazzonia – attenta al grido di aiuto e alle aspirazioni della popolazione e della “casa comune”, aperta al dialogo, soprattutto al dialogo interreligioso e interculturale, accogliente e desiderosa di condividere un cammino sinodale con le altre chiese, religioni, scienza, governi, istituzioni, popoli, comunità e persone, rispettando le differenze, con l’intento di difendere e promuovere la vita delle popolazioni dell’area, soprattutto dei popoli originari e preservare la biodiversità del territorio nella regione amazzonica». Una Chiesa, ancora, «aggiornata, “semper reformanda”, secondo l’Evangelii Gaudium, ossia, una Chiesa in uscita, missionaria, con l’annuncio esplicito di Gesù Cristo, dialogante e accogliente, che cammina accanto alla gente e alle comunità, misericordiosa, povera, per i poveri, e con i poveri, e dunque con una opzione preferenziale per i poveri, inculturata, interculturale e sempre più sinodale». E infine «una Chiesa di dimensione mariana, alimentata con la devozione per Maria Santissima, secondo molti titoli locali, soprattutto quello di Maria de Nazaré, la cui festa a Belém do Pará riunisce ogni anno milioni di devoti e di pellegrini».
In merito alla «ecologia integrale», Hummes ha passato in rassegna diverse questioni: «Secondo il processo di ascolto sinodale della popolazione, la minaccia alla vita in Amazzonia deriva da interessi economici e politici dei settori dominanti della società odierna, in particolare delle imprese che estraggono in modo predatorio e irresponsabile [legalmente o illegalmente] le ricchezze del sottosuolo e alterano la biodiversità, spesso in connivenza, o con la permissività dei governi locali e nazionali e a volte anche con il consenso di qualche autorità indigena», ha detto Hummes. «L’ecologia integrale ci palesa che tutto è collegato, gli esseri umani e la natura. Tutti gli esseri viventi del pianeta sono figli della terra». Il Sinodo, inoltre, «si svolge in un contesto di grave e urgente crisi climatica ed ecologica che coinvolge tutto il nostro pianeta». Ancora, «l’enorme realtà urbana dell’Amazzonia, in parte conseguenza delle migrazioni interne, e la presenza della Chiesa nelle città è un altro tema centrale di questo sinodo, perché anche la Chiesa, nella città, deve sviluppare e consolidare il suo volto amazzonico». Non da ultimo, la questione dell’acqua: «La scarsità di acqua potabile e sicura è una minaccia crescente in tutto il pianeta» e «l’Amazzonia è una delle più voluminose riserve di acqua dolce nel pianeta».
La Chiesa, che in passato ha mostrato «luci e ombre – sicuramente più luci che ombre», e che conta, ha visto, accanto ai missionari, «leader laici e indigeni che hanno dato una testimonianza eroica e che spesso sono stati – e lo sono tuttora – uccisi», evangelizza inculturando la fede: «Il compito dell’inculturazione e dell’interculturalità si svolge soprattutto nella liturgia, nel dialogo interreligioso ed ecumenico, nella pietà popolare, nella catechesi, nella convivenza dialogale quotidiana, con le popolazioni autoctone, nelle opere sociali e caritatevoli, nella vita consacrata, nella pastorale urbana», ha detto il cardinale, che ha concluso con un invito: «Non lasciamoci sopraffare dall’autoreferenzialità, ma dalla misericordia davanti al grido dei poveri e della terra. Sarà necessario pregare molto, meditare e discernere una pratica concreta di comunione ecclesiale e di spirito sinodale. Questo sinodo è come un tavolo che Dio ha imbandito per i suoi poveri e ci chiede di servire a quel tavolo».

La Stampa 7 ottobre 2019