Rodolfo Casadei
Padre Giovanni Andena ha 88 anni, 58 dei quali trascorsi in Amazzonia come missionario del
Pontificio istituto missioni estere (Pime) di Milano […]non ha e non ha
mai avuto un telefono cellulare o un computer portatile. «Mentre quando
ho lasciato Parintins (città dell’Amazzonia brasiliana che conta 100
mila abitanti, ndr) nel 2016 tutti gli indios e i meticci che incontravo
avevano il cellulare e ci guardavano i film», racconta seduto su un
sofà della Casa di cura per missionari del Pime a Lecco.
Basterebbe
questo aneddoto per spalmare una patina di scetticismo su tante pagine
dell’Instrumentum laboris del Sinodo per l’Amazzonia (il documento di
lavoro dell’assemblea sinodale di ottobre) dove si tessono le lodi
dell’ecocompatibile vita indigena primitiva, proposta come esempio di
rapporto sano con l’ambiente, e si celebra la sua «cosmovisione» fatta
di relazioni dirette con gli spiriti degli animali e delle piante e di
riti rivolti alla Madre Terra. Molto più spesso, il rito quotidiano
degli indios e dei maggioritari caboclos (il nome locale dei meticci,
incrocio di bianchi e indios) è quello di trascorrere alcune ore seduti
davanti a una tv che trasmette una telenovela.
[…]
Padre Andena
scuote la testa: «Gli indios puri non esistono più. Vengono in città e
hanno già con sé le loro apparecchiature elettroniche, vendono i loro
prodotti e versano il ricavato nel conto corrente bancario a loro
intestato, hanno l’abbonamento a SkyBrasil per vedere i film e le
telenovelas. Vogliono liberarsi della povertà, dire che devono rimanere
come sono, anzi come erano, è una sciocchezza».
I vecchi missionari come padre Giovanni sono criticati da un certo
numero di vescovi e teologi brasiliani o europei trapiantati in Brasile
che li accusano di aver trascurato le culture locali e di essere gli
eredi di un’ecclesiologia datata ed eurocentrica. Accuse in gran parte
smentite dai fatti. A promuovere per primi la giustizia sociale e a
creare le famose comunità cristiane di base nell’Amazzonia brasiliana
sono stati proprio i missionari italiani degli anni Cinquanta e
successivi. Racconta Andena, originario del lodigiano: «Quando siamo
arrivati noi, i caboclos erano sfruttati in maniera inverosimile:
barattavano il guaranà (un frutto da cui si ricava una bevanda
eccitante, ndr) e la iuta con prodotti forniti a loro dai dai grandi
fazendeiros […] Noi abbiamo creato la prima cooperativa di produttori di
guaranà di tutta l’Amazzonia […] All’iniziativa dei missionari italiani
è dovuto il primo ospedale e il sanatorio per i malati di Tbc a
Parintins, la prima scuola media superiore a Maués, la seconda cittadina
della diocesi (oggi ha 55 mila abitanti) che si trova a 12 ore di
battello da Parintins, la prima fornace per i mattoni e altro ancora.
Fino a Manaus, che dista 500 chilometri di fiume, non si trovano altre
strutture del genere.
[…]
Anche l’idea che serpeggia per tutto
il documento, quella secondo cui sotto l’aspetto religioso gli indios
sono autosufficienti e la Chiesa cattolica deve limitarsi a difenderli
politicamente e a fare la guardia forestale dell’Amazzonia, non convince
per niente padre Mauro: «Gli indios hanno la consapevolezza della
Caduta, esprimono nostalgia per la “terra senza male”, in cui abitavano e
da cui sono stati cacciati. E che cos’è, questa ricerca della terra sem
males, se non la attuale condizione umana dopo del peccato originale? E
che cristiani siamo se non offriamo Gesù Cristo come risposta alla loro
ricerca?»
[…]
Conclude padre Mauro: «La Chiesa in Amazzonia non
ha bisogno di creare nuovi ministeri, ma di riconoscere quello che è
stato fatto e rafforzarlo. […] In Amazzonia come in tutto il Brasile il
sentimento religioso è fortissimo, è qualcosa che viene prima
dell’appartenenza alle varie denominazioni cristiane. E si esprime nel
culto e nelle feste dei santi patroni, nelle grandi città come nelle
comunità più sperdute. Ma è una religiosità che si intreccia con un modo
di vivere naturalistico, istintivo, egoista. L’evangelizzazione non
consiste nell’aggiustare, insegnando nuove regole morali, il modo di
vita mondano, ma nel proporre una cosa diversa rispetto alle logiche del
mondo, un’altra vita. Che si vede nei dettagli: l’uomo che smette di
essere un ubriacone libertino e porta fuori l’immondizia o lava i
piatti, passa il tempo con i suoi figli, ha stima di sua moglie; le
donne che smettono di andare in caccia di un “altro” marito o
(principale occupazione) spettegolare con le altre donne; la loro casa
pulita e accogliente, mentre quella dei vicini, che pure sono poveri
come loro, è lurida e disordinata».
da Tempi di settembre