Tratto da Il Giornale del 26 novembre 2009
Si continua a discutere in Italia della bocciatura di D'Alema alla carica di ministro degli Esteri europeo con chiacchiere prive di qualsiasi valore.
Ci si accapiglia intorno alle parole altrettanto vacue di Martin Schulz, capogruppo del Pse, il quale si diverte a prendere in giro tutti affermando che è stato Berlusconi a non sostenere in Europa la candidatura di D'Alema e insinuando, quindi, che il capo del governo italiano l'ha presentata al solo scopo di procurargli una magra figura. Purtroppo gli Italiani sono tenuti talmente all'oscuro della situazione politica dell'Europa che trovano del tutto convincente questa ridicola polemica, tanto più che i politici e i giornalisti si sono allenati ormai a fornire le informazioni sugli avvenimenti europei in modo da non far capire ai cittadini che l'osannata meta finale è l'abolizione degli Stati nazionali.
Il sistema con il quale si è riusciti fino a oggi a lasciare nei cittadini l'illusione di possedere ancora una patria è proprio quello che abbiamo visto in questi giorni per il caso D'Alema. Si accumulano i particolari riguardanti la situazione di una singola nazione, come se fosse quello il punto di vista valido per valutare gli avvenimenti, mentre viceversa l'unico punto di vista valido è quello che si sono prefissati i quattro o cinque governanti, dei quali è difficile elencare con sicurezza i nomi, che guidano a tavolino la costruzione del Superstato europeo.
Il fatto che tutti gli Stati abbiano adottato, dopo un lungo e tortuoso percorso, il trattato di Lisbona, ossia una Costituzione comune che ha sancito definitivamente la morte delle singole Nazioni, è un traguardo che nessun politico vuole più rimettere in discussione. È facile capire che gli Stati hanno messo fine alla propria esistenza nel momento stesso in cui hanno rinunciato a gestire la politica estera, passata con il trattato nelle mani dei pochi potenti che prendono le decisioni per tutta l'area euroamericana. C'era ancora, però, un ultimo ostacolo: l'eventualità di un referendum di ratifica, promesso ai cittadini inglesi prima da Blair poi da Brown, e mai svolto fino a oggi dato che il risultato negativo era più che certo. È questo il motivo per il quale una delle due cariche più importanti doveva per forza essere assegnata agli Inglesi, in modo da superare di fatto così qualsiasi dubbio sull'accettazione del Trattato e permettere a Brown di non mantenere la promessa. Questa situazione era ben nota per cui qualsiasi candidatura, italiana o no, D'Alema o no, non aveva già in partenza nessuna chance.
Ci si potrebbe chiedere, però, come mai l'esperto politico D'Alema sia caduto nella trappola. È questa la parte più significativa, e al tempo stesso più temibile, della «rappresentazione» che si svolge sul palcoscenico d'Europa. C'è, anche fra i politici, chi non ha capito che l'unificazione europea è un disegno di lunga durata a tre facce: la prima è quella segreta, che ha progettato e che guida le altre due anche senza che gli attori ne siano consapevoli; la seconda è quella reale, che lavora alla dissoluzione dell'entità sia politica sia culturale dell'Europa; e infine la terza, che serve a nascondere e a proteggere le altre due, e che si svolge con il sistema della fiction a puntate. Ogni puntata pone le basi delle successive e gli attori si adeguano al ruolo che il pubblico si attende. La «rappresentazione» è obbligata.
Avviene più o meno la stessa cosa a quasi tutti i politici che si muovono sul palcoscenico europeo. Credono di essere «parlamentari», rappresentanti del proprio Stato e del proprio partito, e talmente abbacinati dalla finzione non si accorgono neppure del fatto che non può esistere, se non appunto nella finzione, un solo grande Popolo e un solo grande Stato in cui si parlano 27 lingue diverse, o meglio, tutti adottano la lingua tacitamente imposta dall'Impero: l'inglese. A impedire che qualcuno potesse avere un soprassalto di realismo è stata veicolata un'altra astutissima finzione: un'Europa quasi da burla, in cui le decisioni vengono prese da burocrati un po' scemi o un po' matti, gente che si trastulla con le misure delle banane e delle zucchine, mentre si lascia credere che in realtà gli unici che contino continuino a essere gli Stati nazionali.
Per questo, dunque, sono stati scelti due «signor nessuno» alle cariche più importanti: devono salvaguardare la seconda e la terza faccia del disegno europeo (la prima non ne ha bisogno: continua a non essere vista). Il ministro degli Esteri inglese serve a salvaguardare la seconda faccia impedendo il referendum e la terza perché appunto non essendo nessuno, rappresenterà un'Europa inesistente. Il presidente d'Europa belga serve alla seconda e alla terza faccia europea perché eletto a quella carica in pratica come controfigura della Germania, e al tempo stesso sicura prova che il grande Superstato europeo è una finzione.