DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

E Stalin decimò i kazachi

In Asia centrale la «grande carestia» fu più massiccia che in Ucraina: le scoperte d’archivio dello storico Niccolò Pianciola • «Dal 1931 al '33 l'azione di Mosca per controllare il grano nelle steppe causò un milione e mezzo di morti tra i contadini, un terzo della popolazione di quel tempo»
di Antonio Giuliano
Tratto da Avvenire del 26 novembre 2009

Che l’Asia centrale fosse una regione strategica se ne accorsero già i grandi conquistatori del passato, da Alessandro Magno a Gengis Khan. E tuttavia per quest’area geografica non c’è mai stata pace.

Sebbene oggi le riserve petrolifere e di gas naturali facciano gola alle potenze mondiali, Paesi come il Kazakistan o l’Uzbekistan scontano tuttora, come pochi altri, le conseguenze del comunismo sovietico.

Dopo anni di ricerche ne­gli archivi ex sovietici, Niccolò Pianciola, docen­te di Storia dell’Europa o­rientale all’Università di Trento, ha ricostruito il mosaico di orrori perpe­trato da Stalin e compagni nei territori centroasiatici e l’ha illustrato nel docu­mentato volume Stalini­smo di frontiera. Coloniz­zazione agricola, stermi­nio dei nomadi e costru­zione statale in Asia cen­trale (Viella, pp. 548, euro 40).

Professor Pianciola, per­ché i kazachi soffrirono più di ogni altra popola­zione sovietica la «rivolu­zione dall’alto stalinia­na»?
«Nel biennio 1931-33, quasi 1 milione e mezzo di kazachi (di cui circa tre quarti erano pastori e un quarto agricoltori) mori­rono durante la grande carestia. Furono vittima della guerra dello stato sovietico contro i contadi­ni per il controllo del gra­no: i kazachi subirono le requisizioni di grano e di­vennero l’ultima grande riserva di bestiame del­l’Urss. Il prelevamento di bestiame nel 1931 privò i pastori della loro più im­portante fonte di sussi­stenza, e la morte di mas­sa iniziò nell’autunno di quell’anno».

Non furono gli ucraini a patire l’esperienza più tragica con l’«Holodo­mor», (l’uccisione per fa­me, ndr)?
«Nella carestia morirono un terzo dei kazachi e un quinto degli ucraini. An­che se l’Holodomor ucrai­no uccise più persone, circa 3, 3 milioni di indivi­dui. Però in Ucraina, che co­stituiva il granaio sovieti­co, la carestia non fu orga­nizzata dallo Stato. Fu l’imprevista conseguenza delle politiche di Stalin.
Solo dall’autunno del 1932, la carestia divenne un’arma per costringere i contadini al lavoro nelle fattorie collettive e alla consegna del grano. In Kazakistan, nel periodo 1928-1933, l’attacco alla società rurale rese i so­pravvissuti totalmente di- pendenti dallo Stato e sancì la definitiva integra­zione dei kazachi alle isti­tuzioni sovietiche».

Ma il colonialismo zarista non fu altrettanto repres­sivo in Asia centrale?
«Il regime zarista fu infini­tamente meno ag­gressivo di quello sovietico nel pro­muovere trasfor­mazioni economi­che e culturali. Era un colonialismo che aveva lasciato in buona parte in­tatto il sistema so­ciale e, identifi­cando i locali nella categoria giuridica degli 'allogeni', li separa­va dagli altri sudditi del­l’Impero (per la fiscalità o per gli obblighi militari, ad es.). Il sistema sovieti­co era invece 2inclusivo': le diverse popolazioni do­vevano essere acculturate ai valori bolscevichi e questo significava la mes­sa fuori legge di pratiche sociali e culturali radicate, tra cui quelle religiose».

Oggi invece, sul piano re­ligioso, il fondamentali­smo islamico è una mi­naccia per queste aree?
«L’ateismo di stato, e più ancora singoli provvedi­menti repressivi come lo sterminio di due genera­zioni di dotti islamici nel 1937-38, hanno causato l’interruzione per molti anni degli stretti rapporti che univano l’area cen­troasiatica alle restanti re­gioni del mondo musul­mano. Tuttavia, la diffu­sione di ideologie e grup­pi di impronta fondamentalista non è stata molto significativa negli ultimi vent’anni in Asia Centrale, an­che per il successo delle politiche re­pressive dei gover­ni. Solo in Tajiki­stan è presente un partito legale che si rifà a un ideolo­gia islamista. Del resto, l’Urss ha avuto successo nel secolarizzare le popo­lazioni».

Come mai la caduta del Muro di Berlino sembra non sia stata avvertita da queste parti?
«Molto è cambiato, anche se c’è stata una forte con­tinuità della classe politi­ca. Islam Karimov e Nur­sultan Nazarbaev, attuali presidenti rispettivamen­te dell’Uzbekistan e del Kazakistan, erano già al potere nelle loro repub­bliche sovietiche prima del 1991. Petrolio e gas costituiscono una ric­chezza enorme per i go­verni di questi Stati che sfruttano queste risorse per consolidare un solido sistema clientelare. Dopo la catastrofe demografica, le conseguenze maggiori dello stalinismo sono sta­te di tipo culturale, con la perpetuazione di modelli autoritari di gestione del potere. Senza dimenticare le deportare di intere po­polazioni e le trasforma­zioni del sistema produt­tivo. La storia di quest’area è anco­ra poco conosciu­ta, ma è di grande interesse perché riguarda i totalita­rismi europei e il colonialismo, il comunismo e le società islamiche.
Senza lo studio dell’esperienza so­vietica in questi territori, non si può capire il pre­sente dell’Asia Centrale».