Ha fatto il giro del mondo il caso, in Belgio, di Rom Houben, l’uomo considerato per 23 anni in stato vegetativo permanente e che invece, si è scoperto, era quasi completamente cosciente. “Questa vicenda deve servire a non usare più il termine “permanente”, dobbiamo invece parlare di “sindrome persistente nel tempo” da valutare volta per volta”, così commenta Fulvio De Nigris, direttore della Casa dei Risvegli “Luca De Nigris” di Bologna. Giuseppe Petrocelli lo ha intervistato.
R. – L’errore diagnostico su questi casi è molto evidente, oltrepassa anche il 40 per cento dei casi. Quindi, nulla di più facile che questa persona fosse stata dichiarata in stato vegetativo e probabilmente non si trovasse in questo stato. Per noi non è una novità, nel senso che rafforza la nostra convinzione, e la speranza che i familiari hanno, che qualcosa possa accadere.
D. – Questo caso apre una frontiera culturale: vengono messe in crisi le certezze...
R. – Lo stato vegetativo è una persona gravemente cerebrolesa, ma è una persona che, come tale, va accolta, ha un problema che va condiviso e alla quale bisogna riservare un ruolo in questa società. Questo forse è l’aspetto più difficile: guardare a queste persone con gli occhi della sensibilità, della socievolezza e della democrazia. Questa è una cosa ancora un po’ in là da raggiungere, ma penso che noi ce la faremo.
D. – In che senso?
R. – Nel senso che oggi noi dobbiamo anche capire che il coma va comunicato con grande serietà e grande approfondimento. Si fa molta confusione tra coma, stato vegetativo. L’uso delle parole, invece, è molto importante, per far capire anche, in questo caso ai familiari, che si sta parlando proprio del proprio caro e non di un’altra persona.
D. – Ci spieghi le differenze dei vari stati...
R. – Il coma dura poche settimane: è uno stato in cui non c’è relazione con l’ambiente e non c’è nessun tipo di sollecitazione con l’esterno. Poi, dopo poche settimane si aprono gli occhi e lì si va in uno stato cosiddetto vegetativo, che oggi può essere persistente. Si tende a non usare più la parola permanente, anche perché molti familiari hanno potuto constatare loro stessi che questo è uno stato che si modifica nel tempo, ma è uno stato che può essere transitorio o può durare a lungo nel tempo e portarsi dietro anche delle gravi o gravissime disabilità.
D. – Questo caso apre anche una frontiera a livello di mezzi clinici, di progresso scientifico. Quali mezzi si possono mettere in campo?
R. – Oggi abbiamo la possibilità di poter analizzare attraverso sofisticate risonanze magnetiche quelle che sono le percezioni di queste persone. Abbiamo anche la capacità di poter sperimentare protocolli con la luce, piuttosto che con il monitoraggio di queste persone. Bisogna sicuramente osservare molto.
Radio Vaticana