Si è concluso ieri a Valdocco con il rettor maggiore Chavez Villanueva l'anno giubilare per il 150° della congregazione. • Il mandato: «Guardare al fondatore, tornare ai giovani»
di Federica Bello
Tratto da Avvenire del 20 dicembre 2009
Due sfide per tutti i giovani del mondo. È il frutto di un anno giubilare che la Famiglia salesiana ha concluso solennemente ieri mattina a Valdocco, culla dell’opera di san Giovanni Bosco, con un incontro col rettor maggiore don Pascual Chavez Villanueva. Un confronto con oltre novecento membri della Famiglia, in continuità con la solenne concelebrazione presieduta venerdì sera dallo stesso Chavez a Maria Ausiliatrice per il rinnovo delle promesse dei Salesiani a 150 anni esatti dalla fondazione della Congregazione. Aperto il 31 gennaio scorso, festa liturgica del santo, l’anno dedicato al 150° anniversario della congregazione ha visto in tutto il mondo il susseguirsi di iniziative per riflettere sul carisma del fondatore. «Abbiamo vissuto – ha spiegato il rettor maggiore – tanti appuntamenti: l’apertura dell’anno giubilare nella Basilica di Maria Ausiliatrice, la partenza il 25 aprile da Valdocco dell’urna con la reliquia di don Bosco che toccherà i 130 Paesi in cui i salesiani sono presenti, la 140 ª spedizione missionaria ed ora la conclusione ancora qui a Maria Ausiliatrice con il rinnovo delle promesse di salesiani e cooperatori. Non è stato però soltanto un suc- cedersi di date: è stata soprattutto un’occasione per ripartire da don Bosco».
Ecco allora le due sfide lanciate alla Famiglia salesiana: «Tornare a don Bosco» e «tornare ai giovani». Giovani protagonisti dell’azione educativa, del sistema preventivo, ma anche «giovani» desiderosi di seguire la vocazione del fondatore. «Abbiamo vissuto un autentico anno di grazia – ha ricordato don Chavez nella celebrazione del rinnovo delle promesse dei sacerdoti –, un giubileo in cui abbiamo ripercorso un cammino di rinnovamento spirituale attraverso la riscoperta del valore inestimabile della nostra consacrazione, convinti che la Congregazione avrà un futuro fecondo a condizione che ci siano giovani che continuino a consegnare completamente la loro vita a Dio, perché sia Egli a investirla nella salvezza dei giovani. Abbiamo una meravigliosa storia di 150 anni da raccontare, ma anche una bella storia ancora da scrivere, e per farlo non c’è altra strada che partire dai giovani, credere alla loro capacità di scelte generose».
Ed ecco la prima sfida: un «tornare a don Bosco» che si traduce in un rinnovato impegno ad evangelizzare, a coltivare la familiarità con Dio, ad imitare don Bosco, invocarlo e farlo conoscere «riscoprendo le sue ispirazioni trainanti, le sue motivazioni più profonde, le sue convinzioni irrinunciabili, facendo nostra la sua passione apostolica che scaturisce dal cuore di Cristo». Da don Bosco per tornare ai giovani «con un amore universale – ha ribadito – che non esclude nessuno, ma non privilegia tutti, se non i più 'poveri, bisognosi, pericolanti'. Si tratta di andare incontro a loro, ai loro bisogni, alle loro aspirazioni, incontrarli con gioia nella loro vita quotidiana, attenti ai loro appelli, disposti a conoscere il loro mondo, a risvegliare il loro senso di Dio». E ancora un forte richiamo al sistema preventivo, ad essere attenti ai nuovi contesti socioculturali, ai segni dei tempi, al rischio della secolarizzazione. Rinnovato impegno dunque, ma anche gioia che la Famiglia salesiana ha voluto esprimere oltre che con la preghiera, con la musica con un concerto ieri pomeriggio al Lingotto intitolato «Gratias agimus tibi, Don Bosco tra memoria e profezia». E ancora oggi un ultimo appuntamento per concludere il giubileo sottolineando la bellezza della vocazione salesiana: la visita del rettor maggiore alla Cappella di Sant’Anna a Caselle Torinese dove nel 1860 fu ordinato sacerdote il beato Michle Rua, primo successore di Don Bosco.