La morte del cardinale Peter Seiichi Shirayanagi
(©L'Osservatore Romano - 31 dicembre 2009)Il cardinale ottantunenne giapponese Peter Seiichi Shirayanagi, arcivescovo emerito di Tokyo, è morto alle 6.45 di mercoledì 30 dicembre nella casa per sacerdoti anziani "Loyola House" della capitale giapponese, dove si era trasferito una settimana prima. Le sue condizioni di salute si erano aggravate per un attacco cardiaco il 3 agosto scorso.
Il compianto porporato era nato a Hachioji, nell'arcidiocesi di Tokyo, il 17 giugno 1928 ed era stato ordinato sacerdote il 21 dicembre 1954. Eletto alla chiesa titolare di Atenia il 15 marzo 1966 e nominato vescovo ausiliare di Tokyo, aveva ricevuto l'ordinazione episcopale l'8 maggio dello stesso anno. Il 15 novembre 1969 venne promosso alla chiesa titolare pro illa vice arcivescovile di Castro di Puglia e nominato coadiutore dell'arcivescovo di Tokyo, cardinale Peter Tatsuo Doi, al quale successe il 21 febbraio 1970.
Nel concistoro del 26 novembre 1994 Giovanni Paolo II lo creò cardinale del titolo di Santa Emerenziana a Tor Fiorenza. Rinunciò al governo pastorale dell'arcidiocesi di Tokyo il 17 febbraio 2000.
Le esequie saranno celebrate alle ore 11 di martedì 5 gennaio 2010, nella cattedrale di Santa Maria, precedute la vigilia serale da una veglia funebre. La salma verrà cremata secondo il costume giapponese.
Per trent'anni arcivescovo di Tokyo, dopo esserne stato ausiliare e coadiutore, Peter Seiichi Shirayanagi era l'unico cardinale giapponese. Nel 2005 aveva partecipato al conclave che elesse Benedetto XVI. Con la sua morte i porporati asiatici restano diciotto, appartenenti a undici Paesi.
Al cardinale Shirayanagi è stata sempre riconosciuta una particolare apertura al dialogo interreligioso, fermezza e rispetto della libertà di tutti i credenti. Si è reso protagonista di numerose e importanti iniziative per la pace e il disarmo, soprattutto nel ricordo della tragedia atomica di Hiroshima e Nagasaki; a tale scopo nel 1982 aveva consegnato una petizione nelle mani del segretario generale delle Nazioni Unite.
Ebbe a cuore le questioni socio-economiche, particolarmente sentite nel Giappone, facendosene interprete con una campagna per la cancellazione del debito dei Paesi poveri. Ha promosso una fattiva solidarietà con le Chiese più in difficoltà e aveva creato un evento annuale per rendere i cattolici di Tokyo consapevoli del dovere di vivere autenticamente la carità. In risposta all'appello di Paolo VI fondò la prima commissione episcopale per la giustizia e la pace in Giappone. Come presidente della commissione episcopale per le attività sociali, promosse politiche di attenzione ai problemi dei rifugiati e contro ogni discriminazione.
Strinse anche rapporti cordiali con i cattolici cinesi e nel 1989 andò a incontrarli con un gruppo di sacerdoti, religiose e laici. Tre i suoi obiettivi dichiarati: chiedere perdono per i peccati commessi dall'esercito giapponese contro il popolo cinese, promuovere la solidarietà fra tutti i cattolici senza distinzioni, contribuire alla ricostruzione di chiese, seminari e opere religiose.
Nel febbraio 1981 l'arcivescovo Shirayanagi accolse Giovanni Paolo II in Giappone. Da quella visita, rivelò in seguito, nacque anche l'idea della beatificazione dei 188 martiri giapponesi del XVII secolo. Proprio il cardinale presiedette la celebrazione, il 24 novembre 2008, nello stadio di Nagasaki davanti a trentamila persone. Visse quell'avvenimento straordinario anche come un'occasione per rilanciare la missione della Chiesa in Giappone. Invitò i cattolici a partecipare sempre più da protagonisti alla vita sociale del Paese, portando il contributo della loro specifica identità. Pur riconoscendo che i cattolici giapponesi sono un "piccolo gregge", il cardinale raccomandò di non fermarsi a guardare le statistiche ma di interpretarle. Per questo volle sempre valorizzare la fitta rete educativa che la Chiesa cattolica ha aperto per tutti.
"I martiri - disse nell'omelia - ci esortano a riflettere seriamente sulle questioni fondamentali che riguardano la vita: cos'è la vita, cos'è la morte, qual è il significato della sofferenza. E ci invitano a combattere tutto ciò che va contro la verità fondamentale della dignità della vita umana. Il diritto alla vita dal seno materno alla morte naturale va rispettato; la produzione e la vendita di armi, e le guerre che le usano, devono essere evitate a ogni costo; il fossato tra ricchi e poveri e la miseria disumanizzante devono essere eliminati". Parole rivolte all'intero popolo giapponese e oggi considerate quasi come il suo testamento spirituale.
La sua figura è del resto ben conosciuta in tutto il suo Paese e nell'intero continente asiatico. Nato nel 1928, nel marzo 1945 conseguì il diploma alla Gyosey (Stella Maris) Junior School come seminarista minore dell'arcidiocesi di Tokyo. Nel marzo 1951 si laureò in filosofia all'Università cattolica Sophia e tre anni dopo portò a termine la specializzazione in teologia.
Dopo l'ordinazione sacerdotale nel 1954 venne inviato a Roma e nel 1960 si laureò in diritto canonico alla Pontificia Università Urbaniana.
Rientrato in Giappone, dopo pochi anni venne nominato prima vescovo ausiliare e poi coadiutore di Tokyo fino a divenirne arcivescovo il 21 febbraio 1970.
Come primo atto continuò la Tokyo Archdiocesan Convention, iniziata dal suo predecessore, per mettere in pratica le risoluzioni del concilio Vaticano ii. E nel 1971 concluse l'incontro con l'obiettivo di dare vita a un nuovo spirito di cooperazione tra laicato e clero.
Fu a lungo presidente della Conferenza episcopale giapponese e in questa veste nel 1987 promosse a Kyoto la First National Incentive Convention: un incontro di tre giorni, con la partecipazione dei vescovi giapponesi, per rinnovare l'azione di evangelizzazione della società.