Da Roberto Calasso, di Antonio Gnoli, Repubblica 29 ottobre 2006:
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«La Mitteleuropea, o meglio l’Austria che Calasso aveva conosciuto da bambino nei sussidiari in cui si parlava del maresciallo Radetzky e lo si definiva “la belva”, a poco a poco divenne un luogo dell’anima: “Una terra che era ugualmente di Kafka e di Schonberg, di Loos e di Kubin, di Altenberg e di Schiele, di Wittgenstein e di Freud. Quel luogo», racconta Calasso, “era popolato, per me, anche di persone viventi, che in due casi sono state determinanti nella mia vita: Roberto Bazlen e Ingeborg Bachmann”».
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Dalle ultime novità del catalogo Adelphi: Il libro Franza di Ingeborg Bachmann:
«Il libro Franza “non è solo un viaggio attraverso una malattia. Cause di morte, tra queste rientrano anche i delitti. Questo è un libro che parla di un delitto... Esso tenta di far conoscere, di ricercare qualcosa che non è scomparso dal mondo. Oggi è soltanto infinitamente più difficile commettere delitti, ecco perché questi delitti sono tanto sublimi che quasi non riusciamo ad accorgercene e a comprenderli, benché vengano commessi ogni giorno nel nostro ambiente, tra i nostri vicini di casa”. Queste parole, che non potrebbero essere più chiare, le leggiamo in una delle cinque prefazioni d’autore presenti nella nuova – sin dal titolo – edizione del Libro Franza, dove i materiali radunati e pubblicati per la prima volta nel 1978 vengono sottoposti a un radicale riassetto filologico da cui riaffiorano, tra l’altro, importanti tasselli mancanti nella versione precedente e destinati ad agevolarne la comprensione.
In queste pagine postume la grande scrittrice austriaca mette a nudo, dolorosamente, e raggiungendo a tratti il calor bianco della furia e della lucidità, quello che era il presupposto dell’intero ciclo Cause di morte, avviato con Malina e rimasto incompiuto: una catena di delitti invisibili, di “sublimi” assassinii dell’anima, crimini che “avvengono senza spargimento di sangue” e spesso si presentano come atti innocui o addirittura altruistici e disinteressati. Crimini dove gli assassini possono essere rispettabili psicoterapeuti o giovani e promettenti scrittori, malati di quel singolare “genere di malattia che fa soffrire gli altri e il malato no”».
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