DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La simbologia pittorica tra i vangeli dell'Infanzia e le tradizioni leggendarie Piante, frutta, animali e stelle a corredo di un mistero

di Alessandro Scafi

Secondo gli scrittori sacri, un gruppo di pastori e tre sapienti orientali videro Cristo neonato. Generazioni di artisti hanno tentato di concederci con i loro colori lo stesso privilegio, e farci rivedere la scena. Per esempio nella Gemäldegalerie di Dresda un quadro dipinto intorno al 1530 dal Correggio (1489-1534) descrive con straordinari effetti di luce l'adorazione dei pastori. Il buio della notte è rotto dalla luce intensa che emana proprio dal bambino. Sono le prime ore del Figlio di Dio sulla terra. Quella notte il divino si è manifestato in forma umana: il totalmente altro, l'essere misterioso trascendente e lontano, ci è venuto incontro, neonato.
Ai pastori l'avvenimento fu annunciato da un angelo. Ai Magi invece lo dissero le stelle. E sono proprio loro - forse sacerdoti caldei, o astrologi della corte persiana o principi arabi, ma nei quadri sicuramente re - a riconoscere il grande mistero: quel bambino era un re che nasceva, uomo e Dio allo stesso tempo; un re a cui offrire oro; un Dio, da onorare con incenso, un uomo, pronto ad affrontare la morte, e quindi da seppellire con la mirra. Felici della loro scoperta, i Magi ancora oggi cavalcano nei colori, nella cappella fiorentina di Palazzo Medici, tra i turbanti, i cammelli e i leopardi immaginati da Benozzo Gozzoli (1421-1497).
Nella seconda metà del IV secolo, Zenone, vescovo di Verona, commentava anche lui questo mistero. La maestà divina si è adattata al vestito della carne umana. Dio, che concede eternità ai tempi, si è costretto nel tempo, facendosi bambino per amore dell'uomo. Colui che è venuto per sciogliere i debiti del mondo, ha accettato di farsi avvolgere in fasce. Il pastore e il cibo dei popoli è stato deposto nella mangiatoia di una stalla. L'eterno si è sottomesso alle epoche (Zenone di Verona, La nascita e la maestà del Signore, 2.9). Gli artisti contemplavano questo enigma anche più dei teologi. Il Bambino, per esempio, appare in tantissimi quadri che ricordano la fuga della Sacra Famiglia in Egitto, dove si vede il piccolo in braccio a Maria, sulla groppa di un asino. Nel riposo durante la fuga in Egitto, un tema caro all'arte barocca, la Vergine e il Bambino appaiono seduti sotto una palma, con accanto Giuseppe, il fagotto poggiato per terra, e l'asino sullo sfondo, mentre qualche angelo volteggia sulle loro teste oppure offre del cibo. A volte l'albero piega i suoi rami per offrire datteri al Bambino, oppure Maria lava i panni in riva a un fiume, mentre Giuseppe si occupa del piccolo.
Gli artisti cercavano di immaginarsi l'infanzia e l'adolescenza di questo Dio incarnato, che nelle tele con il ritorno dall'Egitto appare già grandicello. Nei quadri con la Sacra Famiglia, ambientati a Nazaret, Maria cuce o legge, con il bambino in braccio, mentre il marito, carpentiere, fatica al tavolo da lavoro. Oppure la famiglia siede a tavola. I capolavori di Leonardo o Raffaello ci ricordano che un soggetto molto comune era quello della Vergine con Gesù Bambino e san Giovannino. Si narrava infatti che, tornando dall'Egitto, la Famiglia soggiornasse a casa della cugina di Maria Elisabetta, il cui bambino, Giovanni, già mostrava rispetto verso il Cristo. Ovviamente il classico quadro dove si può contemplare il mistero di un Dio che è stato piccolo è quello del tipo "Madonna col Bambino", immagine che ancora oggi domina le pareti dei musei europei.
C'è in ogni caso un motivo che ricorre nelle raffigurazioni di Gesù Bambino: riferimenti e presagi al suo destino di redentore. Così in qualche Natività si può notare - tra i doni offerti dai pastori - una pecora con le zampe legate, simbolo dell'agnello sacrificale. La fronda di palma, albero spesso rappresentato nella Fuga in Egitto, è l'emblema del martirio cristiano. Se Gesù Bambino è dipinto mentre è a tavola con Maria e Giuseppe, pane e calice alludono al sacrificio dell'Eucarestia, oppure ci sono indicazioni che la trave che è sul tavolo da lavoro di Giuseppe sarà usata per la croce. Il tema della circoncisione è di per sé un presagio, visto che allora fu versato per la prima volta il sangue del Redentore. Senza parlare della presentazione al Tempio, quando toccò al vecchio Simeone di profetizzare il futuro sacrificio (Luca, 2, 25-35).
Anche gli oggetti che il Bambino tiene in mano nei quadri che lo ritraggono con la madre hanno un significato simbolico che rimandano alla sua missione. Se ha in mano una mela, tradizionalmente considerato il frutto della conoscenza, essa allude al suo ruolo di redentore. L'uva rappresenterebbe il vino eucaristico. Uva bianca e uva nera insieme alluderebbero al sangue e all'acqua fuoriusciti dal costato del crocefisso. Chicchi di grano ci ricordano il pane eucaristico, la ciliegia il frutto del paradiso, mentre il melograno allude alla resurrezione. Nella Madonna del Cardellino di Raffaello, agli Uffizi, si vede il piccolo Gesù giocare con un cardellino. Secondo la leggenda, un cardellino volò sulla testa di Cristo che saliva al Calvario, e tolse una spina dalla sua fronte. Così l'uccellino si macchiò di rosso, schizzandosi con una goccia di sangue del Salvatore.


(©L'Osservatore Romano - 7-8 gennaio 2010)