Russia XVII secolo
Gentile da Fabriano (Gentile di Niccolò di Giovanni Massi), 1420-1423
Adorazione dei Magi
Personaggi dell’icona: Maria con in braccio Gesù Bambino (a volte anche Giuseppe), tre personaggi vestiti in modo orientale (spesso differenziati per tratti somatici e definizione razziale), che recano al Signore dei doni e Lo adorano.
Elementi dell’icona: nessuno con valore teologico.
Riferimenti biblici: Mt 2,1-12
«Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.»
Senso teologico delle icone: Com’è facile intuire leggendo i testi la prima icona dipende di fatto dal vangelo di Luca, mentre l’altra dipende da Matteo. Pur coincidendo sui dati essenziali, infatti, (in particolare sul fatto che il Galileo Gesù è nato a Betlemme, in piena Giudea a causa della sua discendenza davidica) i racconti hanno sottolineature diverse che bene si armonizzano con il discorso teologico complessivo, che il singolo evangelista porta avanti nel suo libro.
In entrambi i casi, però, il punto-chiave del racconto (quello che poi ha generato la festa e la sua icona) è il fatto che Gesù viene riconosciuto come elemento essenziale dell’azione di Dio: nella versione di Luca, perché i pastori ricevono l’annuncio che la “gloria nel cielo” è scesa sulla terra e, dopo averla trovata avvolta in fasce, se ne tornano alle greggi, lodando a loro volta Dio, per “tutto ciò che avevano visto e udito” nella tradizione di Matteo perché Gesù viene ADORATO dai magi: termine tecnico, che nella Bibbia si rivolge solo a Dio.
Ecco il punto: non solo nasce il Figlio di Dio, ma questo viene annunciato e riconosciuto come tale.
In particolare l’icona della nascita ha sempre avuto un grande successo nella tradizione occidentale: per Luca il racconto era tutto incentrato sul raccordo di gioia tra cielo e terra, che s’instaurava avendo Gesù come centro. Una gioia in particolare dei poveri (secondo una tradizione biblica sono i prediletti di Dio), primi destinatari e testimoni dell’avvenimento della salvezza. Ma il clamoroso successo dell’icona (soprattutto dal 1500 in poi) è dovuta alla grande tensione spirituale, al pathos generato dalla contemplazione della nascita di un bimbo, che è anche Dio e che come tale viene adorato dai pastori, nei quali il popolo di Dio, povero come i pastori, amava identificarsi.
Viene così, via via crescendo quell’aura di mistica, dolce contemplazione del bimbo nato, in una specie di sospensione del tempo, una luce che brilla nella capanna tra le tenebre della notte, tema che traspare anche nella musica (e si può citare, tra i moltissimi possibili, la musica “Il riposo per il santo natale” in Fa maggiore RV 270 di Antonio Vivaldi (1678/1741) od il tradizionale “Quanno nascette Ninno” (da cui il celeberrimo “Tu scendi dalle stelle”) di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (1696/1787). È interessante notare che è entrata a far parte di quest’iconografia anche la “stella cometa” (si può vedere, ad esempio, l’icona di Giotto agli Scrovegni di Padova), che, come tale, non esiste nei testi evagelici, mentre c’è la “stella” nel racconto di Matteo e non in quello di Luca. Il bue e l’asino, secondo un’antica interpretazione, risalente ai vangeli apocrifi, rappresentano rispettivamente il popolo ebraico ed i popoli pagani).
Molto più teologica è, invece, l’icona dell’Epifania, che mette l’accento sul fatto che il Signore nato viene riconosciuto, grazie al segno divino della stella, dai “sapienti dell’oriente, che affrontano il viaggio difficile fino a Betlemme per prostrasi ed adorare il “Re dei Giudei che è nato”. È il primo riconoscimento, proveniente da stranieri non ebrei, che da Israele è germogliato il Salvatore. I magi sono tradizionalmente tre, quanti i doni che portano al Bambino: il significato di questi è molto incerto, pare che l’oro e l’incenso accennino alla dignità regale e divina di Gesù, mentre la mirra (pianta amara) alluda alla passione ed ai contrasti che nasceranno dalla sua venuta (uno sta per realizzarsi: la “strage degli innocenti”, narrata da Matteo subito dopo quest’episodio).
Epifania. Novgorod. XV — XVI s
Del Battesimo di Gesù Cristo parlano tutti i quattro vangeli canonici. Ecco come lo presenta il Vangelo di Matteo (3,13-17):
"In quel tempo Gesù dalla Galilea andò al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui. Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito Santo scendere come una colomba e venire su di lui. Ed ecco una voce dal cielo che disse: Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto".
Il battesimo di Gesù manifesta la sua natura divina: nel mondo è apparso il Figlio di Dio incarnato nella forma umana. Questa è l'Epifania.
Dio appare nello stesso tempo sotto tre ipostasi: Dio-Figlio - Gesù, Dio-Spirito Santo - è sceso su Gesù in forma di colomba, Dio-Padre - si è manifestato attraverso la sua voce. Ecco l'epifania della Santissima Trinità (Trinità "novotestamentaria").
Ricevuto il battesimo, Gesù andò nel deserto e lì digiunò per quaranta giorni. E il demonio per tre volte lo tentò. Ma Gesù vinse le tentazioni e, tornato in Galilea, iniziò il suo insegnamento. "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista... (Lc 4,18).
Da questo momento Gesù appare come Messia (dall'ebraico mashijah - "unto", in greco "Cristo"). Inizia il suo grande servizio.
Le immagini del Battesimo del Signore, chiamate anche l'Epifania (del nostro Signore Gesù Cristo), erano molto popolari nella Rus'. Uno degli esempi delle icone di questo tipo è l'immagine dell'Epifania di Novgorod, fine del XV - inizio XVI secolo.
Il centro logico e composizionale dell'icona è la figura di Cristo. Gesù Cristo, spogliato, riceve il battesimo di purificazione nel Giordano: secondo l'iconografia fissata, nella riva sinistra del fiume Giordano è presentato Giovanni Battista, nella riva destra degli angeli (il loro numero sulle icone dell'Epifania varia da tre a quattro).
Giovanni Battista compie l'atto del battezzare, mettendo il palmo della mano destra sulla testa di Gesù Cristo; nella mano sinistra ha la croce, simbolo della missione salvifica di Cristo e simbolo del Nuovo Testamento, della Nuova Alleanza, conclusa tra Dio e gli uomini.
Le due sorgenti che scendono dalla montagna si uniscono in un solo fiume, il Giordano. Gli spazi acuti e fini sullo sfondo di tonalità rosso-bruna delle rive, creano l'illusione di un allontanamento delle montagne che si alzano verso il cielo; già qui si può vedere un raro e ben riuscito tentativo di trasmettere la profondità dello spazio.
Ai piedi di Gesù Cristo nell'acqua si possono distinguere due piccole figure. Quella maschile simbolizza il fiume Giordano, quella femminile il mare. Queste figure sono sorprendenti resti dell'antichità pagana, che sono penetrati e si sono consolidati nell'iconografia dell'immagine ortodossa dell'"Epifania". È fissata anche la loro provenienza, sono chiamati per illustrare le parole del Salmo 114,3: "Il mare vide e si ritrasse, il Giordano si volse indietro". Questo fatto, nelle prime e più antiche rappresentazioni del Battesimo, è stato raffigurato in un modo tradizionale e abituale per l'antichità: il mare e il fiume erano rappresentati con piccole figure antropomorfiche. La loro "ritirata" ed il "volgersi indietro" diventavano vaghi.
A volte, insieme a queste piccole figure è raffigurato anche il serpente, che corrisponde al versetto 13 del Salmo 74: "Hai schiacciato la testa dei draghi sulle acque".
Gli angeli, rappresentati nelle immagini del Battesimo di Gesù Cristo, personificano i padrini, il cui compito è di accogliere i "battezzandi", quando escono dall'acqua.
Nell'icona troviamo anche la simbolica immagine della colomba, che personifica lo Spirito Santo, e la nube dalla quale è uscita la voce di Dio-Padre.
Le figure degli angeli "costruiscono", per dire così, i gradini delle scale, che si alzano dalla terra verso il cielo. Anche le rive del Giordano ascendono ripidamente. Tutto è diretto verso l'alto. E nel centro di tutto è Gesù Cristo. Ecco l'Epifania.
Confrontiamo le icone dell'"Epifania" con i quadri europei del "Battesimo di Cristo".
Così El Greco (1541-1614) cerca di non allontanarsi troppo dalla tradizione iconografica bizantina (era appunto greco d'origine), però il pathos del quadro già si perde in modo significativo.
A maggior ragione questo si può dire del "Battesimo di Cristo" di Piero della Francesca. Questo quadro, pieno di luce e di spazio, è bellissimo, però sembra, in sostanza, soltanto un racconto formale del battesimo di Gesù Cristo. E la figura del personaggio dietro le spalle di Giovanni Battista trasmette a tutto quello che sta succedendo prosaicità e quotidianità.