L'Adorazione dei Magi dipinta da Gentile da Fabriano nel 1423 (Firenze, Galleria degli Uffizi) illustra bene lo spirito della civiltà tardo-gotica: tutto è eleganza, raffinatezza, linearismo, decorativismo. Verso la capanna con la Sacra Famiglia, sulla sinistra, si dirige un lungo e affollato corteo, preceduto dai re Magi. Siamo così affascinati dalla brillantezza dei colori, dalla luminosità dell'oro, dalla ricchezza dei particolari (i gioielli, le stoffe lussuose degli abiti, gli animali esotici come le scimmie e la pantera) che quasi non ci rendiamo conto che si tratta di una scena religiosa. È come una fiaba, elegante e sospesa in una dimensione senza tempo. |
Pochi anni dopo, nel 1426, Masaccio dipinge una Adorazione dei Magi (Berlin, Staatliche Museen) per il Polittico di Pisa. Solo pochi anni, ma la distanza culturale è enorme. Il pittore elimina tutti gli elementi non essenziali, l'oro, i dettagli decorativi. I protagonisti sono figure reali, concrete, che si muovono in uno spazio tridimensionale, creato con la prospettiva matematica. La luce, naturale, illumina la scena da sinistra cosicché a terra si vedono le ombre. L'effetto è di semplicità, chiarezza e monumentalità. | |
L'episodio non è una fiaba cavalleresca ma è una historia, un fatto storico, al quale assistono due personaggi vestiti di nero, che indossano abiti contemporanei: sono due testimoni. Con Masaccio, che rappresenta il fatto come un episodio che è parte della storia dell'Uomo, inizia la grande pittura del Rinascimento. | |
Tra 1481 e 1482, quasi sessant'anni dopo, Leonardo comincia a Firenze un'Adorazione dei Magi (Firenze, Galleria degli Uffizi), ma la lascia incompiuta al momento della sua partenza per Milano nel 1482; sulla tavola c'è solo il disegno preparatorio, anche se molto accurato. Leonardo è un innovatore del linguaggio rinascimentale. A lui, che analizza la realtà con gli occhi attenti |
e curiosi di uno scienziato, non interessa raccontare il fatto storico ma capire il significato della nascita di Cristo, le sue conseguenze sull'umanità: ecco perché rappresenta la scena come epifania, come manifestazione del Divino. Abbandona perciò lo schema orizzontale, eliminando il corteo e la capanna; mette al centro la Madonna con il Bambino e intorno colloca numerosi personaggi che con i loro gesti e con le loro espressioni evidenziano un grande turbamento, una profonda emozione. La manifestazione della Divinità è fatto eccezionale, che sconvolge il corso naturale delle cose e la vita degli uomini. In questo caso, cambia il cammino della Storia: infatti nella parte superiore del quadro si vede una battaglia di cavalieri davanti a un grande edificio antico (forse un circo) in rovina, interpretata come una allusione alla fine del mondo pagano. | |
A Venezia, un secolo dopo (1582), Jacopo Tintoretto dipinge una visionaria Adorazione dei Magi per la Sala Terrena della "Scuola Grande di San Rocco". Siamo nel periodo del Tardo Manierismo (o, meglio, della Maniera), quando l'arte non è più espressione della superiorità dell'Uomo razionale, come nel Rinascimento, ma è al servizio della Chiesa cattolica e della Controriforma. |
In questa tela, come in altre opere a San Rocco, tutto è mistero, spiritualità, profondo senso del sacro. Questo effetto è conseguenza dell'uso suggestivo della luce. In primo piano la luce emana dal corpo di Gesù e, lottando con l'ombra profonda del crepuscolo, mette in evidenza i gesti e le emozioni dei Magi e degli altri protagonisti. Sul fondo il corteo dei Magi è quasi un'apparizione fantastica, con figure trasparenti, senza peso, costruite per mezzo di pennellate luminose rapide e spezzate. Quello che vediamo è veramente uno spazio dell'anima, espressione dello spirito visionario dell'artista veneziano. | |
Al 1753 risale la grande Adorazione dei Magi (München, Alte Pinakothek) dipinta da Giovan Battista Tiepolo, uno dei più famosi rappresentanti della pittura veneta nell'epoca dominata dal gusto rocaille. Lontana sia dalla spiritualità che dalla razionalità degli esempi del passato, si presenta quasi come una rappresentazione teatrale. È molto raffinata nei dettagli: la luminosità della Vergine che si contrappone agli abiti scuri, e quasi poveri, di San Giuseppe; la figura del Moro in primo piano, con il turbante rosso e gli abiti lussuosi; la macchia brillante della veste dorata del Mago inginocchiato davanti alla Madonna. Ed i colori sono squillanti, splendenti. La bellezza della pittura non riesce però a nascondere la mancanza di emozioni, e di spiritualità, della scena. È un'opera fatta per appagare gli occhi, per soddisfare il gusto per la raffinatezza e l'eleganza, più interessata all'apparenza che alla sostanza, secondo quella estetica del piacere che domina buona parte del XVIII secolo. L'argomento rappresentato è poco importante, quello che conta è lo splendore della forma. |