DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Papato e modernità al trapasso del potere temporale

Nel volume Dall'Archivio Segreto Vaticano. Miscellanea di testi, saggi e inventari, iv (Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 2009, pp. 279-434, Collectanea Archivi Vaticani 70) è contenuto il saggio La mancata pubblicazione dell'opera "Pio IX e il Risorgimento italiano" di Giuseppe Clementi ed Edoardo Soderini. L'autore, vescovo prefetto dell'Archivio Vaticano, ne ha sintetizzato i contenuti per il nostro giornale.

di Sergio Pagano

Nel 1956 venivano depositate presso l'Archivio Segreto Vaticano le 98 buste - più 14 scatole contenenti un prezioso schedario onomastico - dell'attuale fondo Carte Soderini-Clementi, relative, per lo più, al materiale preparatorio all'opera Pio IX e il Risorgimento italiano, curata dal conte Edoardo Soderini e da don Giuseppe Clementi, rimasta a tutt'oggi inedita. Soltanto pochi fascicoli delle Carte riguardano bozze e minute di un lavoro del conte Soderini su Leone XIII, opera che, rimasta anch'essa incompleta, aveva parzialmente visto la luce nel 1932-1933 per i tipi della casa editrice milanese Mondadori, con il titolo Il Pontificato di Leone XIII. Altra documentazione riguarda il contenzioso che avrebbe contrapposto in maniera irreparabile Soderini a Clementi. Queste carte - per lo più memorie e allegazioni giuridiche prodotte dalle parti nel processo civile istruito per l'attribuzione della paternità delle opere - costituiscono una fonte primaria per ricostruire la tribolata collaborazione tra i due autori.
Edoardo Soderini (1853-1934), romano, rampollo di una famiglia esponente della nobiltà "nera", dopo aver iniziato la carriera sotto Pio IX (nel 1890 fu prefetto delle date della Dataria Apostolica), fu fra gli aristocratici più vicini a Leone XIII, anche per l'amicizia che legava i Soderini ai Pecci di Carpineto Romano, congiunti del pontefice. Cattolico impegnato, nel 1885 fu chiamato dal cardinale Domenico Jacobini a far parte dell'Unione per gli Studi Sociali. Dopo la Rerum novarum - alla stesura della quale si vuole abbia avuto una qualche parte - ebbe un ruolo di primo piano nell'Opera dei Congressi accanto a Giuseppe Toniolo, sostenendo in più occasioni la "controrivoluzione intellettuale" dei cattolici nei riguardi dei liberali anticlericali.
Giuseppe Clementi (1865-1944), nato a Osimo (Ancona), fu ordinato sacerdote nel 1889. Insegnante nei licei romani, non trascurava i suoi interessi storiografici né un certo impegno "politico". Nella capitale si legò agli ambienti cattolici modernisti, dando vita, nel 1902, assieme a Giovanni Semeria e a Giovanni Genocchi e Giuseppe Valdambrini, missionari del Sacro Cuore, alla Pia Società di San Girolamo per la diffusione dei Vangeli, dalla quale fu costretto ad allontanarsi a causa della sua amicizia con don Romolo Murri, non gradita in Curia.
Soderini e Clementi iniziarono la loro faticosa collaborazione nel 1900. Il conte chiese infatti a don Clementi di aiutarlo per il completamento del suo Leone XIII, lavoro che - nonostante gli speciali privilegi goduti da Soderini nell'accesso agli Archivi Vaticani, ottenuti grazie alla sua amicizia con il pontefice - subì dei ritardi per il convincimento di Clementi di dover far precedere a quell'opera un lavoro sul pontificato di Pio IX - ultimo vero "sovrano pontefice" - che spiegasse "in quali condizioni Leone XIII, divenendo Papa, avesse trovato i rapporti tra la Chiesa e lo Stato in Italia". Il lavoro sul Pio IX non avrebbe però mai visto la luce per una serie di complicazioni e per i dissapori sorti tra i due autori: da una parte Soderini, impaziente di dare alle stampe le sue fatiche; dall'altra Clementi che, oltre al suo rigore storiografico, fonte di continui ripensamenti e approfondimenti, rivendicava a sé la paternità non solo del Pio IX, al quale aveva lavorato quasi esclusivamente, ma anche di talune parti dell'opera su Leone XIII. Si aggiungevano al personale dissidio tra i due i timori non troppo velati della Curia Romana che paventava le eventuali ripercussioni negative derivanti alla diplomazia vaticana e a uomini di curia da un'opera "contemporanea"; per il tramite della Segreteria di Stato, dunque, Pio X e i suoi successori, diffidarono a più riprese il conte Soderini, lasciato troppo libero sotto Leone XIII di utilizzare documenti ancora chiusi alla consultazione e che, con una prassi quanto mai singolare, il conte poteva addirittura portare a casa propria.
Le successive iniziative del Soderini, che unilateralmente, sin dal 1921, prese a trattare con la casa editrice Zanichelli per la pubblicazione del primo volume del Pio IX, suscitarono il risentimento di Clementi, che il conte voleva tener buono con un irrisorio compenso economico, misconoscendo il suo fondamentale apporto alla stesura dell'opera. Del resto, lo status clericale, non solo esponeva il sacerdote a eventuali richiami o censure ecclesiastiche, ma impediva, di fatto, la presenza del suo nome nel frontespizio dell'opera, soggetto com'era all'imprimatur ecclesiastico, che egli, per maggiore obiettività storica, non avrebbe voluto. Troppo poco durarono i successivi accomodamenti a cui i due autori giunsero ricorrendo alle vie legali. La successiva causa, iniziata nel 1927 e giunta a sentenza in Cassazione tre anni più tardi, condannava don Giuseppe Clementi al risarcimento dei danni derivati dalla mancata pubblicazione del Leone XIII; la Corte tuttavia non entrava nel merito della questione legata al Pio IX.
Nel 1932, dopo la pubblicazione del terzo volume del Leone XIII, dedicato ai rapporti della Santa Sede con la Germania, l'uscita del tomo successivo - relativo al Belgio - suscitò la preoccupazione della Curia, avvertita da alcuni storici cattolici belgi del rischio di trattare l'annosa "questione scolastica", tanto cara ai fiamminghi. Nel 1933 l'allora segretario di Stato Eugenio Pacelli, vivente ancora Soderini, fece intervenire l'erudito gesuita Pietro Tacchi Venturi presso il conte, e quest'ultimo si disse disposto a far rivedere in Segreteria di Stato le bozze del suo imminente volume. Ma tanti timori non avevano fondamento, essendo il lavoro "una fedele rievocazione storica a base di documenti, in armonia all'indole e alle finalità di tutta la pubblicazione".
La morte del Soderini (1934) e la malattia ultima di Clementi (deceduto nel 1944) fecero sì che tutto l'enorme materiale dattiloscritto di quella vasta, benemerita quanto sfortunata opera qual era appunto il Pio IX, rimanesse nelle mani della vedova del conte, Marianna Frankenstein, e della professoressa Fernanda Gentili, collaboratrice per lunghi anni di don Clementi.
Nell'ottobre del 1945 la vedova Soderini e la dottoressa Gentili pregarono la Santa Sede di avallare la pubblicazione della grande opera su Papa Mastai, addossandosi, per parte loro, le spese necessarie alla stampa degli otto volumi previsti. Marianna Frankenstein-Soderini non taceva però all'intermediario vaticano, il padre Mariano Cordovani, i difetti dei dattiloscritti: "l'opera è stata aggiornata l'ultima volta circa 25 anni fa; sta in gran disordine, ma la prof.ssa Gentili si sente sicura di poterla ordinare e far dattilografare in perfetto ordine". Il cardinale Giovanni Mercati, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, richiesto dal Papa di un parere, dopo aver analizzato per circa un anno i dattiloscritti, reputò non valesse la pena di sobbarcarsene la pubblicazione. Più tardi, fra il 1947 e il 1951, la Segreteria di Stato, pur di evitare la pubblicazione integrale di uno studio su cui gravavano molte incognite, manteneva aperta la trattativa con le due donne al fine di acquistare tutti i manoscritti, sia per l'opera ancora inedita su Leone XIII che per quella del tutto sconosciuta su Pio IX; a tal fine l'allora sostituto monsignor Giovanni Battista Montini richiese perizie al gesuita Pietro Pirri - che però non poté occuparsi della cosa perché troppo impegnato nei suoi studi - e a Paolo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, del Pontificio Museo Lateranense, entrambi noti studiosi di Pio IX e del Risorgimento italiano.
Fu solo nel dicembre del 1955 che, dietro congruo compenso, la Santa Sede acquisì da Fernanda Gentili e Brianna Carafa d'Andria - erede della contessa Frankenstein-Soderini, nel frattempo deceduta - le Carte Soderini-Clementi. Tutta la pratica fu condotta dal padre Anselmo Albareda allora prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana e futuro cardinale. Il prelato, prima dell'acquisto, espresse un giudizio positivo sul valore "editoriale" e intrinseco dell'opera: "si può dire che per la Santa Sede il materiale Clementi-Soderini-Gentili riveste un valore negativo e uno positivo. Dato il criterio con cui l'opera è stata elaborata e la grande quantità di documenti della Segreteria di Stato ancora riservati negli originali, sarebbe un bene che la Segreteria di Stato entrasse in possesso di "tutto" questo materiale, comprese le diverse stesure e le copie relative. In sé stesso è un materiale di nessun valore; tuttavia conviene sottrarlo a eventuali speculazioni (...) Il valore positivo per la Santa Sede è costituito dalle 10.300 pagine dattiloscritte, che sono il frutto dell'enorme lavoro di ricerca, redazione e revisione compiuto specialmente dal Clementi, ma anche dal Soderini e dalla Gentili. Quest'opera, pur incompiuta e non scevra da gravi difetti, è veramente una ricchissima miniera per la conoscenza della storia moderna della Chiesa e dell'Italia. Gli schedari, onomastico e bibliografico, che constano di oltre 30.000 schede, e le copie di numerosi documenti sia dell'Archivio della Segreteria di Stato, sia di archivi particolari, possono essere pure annoverati tra gli elementi di valore positivo per la Santa Sede".
Al momento del trasporto del materiale in Vaticano, i quattro volumi del Soderini relativi al Leone XIII furono depositati nell'archivio della Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari e di qui, nel tempo, vennero in Archivio Vaticano; il resto del materiale relativo all'opera Pio IX e il Risorgimento italiano fu subito sistemato nei locali del medesimo Archivio Segreto Vaticano.
Da un appunto stilato all'atto di ricevere in Archivio le Carte Soderini-Clementi risulta che dalla casa della prof.ssa Fernanda Gentili provenivano 13 buste "contenenti il materiale preparatorio e la stesura di diversi capitoli dell'opera; lavoro dovuto in grandissima parte al Clementi"; 7 buste "contenenti appunti, riassunti e trascrizioni di documenti"; un grosso pacco di documenti tratti dai fondi o riguardanti "Roncalli, Coppi, Valle, Tizzani, Manabrea, Antonelli, Berardi, Antonelli"; piccoli pacchi "contenenti punti particolari della vita di Pio IX, agenda perpetua, itinerario e attività del Mastai"; "grosso pacco contenente: effemeridi dal 1813 al 1831, documenti relativi all'episcopato di Mons. Mastai a Spoleto 1827-33, materiali raccolti dal Conte Soderini relativi alla sua vertenza con il Clementi"; un pacco contenente "serie dei Delegati Apostolici 1801-1870, serie degli Ambasciatori 1801-1870, elenco dei soprannomi e pseudonimi della Carboneria"; 97 cartelle "contenenti la stesura di altrettanti capitoli dell'opera, riveduti dalla Prof.ssa Gentili, in totale 10.300 pagine dattiloscritte"; "manoscritto autografo corrispondente al numero precedente"; "schedario onomastico contenuto in 14 scatole e formato da circa 30.000 schede"; "schedario bibliografico contenuto in 3 scatole e in qualche piccolo pacco, in totale oltre 2.000 schede". Dalla casa degli eredi Soderini provenivano 67 cartelle "contenenti copie di documenti dal 1844 al 1878, divisi per anni (l'anno 1848 per mesi); "copia in parte dattilografata e in parte manoscritta della stesura dell'opera, riveduta dal Conte Soderini".
Considerato nel suo insieme, questo lavoro consta di 103 capitoli, per un totale di circa 8850 pagine dattiloscritte, e avrebbe dovuto venir stampato in dieci volumi. La divisione dell'opera compiuta dalla Gentili in questi corposi volumi consentiva di ridurre le gravose spese di stampa. La vastissima opera, intessuta di corpose note e di documenti vaticani e d'altra natura - anche rari a trovarsi oggi negli originali - prende avvio dall'"alba del pontificato" di Papa Mastai Ferretti nel 1846 (capitolo i) e giunge fino alla morte del Papa nel 1878 (capitolo ciii).
L'opera avrebbe dovuto essere ambientata nel clima del declinante potere politico del papato romano con un volume prodromo, anch'esso scritto da Clementi e composto di 22 capitoli; il titolo era già pronto: I primordi della crisi del potere temporale (anni 1798-1846). Assai preziosi sono questi capitoli, che si conservano fra le Carte Soderini-Clementi, perché testimoniano la particolare visione storiografica di Clementi sul potere temporale dei Papi.
Non meno preziose dei dattiloscritti del Pio IX sono le circa 30.000 schede - già segnalate, come abbiamo visto, dal cardinale Mercati - che, con infinita pazienza Clementi - assieme ai suoi collaboratori - aveva redatto e aggiornato man mano che procedeva nel suo lavoro. Il sacerdote osimano don Carlo Grillantini, quando visitava il suo concittadino nella sua casa romana, aveva modo di vedere "lunghissimi schedari pieni colmi di schede tutte di uguale dimensioni, di colori diversi, e tutte a loro volta ricche di particolari riferentesi anche agli apparentemente più insignificanti episodi, ma che il diligente raccoglitore conservava al fine di illustrare, a un certo momento, caratteri e stati d'animo di personaggi meno noti o meno studiati fino ad allora". Infatti le schede si riferiscono con precisione a tutti i personaggi nominati nel Pio IX: ogni personaggio è brevemente identificato - nome, cognome, eventuali sue funzioni, sporadicamente data di nascita o di morte - quindi vengono compiuti i riferimenti al testo con brevi ma utilissime annotazioni dell'oggetto; in moltissimi casi è dato il curriculum vitae del personaggio secondo cadenze annuali e in questo caso, quando vi siano riferimenti, questi sono relativi a manoscritti o ad opere edite. Questo prezioso schedario onomastico, che potrebbe quasi costituire uno strumento a sé per la ricerca sul Risorgimento italiano e su Pio IX, fu ceduto anch'esso dall'erede di don Clementi alla Santa Sede con le altre carte.
Fino agli anni 1970-1980 le Carte Soderini-Clementi, così come lo schedario, restarono intatte nei loro pacchi sistemati ai "soffittorni" dell'Archivio Vaticano; successivamente, nel tentativo di renderle fruibili ai ricercatori, si provvide a condizionare i vari capitoli dell'ultima stesura dell'opera già ordinati dalla professoressa Gentili, mentre il resto del fondo fu lasciato nei pacchi approntati all'atto del versamento. Dell'intero fondo è stato da me redatto un inventario in parte analitico, avvertendo che il materiale dattiloscritto del Pio IX si presenta ancora, per sua intrinseca natura, nello stato di confusione in cui lo lasciarono don Clementi e Soderini. Si apre così ai ricercatori, l'accesso a una storia documentatissima quanto sconosciuta sul Risorgimento italiano.



(©L'Osservatore Romano - 7 febbraio 2010)