DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Anche i teocon ballano la musica del diavolo

Un saggio di Roger Scruton sulla moralità delle sette note rivaluta a sorpresa blues e rock. Bocciati dance e metal. Certi brani invitano a "stare con", altri enfatizzano violenza e solitudine
di Bruno Giurato
Tratto da Il Giornale del 9 marzo 2010

I diavolacci rock trovano finalmente un posto d’onore nel pantheon musicale. Lo sostiene uno studioso al di sopra di ogni sospetto, Roger Scruton, filosofo neoconservatore, tradizionalista, fiero (e a volte ironico) sostenitore del canone occidentale contro le derive multiculturali, nonché conoscitore di musica classica e no.

Scruton ha scritto un articolo per l’American (www. american. com) il giornale online dell’American Enterprise Institute, il più prestigioso think tank neocon. Tema, la moralità nella musica, questione che da Platone a Schopenhauer da Nietzsche ad Adorno, ha dato parecchio da scrivere.

Sorpresa, secondo Scruton si salva il pelvico Elvis Presley di Heartbreak Hotel, si salva Eric Clapton di Lay Down Sally, canzone d’amore sì ma nel senso dell’amore fisico, si salverebbe (anche se Scruton non lo cita) perfino il Robert Johnson di Hellhound On My Trail, cioè il più sulfureo dei bluesman negri, quello del patto col diavolo in una notte senza luna. Si salva il jazz di Theolonious Monk, oltre ovviamente a Bach, Beethoven e Dvorak. Bocciati invece buona parte dei gruppi metal, e una popstar da discoteca come Alice Practice. Sarebbero ugualmente bocciati personaggi come Lady GaGa o la nuovissima Kesha.

Singolare il fatto che i giudizi di Scruton non c’entrino con i contenuti dei testi, né con le biografie degli artisti, ma derivino da una sobria analisi musicale. Per chi è abituato alla perenne confusione tra musica e sociologia, e all’idea (un po’ da commissari politici) che la musica debba essere giudicata dai contenuti, è una discreta boccata d'aria. Non se ne può più della favola nostalgica di certi ex sessantottini che indossano occhialetti multicolor e celebrano la «liberazione» rock, come se il rock non fosse ormai un oggetto estetico per appassionati in tutto «normali» e integrati. In fondo i profeti ombelicali del rock liberatorio (come se fosse un rutto) sono l’altra faccia dei tanto criticati censori del rock osceno, del rock cattivo, e via moraleggiando. Gli uni e gli altri sono ossessionati dal contenuto, o come si diceva una volta dal «messaggio».

E invece Scruton saggiamente si tiene alla larga dal discorso sociologico, argomenta con esempi abbondanti. Usa la multimedialità per farci capire esattamente che cosa intende.

E ci racconta che in Heartbreak Hotel di Elvis il ritmo è generato internamente, dalla linea melodica, dato che «non c’è una batteria violenta, non c’è un basso amplificato, non c’è nessuno di quei dispositivi che impongono il ritmo in tanta musica pop». Al contrario in un pezzo metal come Bleed dei Meshuggah, il ritmo è imposto dall’alto, è una sorta di violenza, ben allineata al tempo del metronomo, gestita da un batterista virtuoso, ma senza il respiro, senza le piccole variazioni che rendono il ritmo flessibile e in grado di comunicare.

Per Scruton la chiave di tutto è appunto il ritmo: distingue tra un ritmo «con» e un ritmo «a». Il ritmo «con» è quello che si genera dall’interazione tra i vari strumenti, ha un legame stretto con la melodia e l’armonia, e invita gli eventuali ballerini a «muoversi consapevolmente con gli altri». Quindi è anche un motore di socialità. Un qualcosa che prendendo spunto da Friedrich Schiller, Scruton definisce come un invito ad «avere considerazione della libertà degli altri e a mostrare la propria libertà». È quello che avviene in moltissimi balli popolari anche in Italia, dal liscio alla tarantella.

Invece il ritmo «a» è imposto, tendenzialmente totalitario, violento. La musica metal è urlata «al» pubblico. Il mondo di questa musica è un mondo in cui la gente parla, urla, balla «al» prossimo, invece di fare queste cose «con» il prossimo. Secondo Scruton non è un caso che certe musiche vengano ballate in modalità violente, e l’esempio classico è il «pogare» dei metallici fan, che consiste nello sbattere l'uno contro l’altro e insomma nel menarsi in vari fantasiosi modi. Lo stesso discorso vale per certa musica da discoteca, in cui l’isolamento e l’individualismo dell’ambiente sonoro portano a enfatizzare l’aspetto visuale (il più possibile freak, strano e scioccante) della comunicazione.

Insomma, nel discorso di Scruton ce n’è abbastanza per riflettere su un po’ di categorie musicali, oltre che per riammettere i nostri diavolacci rock e blues nel pantheon (anzi a questo punto, pandemonio) musicale senza troppi problemi.