DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Gesù secondo gli storici ebrei del XX secolo. Il fariseo che ha cambiato il mondo

di Cristiana Dobner

Il volto di Gesù di Nazaret continua a interpellare in ogni secolo e mai si esaurisce la possibilità di descriverlo, perché quella di catturarlo sarebbe già un passo falso.
Solo una persona libera da pregiudizi e seria nel "mestiere" dello storico poteva donare una sorta di summa enciclopedica, destinata a diventare un pilastro negli studi concernenti la figura storica di Gesù. Si tratta di Jésus sous la plume des historiens juifs du XXème siècle (Paris, Les Editions du Cerf, 2009, pagine 412, euro 33) di Dan Jaffé, che insegna Storia delle relazioni tra giudaismo rabbinico e cristianesimo primitivo all'università Bar-Ilan di Tel Aviv e ha all'attivo importanti ricerche nel suo campo; in italiano è stata tradotta una sua monografia Il Talmud e le origini ebraiche del cristianesimo.
Le pagine raccolte nel volume, con la stimolante prefazione di Daniel Marguerat, presentano una ricerca appassionata ma priva di emotività, degna di uno storico, perseverante nel tempo e che sfocia in un'uscita dall'universo teologico e confessionale per offrire "ri-umanizzato" il personaggio Gesù, con estremo rigore metodologico, bibliografico e una ricchezza nelle note di indicazioni, suggerimenti e critiche.
La stessa quarta di copertina introduce in quest'opera poderosa, in cui gli interrogativi giustamente pullulano: "Un sionista militante e un ebreo liberale possono delineare il medesimo ritratto di Gesù? Quali mutamenti si possono rilevare, nella critica storica ebraica, nel corso del XX secolo? Si è pensato Gesù nello stesso modo, prima e dopo la Shoah? La promulgazione dello Stato di Israele ha avuto un'incidenza sulle rappresentazioni ebraiche dell'uomo Gesù?".
L'impresa, considerata come progetto, appare di un'ampiezza da vertigini: prendere in considerazione gli studiosi storici ebrei che hanno avuto come oggetto la figura di Gesù, in un arco di tempo che parte dalla fine del xix secolo e giunge alla sua conclusione. Il ventaglio degli autori è esauriente e ciascuno studioso viene esaminato dettagliatamente con obiettività, riservando la critica a un paragrafo specifico, così da non indurre il lettore a pregiudizi nelle finalità, metodi e approcci storiografici.
Imponente l'elenco degli autori presi in considerazione, tale da far comprendere la mole di lavoro e di studio delle fonti che Jaffé si è sobbarcato per poter redigere la sua indagine. Vengono analizzati gli studi di tutti coloro che si sono collocati di fronte alla problematica del Gesù della storia, inserendo la sua figura nel mondo ebraico del suo tempo. Questo, senza dubbio, diventa l'aspetto più rilevante del loro contributo. Sotteso rimane sempre l'interrogativo: quale l'influenza delle concezioni o posizioni intellettuali proprie della loro epoca su ciascuno degli studiosi? "L'itinerario degli storici ebrei segue una progressione che è più metodologica che ideologica. Non rivela un'intenzione preconcetta, la differenza riguarda lo sviluppo di un'analisi più esigente e più serrata dei dati" (p. 352).
Da tutto l'insieme, emerge quindi una conoscenza più esatta del Gesù storico, anche per quanto concerne una questione dibattuta, poiché la maggioranza considera Gesù appartenente al mondo farisaico. L'immaginario cristiano però, nei secoli, si è formato un pregiudizio grave relativamente ai farisei, una sorta di "diffamazione". Per questo motivo, "fare di Gesù un fariseo, cosa che corrisponde di fatto alla realtà storica, permette allora di rivalorizzare l'immagine e lo statuto dei farisei così a lungo detestati e vituperati" (p. 351).
Pregnante e lampante è poi la distinzione fra ideologia e confessionalità e il recupero identitario che potrebbe alterare lo sguardo dello storico.
Nella conclusione ai nove densissimi capitoli, è l'autore stesso a indicare gli obiettivi che lo hanno guidato e che, indubbiamente, è riuscito a centrare, servendosi degli strumenti della letteratura talmudica e midrashica e unendovi le fonti dei testi classici, con uno studio storiografico e una ricerca analitica cristallini: una migliore comprensione dell'ambiente ebraico da cui Gesù proviene; una conoscenza più fine delle radici ebraiche degli insegnamenti, fatti e gesti di Gesù; una lettura dei passi neotestamentari relativi a Gesù illuminati dalle fonti del giudaismo del Secondo tempio, come pure dalle fonti più tarde del Talmud e del Midrash; una rilettura delle pratiche rituali di Gesù alla luce della halakha protorabbinica dei testi tannaitici, Mishna, Baraita, Tosefta o Midrashe Halakha.
Fino alla citazione di Scholem, lasciata al lettore come chiusura dell'opera: "Certo, la storia può sembrare, in fondo, un'illusione, ma è un'illusione senza la quale, nella realtà temporale, nessuna intuizione dell'essenza delle cose è possibile".


(©L'Osservatore Romano - 29-30 marzo 2010)