Testo del 19 aprile 2010
V  anniversario della elezione al Soglio Pontificio di Papa Benedetto XVI  in Cattedrale
1. « In verità, in verità vi dico,  voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete  mangiato di quei pani e vi siete saziati». È a persone che lo cercano  [«voi mi cercate»], che Gesù si rivolge. Ma esse o limitano la misura  del loro desiderio o non ne hanno la giusta comprensione: per loro il  pane mangiato è solo pane, e non segno che rimanda ad un cibo «che dura  per la vita eterna».
In questa pagina evangelica è posta chiaramente  sia la domanda circa Gesù: chi è veramente Gesù di Nazareth?, sia la  domanda circa la misura del desiderio dell’uomo: che cosa l’uomo ha il  diritto di sperare, una vita eterna o solo «un cibo che perisce»?
Cari  fratelli e sorelle, il dialogo evangelico fra Gesù e le folle ci fa  capire profondamente il servizio petrino di Benedetto XVI.
Esso  è interamente teso a proporre la verità salvifica di Gesù al cuore  dell’uomo del nostro tempo, e pertanto la questione della verità della  fede cristiana è al centro del suo insegnamento. Non a caso nel suo  stemma episcopale aveva scritto cooperatores veritatis.
Che  cosa significa più esplicitamente tutto questo? Ritorniamo al testo  evangelico. Gesù, come avete sentito, parla di un cibo «che dura per la  vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il  Padre ha messo il suo sigillo».
Cari fratelli, queste parole ci  parlano di Dio, ce ne svelano il mistero. Nel suo servizio alla verità,  il S. Padre ha costantemente insegnato il primo luogo la verità su Dio.  L’affermazione con cui inizia il quarto Vangelo «in principio era il  Verbo», costituisce «la parola conclusiva del concetto biblico di Dio,  la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede  biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi» [Benedetto  XVI, Discorso  di Regensburg]. E  pertanto la proposta cristiana interloquisce in  primo luogo con la ragione dell’uomo, esibendosi come la religione vera. 
Ma questo non è tutto. Il testo evangelico ci ha detto che Dio in  Gesù dona all’uomo un pane «che dura per la vita eterna». Il Dio vero in  cui crediamo, non è una realtà inaccessibile. È un Dio che ama l’uomo,  fino a condividerne il destino mortale per poterlo nutrire con un pane  «che dura per la vita eterna». La prima enciclica di Benedetto XVI,  quella programmatica del suo pontificato, inizia così «Deus charitas  est» [Dio  è carità].
La verità circa Dio è di un Dio che è il Verbo -  Logos e identicamente l’Amore - Agape. Egli è identicamente il Dio «che  abita una luce inaccessibile» e il Dio che entra nella nostra storia  tribolata e contraddittoria. L’impegno di rendere presente questo Dio  nella vita degli uomini – lo ha detto il Santo Padre stesso – è  l’impegno fondamentale di questo pontificato.
Ma un “tale Dio” può  essere incontrato solo mediante un atto della persona che faccia uso e  di una ragione che decida di andare oltre se stessa, e di una libertà  che non si faccia imprigionare dalla ipnosi dei beni umbratili.  In una  parola: può essere incontrato dalla fede. «Gesù rispose: questa è  l’opera di Dio: credere in colui che ha mandato». E qui troviamo l’altro  grande centro del servizio petrino di Benedetto XVI: salvare la ragione  e quindi la libertà dell’uomo. È un servizio che può esprimersi  positivamente nella formula: allargare gli spazi della ragione; e  negativamente:  rifiutare la dittatura del relativismo. È su questo  piano che lo scontro mite e coraggioso del S. Padre colla cultura  egemone in Occidente è totale, ed ha assunto ormai un profilo  drammatico.
Quando il S. Padre parla di “allargare gli spazi  della ragione” intende dire che la nostra ragione non è capace di  conoscere solo ciò che è scientificamente sperimentabile, e solo ciò che  noi possiamo tecnicamente realizzare. È ciò che dice Gesù alle folle:  non fermatevi al pane che ha soddisfatto la vostra fame; in questo pane  vedete un “segno” di un cibo che è risposta ad un desiderio illimitato  di vita. Trascendere il sensibile per salire fino a Dio è una capacità  ed un atto ragionevole. 
Può sembrare strano che un Papa si  erga a difensore della ragione con tanta forza. Non è, il successore di  Pietro, prima di tutto il testimone del Vangelo? Cari fratelli e  sorelle: la separazione tra la fede e la ragione distrugge la fede  cristiana perché finisce col ridurla ad un fatto emotivo e puramente  soggettivo. Una “ragione debole” è incapace di una fede ragionevole.
2.   Cari amici, la seconda lettura ci ha narrato lo scontro tra Stefano ed  il potere religioso del suo tempo. È intrinseco alla testimonianza  cristiana lo scontro coi poteri di questo mondo.
Quale è  il “potere del mondo” con cui oggi si scontra la testimonianza che  quotidianamente Benedetto XVI rende a Cristo? Prima ho parlato della  “dittatura del relativismo”. Con questa espressione il S. Padre intende  quel modo di pensare oggi così diffuso secondo il quale non esiste  alcuna verità universalmente valida circa ciò che è bene o male; che  «non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura  solo il proprio io e le sue voglie». 
Una tale  posizione, sul piano etico, ha una potenza devastante smisurata. Vengono  censurate  non solo le norme morali del cristianesimo; ma ogni  tentativo di mostrare che esistono norme morali che difendono “beni  umani non negoziabili”, è rigettato in partenza. Mai l’uomo è stato  esposto ad un pericolo più grave, dal momento che è stato privato del  potere di riconoscere le prevaricazioni contro se stesso. Il “sistema  spirituale immunitario” che lo difende da ogni attacco alla sua dignità –  la convinzione che esistano beni umani non negoziabili – è stato  annullato.
È su questo livello che lo scontro fra il S. Padre e il  potere culturale del mondo è totale.
«Siedono i potenti, mi  calunniano, ma il tuo servo medita i tuoi decreti», abbiamo or ora  pregato col Salmo. Ecco: questo sembra essere l’atteggiamento  fondamentale del S. Padre.
Questo deve essere  l’atteggiamento della Chiesa, anche della Chiesa di Dio in Bologna. La  fede ha già vinto il mondo, poiché essa ci radica nella divina Verità e  trova corrispondenza profonda nel cuore di ogni uomo, fatto per  incontrarsi con Dio nel Cristo.
http://www.bologna.chiesacattolica.it/arcivescovi/caffarra/2010/2010_04_19.php