Adifferenza di quanto si legge su molti  giornali che, nell'imminenza del quinto anniversario di pontificato di  Benedetto XVI, lo raffigurano come debole e attaccato da ogni parte,  oppure come un anziano teologo che non sa comprendere il mondo di oggi, a  differenza di chi ne chiede, con scritte sui muri o sui manifesti,  delle impensabili dimissioni, sono convinta che per Papa Ratzinger  questa ricorrenza coincida con un momento di forza. Perché le denunce e  le polemiche danno ragione alla severità da lui sempre manifestata nei  confronti dei preti colpevoli di abusi sessuali su minori, al suo  atteggiamento intransigente nei confronti dei mali che affliggono la  Chiesa e che egli stesso ha denunciato, prima di diventare successore di  Pietro, con chiare e pubbliche parole.
Questo momento di crisi, infatti, segna l'indubbia sconfitta di chi  ha sempre sostenuto che il silenzio serviva a proteggere l'istituzione,  di chi pensava che accettare il male fosse inevitabile in una realtà di  deboli esseri umani, di chi ha preferito far finta di non vedere e non  sapere. La tempesta farà pulizia nei ranghi della Chiesa, spezzerà  connivenze e aiuterà il Papa a costruire quella comunità di "angeli" che  si augurava qualche giorno fa, sapendo certo che si tratta di una  speranza umanamente impossibile da realizzare, ma ben consapevole che  bisogna proporsi un modello alto a cui aspirare per potere andare avanti  e migliorare. La bufera permetterà soprattutto a Benedetto XVI di  proseguire libero da un pesante fardello di colpe e silenzi per quella  strada che ha indicato fin dal primo giorno del suo pontificato:  una  strada difficile e in salita verso un miglioramento continuo, del clero e  dei fedeli.
 Nel suo apostolato il Papa chiede sempre di più e sembra spostare  sempre più in alto l'asticella, senza accontentarsi di contare la folla  dei fedeli che lo applaudono in piazza San Pietro o di constatare la  ripresa delle sue parole da parte degli organi di informazione. Anzi,  sembra che di ciò non si curi - e forse è anche per questo che i media  si irritano - mentre è chiaro che gli importa soprattutto di guidare la  Chiesa in avanti, verso una purificazione spirituale continua. È  esclusivamente su tale piano che si muovono le sue parole e le sue  spiegazioni dei testi sacri, è solo a questo livello che diventa  eloquente il suo sguardo dolce, profondo e sempre attento.
 In sostanza, a Benedetto XVI interessa solo fare bene il Papa, cioè la  guida spirituale dei cattolici. Ed è questo che disturba tanto il mondo e  i potenti padroni dell'informazione e della politica:  il fatto che  così evidentemente li consideri irrilevanti davanti all'esigenza di  meditare e spiegare le parole di Gesù. "Non ci risponde, non parla di  noi" continuano a protestare, e intanto non sanno ascoltare quello che  dice, non sanno capire che nelle sue parole c'è sempre una risposta a  quello che accade, ma spostata su un piano più alto. In una società dove  vince sempre la volgarizzazione, la spiegazione più facile e quindi  anche più grossolana, il Papa si propone come una frattura, una  diversità per molti insostenibile.
 La sua forza si rivela in questa capacità di seguire altri tempi, di  muoversi su strade diverse da quelle del mondo. Per farlo bisogna essere  veramente forti, bisogna saper vedere con molta chiarezza quello che  accade, bisogna soprattutto saper reggere la solitudine. Benedetto XVI  ne ha la capacità intellettuale e la forza spirituale e psicologica.  Solo così può farci luce, può tracciare il cammino a una Chiesa  purificata e libera, come sta facendo e farà. Si legge che oggi ci sono  fedeli i quali, delusi dopo gli scandali degli abusi sessuali, lasciano  la Chiesa. Questo, al contrario, è proprio il momento di entrare, di  scommettere sul fatto evidente che Gesù non abbandona la sua sposa e che  i mali non prevarranno. Grazie anche al nostro Papa Benedetto.
(©L'Osservatore Romano - 17 aprile 2010)