Tratto da Il Giornale del 19 aprile 2010
Nel 1928, il grande teologo e matematico russo Pavel Florenskij - «una minaccia per il potere sovietico», secondo le informative della polizia politica - viene arrestato e condannato al confino per tre anni.
Grazie all’intervento dell’ex moglie di Gorkij la condanna sarà sospesa. Ma nel febbraio del 1933 viene di nuovo arrestato e rinchiuso nel carcere della Lubjanka, a Mosca. Nel carcere della Lubjanka trascorrerà tre mesi. Giusto il tempo per redigere l’impianto accusatorio. Poi a Skorovodino, nella Siberia occidentale. E infine nelle isole Solovki, nel Mar Bianco. Dove, nel 1923, era stato «inventato» il Gulag. Qui, pochi mesi prima di essere fucilato, scriverà a sua figlia Olga: «Questa è un’epoca tremenda. Tanto tremenda che ognuno deve rispondere di se stesso».
Lo scienziato, il prete, il teologo Florenskij risponderà a se stesso auto-accusandosi. Quando l’ufficiale istruttore Supejko lo costringe a inventare la propria confessione. Dicendogli che se avesse continuato a dichiararsi innocente, avrebbe impedito la liberazione di altri prigionieri. Ma Florenskij non vuole il suo bene in cambio del male di altri. E così si dichiara nazionalfascista. Firmando la propria condanna a morte. Pochi anni dopo - l’8 dicembre del 1937 - il «controrivoluzionario» Florenskij verrà fucilato. Quel giorno è il centonovantesimo di una lunga lista.
Il nome di Pavel Florenskij - ci dice Maurizio Ciampa in questo suo bellissimo e sconcertante libro (L’epoca tremenda. Voci dal Gulag delle Solovki, Morcelliana, pagg. 231, euro 16) - sarà a lungo dimenticato. Quasi cancellato. Perfino la sua famiglia non saprà se sia vivo o morto. Ma quella di Florenskij è solo una di un milione di vite stritolate nel «tritacarne» - così lo chiamavano i prigionieri - del Gulag delle Solovki tra il 1923 e il 1939. Un rigurgito di destini. Un vortice di popoli e etnie. Cataste di corpi, di uomini, donne, bambini a cui Maurizio Ciampa ha provato a dare un nome. Un volto. Una voce. Utilizzando testimonianze di verbali per decenni tenuti segreti. Ma provando anche ad immaginare i volti di quelle vittime e dei loro carnefici. Le loro parole. I loro gesti. I loro pensieri e sentimenti. Nelle isole infernali delle Solovki l’epoca delle fucilazioni di massa inizia nel 1929. Dmitrij Lihacev, internato nel Gulag tra il 1928 e il 1932 racconta quello che ha visto con i suoi occhi: «Le fosse erano state scavate il giorno prima. Gli aguzzini erano ubriachi. Avevano a disposizione una pallottola per ogni prigioniero, cosicchè molti vennero sotterrati vivi e appena ricoperti di terra. La mattina dopo il terreno sulla fossa si muoveva ancora».
Ma forse siamo ancora sulla soglia dell’inferno, ci dice Maurizio Ciampa. L’agonia della fame spingerà i prigionieri delle Solovki all’antropofagia. Molti morti verranno ritrovati con fegato, cuore e polmoni asportati. Chissà. Se invece di omertà e silenzio ci fossero stati occhi per vedere e orecchie per ascoltare, l’epoca tremenda del comunismo sarebbe potuta terminare lì.