DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Sfortunata l’epoca che dimentica i maestri. Di Luca Doninelli

Giovanni Testori fu capace di "traghettare" nel mondo un gruppo di giovani che condivideva gli stessi valori. Un esempio che oggi manca sempre di più

Ricorre in questi giorni l’anniversario della morte di Giovanni Testori (16 marzo 1993), grande drammaturgo, romanziere e critico d’arte. Non è un anniversario importante, non ci sono lustri né decadi, però Testori è stato per me e per molti un maestro, e io credo sia tempo di riflettere, senza aspettare date più significative, sul senso di questa parola, se ne ha ancora uno.

In questi ultimi anni a dir la verità si è parlato soprattutto di cattivi maestri, e si sa che dai «cattivi maestri» di norma non si passa ai «buoni maestri», bensì a «nessun maestro».

La fase di smemoratezza che il mondo culturale sembra attraversare dà ragione a questa ipotesi. Ho letto recentemente diverse interviste a scrittori della mia generazione oppure più giovani, e quando si tratta di dichiarare le proprie influenze e i propri debiti i nomi che saltano fuori sono quelli di altri scrittori viventi, perlopiù americani o inglesi e, tra questi, suppergiù sempre gli stessi. Pochi i grandi classici (e questa potrebbe essere una bella notizia), ma pochissime le sorprese.

Il tempo mi ha insegnato che ci sono due errori da evitare sempre. Il primo è la glorificazione del passato a fronte della decadenza del presente (il presente è sempre decadente, lo diceva già Empedocle), il secondo è l’insistenza sul mondo che ci piacerebbe vedere rispetto a quello che c’è. Io per esempio sono dalla parte dei maestri, ma non sono disposto a stracciarmi le vesti se non ce ne sono più. Magari è meglio che non ce ne siano, chissà.

Chi è, un maestro? È un individuo che si assume la responsabilità di traghettare un certo numero di giovani pivelli da un’immagine approssimativa e confusionaria della realtà a un’immagine chiara e precisa. Il maestro serve a questo: a introdurre alla realtà. E perché esista un maestro sono necessarie almeno due cose: una vera comunità e una vera capacità di decisione. In altre parole, i maestri nascono in un ambito di idee condivise, e sono necessari perché aiutano i giovani ad andare alla radice di quelle idee, a farle proprie mediante una decisione - e decidere vuol dire, letteralmente, darci un taglio: o, se si vuole, darsi una mossa. Le cose passate bisogna lasciarsele alle spalle per sempre.

Ci vuole dunque una vera comunità, con una vita e un complesso di valori considerati veri per il presente. Ma la realtà nella quale siamo tutti immersi sembra andare in una direzione diversa, e ha messo seriamente in dubbio - non mediante teorie, ma mediante una prassi diversa - questi due presupposti. La comunità, per esempio, rischia di essere cancellata dalla Rete, dove il riferimento a un’origine (religiosa, ideologica, etica) viene sostituito da un complesso di interconnessioni a livello globale. Non esiste più una «natura» ma solo una «funzione».

Questo modo di ragionare sta alla base della ristrutturazione di molte aziende, nelle quali non esistono più gli «uffici» (ufficio acquisti, ufficio personale ecc.) che sono in qualche modo delle comunità, ma solo funzioni gerarchicamente stabilite secondo il prodotto del quale ti occupi: se ti occupi della merendina X, il tuo capo potrà non essere più chi ti siede accanto, ma il responsabile mondiale della merendina X (che magari sta in America). E così via.
Nella Rete la posizione che occupi definisce chi sei, e non viceversa. In questo senso, i maestri non sono più necessari. C’è però un problema cruciale, che la nostra società sta scontando a carissimo prezzo: il problema dell’adulto. L’abitudine a sentirsi definiti dalla posizione che si occupa, per esempio nel mercato del lavoro, rallenta la crescita dell’uomo, genera competenze specifiche ma annebbia la visione d’insieme, che non è più prerogativa dell'individuo ma della rete stessa. La vita personale è sempre più una vita parziale, un pezzetto di vita senza pienezza.

Questa difficoltà a reperire uomini adulti è uno dei problemi principali del nostro mondo, e gli effetti si vedono. Si ha quasi l’impressione che la nostra natura, rifiutandosi di crescere, si ribelli istintivamente a un sistema che le è estraneo. C’è chi dice che l’uomo è un prodotto del suo ambiente, ma non è vero. Possiamo diventare semplici punti nella grande rete del mondo, ma c’è in noi qualcosa che va oltre la nostra funzione, qualcosa di imprevisto, un disturbo, un cattivo funzionamento, un contrattempo, qualcosa che non era in programma.

I maestri, quelli buoni e anche quelli cattivi (che sono sempre cattivi solo per qualcuno ma non per qualcun altro, se maestri sono), ci ricordano questo fattore imprevedibile, e ci insegnano a conoscerlo meglio. Se un tempo erano punti luminosi, ben visibili per tutti, oggi sono al di fuori del sistema, delle regole stabilite dalla Rete. Bisogna andarseli a cercare, come facevano gli studenti nel Medioevo (da lì nacque quella cosa prodigiosa che fu l’Università).

Se qualcuno viene indicato pubblicamente come maestro, potete star certi che non lo è. Quelli veri, però, continuano a esistere, sotto la cenere.

Mettiamo perciò con fierezza in fila i nomi di chi ci è stato maestro, non per ritornare a loro - non si ritorna mai - ma per imparare a distinguere la loro presenza, qui e ora.




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