DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Tutte le verità su San Francesco

Il 29 aprile a Roma, alla Pontificia Università Antonianum, si svolge un seminario di studio sui "Quarant'anni di fonti francescane" in occasione della pubblicazione dei due volumi dell'opera: François d'Assise. Ecrits, légends et témoignages (Paris, Éditions franciscaines - Éditions du Cerf, 2010, pagine 3.400, euro 90). Pubblichiamo alcuni stralci dell'introduzione scritta dal responsabile scientifico.

di Jacques Dalarun

Nel 1968, la pubblicazione del volume Saint François d'Assise. Documents, écrits et premières biographies (Éditions du Cerf) fu, a suo modo, una sorte di rivoluzione, allo stesso tempo democratica e scientifica. Democratica perché il lavoro di traduzione consentiva alla maggioranza delle persone l'accesso alle fonti francescane primitive, in uno spirito autenticamente francescano. Scientifica perché il fatto di disporre, in un solo volume, di tutti gli scritti conosciuti su Francesco, delle principali leggende scritte nel secolo che seguì alla sua morte e di un gran numero di documenti che attestano la sua esistenza storica e il suo culto, permetteva di mettere in moto la dialettica delle testimonianze, circoscrivendo da vicino sia l'uomo sia la sua icona. Di tutti gli strumenti raccolti alla fine dello spesso "piccolo libro blu", il più prezioso era senza dubbio le tavole di concordanza fra le leggende francescane che, simultaneamente, tracciavano i legami di una narrazione con quelle seguenti, ma permettevano pure, per ogni episodio biografico, d'individuare immediatamente la sua testimonianza più antica. Giovanni Miccoli, il grande storico di Francesco in Italia, mi ha confidato il ruolo decisivo che svolse il "Desbonnets-Vorreux" nelle sue ricerche sul francescanesimo primitivo, la cui prima tappa risale proprio al 1970. La sua opera principale, Francesco d'Assisi. Realtà e memoria di un'esperienza cristiana, Einaudi, seguendo il filo della memoria per risalire con maggior vigore alla realtà storica di un'esperienza singolare, è una proiezione storica delle minuziose tavole di concordanza, e basterebbe da sola a giustificarle.
Innovativa, creativa, l'impresa francese finì con l'essere vittima della sua precocità. Alla domanda posta nel settembre 2005 dai responsabili delle Éditions Francescaines - bisognava ristampare il Totum, rivederlo o rifarlo? - il piccolo comitato da loro riunito decise all'unanimità di scartare la soluzione centrale e optò rapidamente, ma non senza una certa angoscia, per l'ultima.
Subentrare a Théophile Desbonnets e a Damien Vorreux non è cosa facile. Tutti e due questi eruditi frati minori, sembravano compiacersi d'incarnare lo spirito di sottigliezza e lo spirito di geometria. Alla profonda cultura e alla sensibilità letteraria di Damien Vorreux si affiancava il rigore scientifico di Théophile Desbonnets, ingegnere uscito dall'École centrale des arts e manufactures, che aveva riconvertito il suo gusto per l'algebra nella passione per una filologia che, seguendo allora con grande interesse i primi passi dell'informatica, poteva sperare di diventare una vera "scienza dei testi".
Non è un omaggio sufficiente osservare che, laddove due uomini erano bastati, o quasi, a svolgere il compito, per noi è stato necessario mettere in piedi tutta una squadra per raccogliere la sfida che ci era stata lanciata? Lungi da noi l'idea di pretendere di far meglio dei nostri predecessori, come se il loro lavoro fosse incompleto. E l'idea che il nuovo Totum faccia dimenticare quello vecchio, come il capitolo generale dei frati minori riunito a Parigi nel 1266 avrebbe voluto che i testi appena scritti da Bonaventura si sostituissero a quelli precedenti, condannandoli così all'oblio.
Nel corso di questi quattro anni di lavoro intenso, a guidarci è stato l'esempio di Théophile Desbonnets e di Damien Verroux. Ci sembra che la vera fedeltà al loro insegnamento non consista nel fissare o nel rielaborare la loro opera, ma nel cercare di offrire ai lettori ciò che avrebbero voluto produrre oggi, se la morte non li avesse colti a dieci anni di distanza, nel 1988 e nel 1998. Dopo tutto, questa scelta della fedeltà dinamica non è per nulla estranea al nostro proposito.
Partiamo quanto meno da un dato evidente: con la riserva di verificarne l'autenticità, nessuna delle fonti presenti nella precedente edizione poteva essere esclusa, come testimonia la nostra tavola delle materie, ma anche il fatto che il volume del "piccolo libro blu" è raddoppiato. Cosa aggiungere? Per quanto riguarda gli scritti di Francesco, il canone era stato pressoché fissato nel 1968. Per quel che concerne i testi narrativi, la situazione era più aperta. Théophile Desbonnets e Damien Vorreux, essendosi concentrati sulla ricerca del "vero Francesco", non avevano quasi prestato attenzione a due tipi di fonti alle quali noi abbiamo voluto dare spazio: i testi liturgici e le raccolte di miracoli.
Così nel presente volume troverete le prime traduzioni francesi della Leggenda del Coro attribuita a Tommaso da Celano e dell'Ufficio di san Francesco composto da Giuliano da Spira. Certo, questi testi non dicono nulla di nuovo sui fatti e sui gesti di Francesco; ma per generazioni di frati che hanno celebrato solennemente la feste del loro santo fondatore a partire dalla sua vigilia, il 3 ottobre sera, hanno scolpito la sua immagine e ne hanno fissato il ricordo, con tutta la forza che il canto e la recitazione collettiva hanno conferito a queste reliquie sonore.
Mi sia permesso dire un'ultima parola a Thierry Gournay e alla famiglia francescana, a mio nome ma, credo, anche a nome dei membri laici della nostra équipe. Che Thierry, i suoi fratelli e le sue sorelle, sappiano che abbiamo valutato e apprezzato a fondo cosa ha significato per loro affidare a persone in buona parte esterne all'ordine la responsabilità del loro tesoro più caro, la sola eredità che hanno ricevuto da colui che rinunciò a ogni eredità e a ogni possesso. La famiglia francescana non ha mai indagato sulle nostre opinioni, né ha cercato di influire sul contenuto dei nostri scritti. La nostra libertà è stata totale. Sappiamo che se Francesco d'Assisi è per noi oggetto di studio, per la famiglia francescana è anche soggetto di vita. Per noi appartiene al passato, per loro è il presente. E non è in virtù della stessa "professione" che lo guardiamo pensare e vivere con la stessa empatia. Le nostre "professioni" coincidono almeno in un punto: entrambi, membri della famiglia francescana ed esperti, siamo abitati dalla stessa esigenza di verità. Anche se loro mettono una parola in maiuscolo e noi in minuscolo, sappiamo di non fare altro che procedere verso la stessa verità. Ad accomunarci è il fatto che la verità non ci fa paura, soprattutto quella su Francesco. Nutriamo, al contrario, l'intima convinzione che, più risaliamo alla fonte della sua verità storica più abbiamo da imparare da lui.


(©L'Osservatore Romano - 30 aprile 2010)