di Ranieri de Mattei
Prima fra le virtù cardinali, auriga virtutum, è la prudenza, la virtù che fa discernere il bene in ogni circostanza e fa scegliere i mezzi adeguati per compierlo. La prudenza è la capacità di fermarsi un attimo per ben vagliare ciò che è meglio e prendere la decisione più giusta. Come dice la Scrittura, la persona prudente “controlla i propri passi”, per evitare il male, conquistare la sapienza e raggiungere la felicità.
Già intorno al 1000 a.C. un sapiente egiziano di nome Amenemope parla della prudenza ricorrendo a un simbolo vegetale: “L’uomo prudente è come un albero che cresce in un giardino: fiorisce e produce frutti abbondanti. Dolce è il suo frutto e piacevole la sua ombra”. La Bibbia riprenderà questa immagine per offrire una descrizione dell’uomo saggio e giusto: “Sarà come un albero piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai” (Sal 1). La prudenza appare quindi, come la saggezza e la giustizia, sorgente di fecondità e di vita.
La prudenza è forse rimasta impressa nell’ethos popolare attraverso il motto cum grano salis, coniato dallo storico ed erudito latino Plinio il Vecchio nella sua Storia naturale per descrivere un contravveleno che agiva soltanto se assunto con un grano di sale.
Nell’Etica Nicomachea Aristotele definisce la phronesis, ovvero la prudenza, come “quella disposizione vera, ragionata, disposizione all’azione avente per oggetto ciò che è bene e ciò che è male per l’uomo”. La parola greca phronein indica il pensiero critico, la capacità di giudicare rettamente. Nei poemi omerici, il sostantivo plurale di phronesis indica una parte del corpo, il diaframma, nel quale l’uomo è colpito da “impressioni vivaci”, avvicinandosi così all’acquisizione di quel connotato etico, secondo il quale la phronesis consisterebbe nella percezione di ciò che è assennato fare. Prudente è dunque l’essere capace di deliberare bene sulle cose che sono buone e vantaggiose. Nel pantheon greco è Athena a incarnare la phronesis: “la vera Athena non è né un essere impulsivo né un essere contemplativo. È parimenti distante da queste due nature, essendo il suo spirito ragione pura. Rappresenta il mondo dell’azione, ma non dell’azione impensata e primitiva, sebbene della ponderatezza”.
Dal mondo romano spiccano le testimonianze di Seneca e Cicerone. Secondo Cicerone, l’uomo prudente è “colui che prevede: quae virtus ex providendo est appellata prudentia”. Cicerone faceva notare come la radice etimologica della parola prudentia fosse il verbo latino providere, che significa sia prevedere che provvedere.
È il Cristianesimo, tuttavia, che ha dato alla prudenza il suo più profondo significato di virtù. Sant’Agostino, sulla scia di Cicerone, definiva la prudenza come “cognitio rerum appetendarum et fugiendarum” ovvero conoscenza della realtà da cercare e da evitare. Ancora Sant’Agostino definisce la prudenza come “la virtù che distingue sapientemente ciò che giova da ciò che fa male all’uomo”.
Sarà poi San Tommaso d’Aquino a definire la prudenza quale “auriga virtutum”, il cocchiere delle virtù: come il cocchiere guida con fermezza la biga trainata dai cavalli, così la prudenza guida con il suo equilibrio il cocchiere delle varie virtù, perché possa avanzare in modo armonico e sicuro.
Secondo San Tommaso la prudenza è la “recta ratio agibilium”, retta ragione delle cose da farsi, attraverso cui si manifesta l’unione di intelletto e volontà, le due facoltà spirituali dell’uomo orientate al bene, teorico e pratico.
Tutti i dieci comandamenti di Dio si riducono alla executio prudentiae, all’attuazione della prudenza, essendo ogni peccato contro la prudenza. Ingiustizia, viltà, intemperanza sono in contrasto con le virtù della giustizia, della fortezza, della temperanza, ma in ultima istanza sono in contrasto con la prudenza. Scrive San Tommaso: “La prudenza è la virtù più necessaria per la vita umana. Infatti il ben vivere consiste nel ben operare. Ma perché uno operi bene non si deve considerare solo quello che compie, ma anche come lo compie e così si richiede che agisca non per impulso o per passione, ma secondo una scelta o decisione retta”. San Tommaso sottolinea l’importanza della prudenza per tutti gli uomini che desiderano incamminarsi sulla via della felicità e della pace beata, ma in particolare per la categoria degli uomini politici, di coloro cioè che hanno la responsabilità di provvedere al bene comune, cioè alla felicità di tutti. Ai governanti chiede una prudenza speciale, che chiama regale o politica, in quanto ordinata al bene comune.
Ma San Tommaso entra ancora più nello specifico offrendoci una definizione del concetto di prudenza in cui elenca alcune categorie che ne sostanziano il significato: la memoria, quale capacità di ricorrere alle esperienze del passato; l’intellectus, quale capacità di discernere la realtà presente; la docilitas, intesa come umiltà nel chiedere consiglio agli altri, instancabilità nell’istruirsi al cospetto della molteplicità reale delle cose e delle situazioni da apprendere, rinuncia a fuggire nell’assurda autarchia di un sapere presunto; la solertia, quale potere perfetto in forza del quale l’uomo, davanti a situazioni improvvise, agisce rapidamente e obiettivamente; la sagacia, come prontezza nel risolvere le urgenze, la capacità di decidere rapidamente, magari rischiando di sbagliare; la circumspetio, ovvero la capacità di guardare attorno (circum spicere), l’attenzione accurata alle circostanze, ciò che è attorno a me e attorno all’azione che si deve compiere; precautio, come cautela contro i pericoli, impedimenti ed ostacoli.
Per comprendere il significato di prudenza occorre inoltre richiamarsi al passo del Vangelo di Matteo in cui Gesù esorta “Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe” (Mt 10,16). Essere prudenti non significherebbe pertanto sapere di più, diventare onniscienti, bensì sapere la verità, sapere “il bene”, “la sapienza” che della prudenza è il fine, rimanendo così umilmente ancorati alla realtà.
Significativo è il monito di San Paolo che rielabora il detto evangelico sulla prudenza del serpente e la semplicità della colomba, attraverso una nuova coppia emblematica, il bambino e l’adulto: “Non comportatevi da bambini nei giudizi; siate come bambini quanto a malizia, ma uomini maturi quanto ai giudizi!” (1Cor 14,20).
Contraffazioni della prudenza sono infatti la furbizia, l’inganno, il dolo, la scaltrezza, l’astuzia.
La prudenza, come ben affermava Paul Claudel, costituisce la “prua intelligente del nostro essere”, guida delle altre virtù e bussola del nostro spirito: essa cresce in chi la pratica, diventando così un compito e una vera e propria sfida per l’uomo che vuole crescere nella via di un perfezionamento interiore, la via della Sapienza, la via della pace.
In alto a sinistra: Tiziano Vecellio, Allegoria della Prudenza (ca.1565), Londra, National Gallery
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