di Graziella Melina
«C ome sta andando il progetto di educazione alla prevenzione nella vostra scuola?». Sarà l’orario mattutino, ma alcuni studenti del liceo scientifico Keplero di Roma, dove da qualche settimana sono stati installati i distributori automatici di condom, rimangono perplessi.
«Cosa?». Meglio andare sul concreto: «Come va con le macchinette dei preservativi, sono utili?». Ok, ora è più chiaro.
Femminucce e maschietti interpellati, tutti d’accordo: «Certo! I rappresentanti di classe stanno facendo dei corsi, e poi ci riferiranno». Chiacchierando si scopre poi che i ragazzi non hanno ancora visto nessuno rifornirsi ai distributori, collocati nei bagni.
«Beh, forse non servono», «non li si utilizza per vergogna», provano a chiarire. A che serviranno allora tutte quelle macchinette? «Vorrà dire che prima o poi faremo dei palloncini...», ironizza un altro.
Passa un professore. È Marco Majone, insegna storia e filosofia e fa parte del Consiglio d’Istituto. Non ha molta voglia di parlare. «Facciamo da anni iniziative di prevenzione». D’accordo, ma cosa pensa del fatto che le macchinette siano gestite dalla società (privata) che le ha installate, con tanto di pubblicità di una marca di preservativi? Majone è perplesso: «Non so, a questa cosa non avevo riflettuto» e va via. Ecco allora il nocciolo della questione. Chi gestisce i distributori automatici? Stando a quanto aveva sottolineato l’associazione che promuove la campagna «Yes we condom», ossia la Lila (la Lega italiana per la lotta contro l’Aids), a occuparsi della manutenzione dei distributori è una società. Ma quale? Interpellata al telefono, la Lila aveva ribadito che «dietro la campagna non c’è alcuna multinazionale del farmaco». Va bene. Ma sulle macchinette c’è il logo dei condom o no? Assolutamente no, assicura la Lila, la marca del prodotto non è stata messa e «non so se la persona che fornisce i condom vuole apparire».
Basta però una semplice ricerca e spunta la locandina che promuove il famoso distributore. Altezza 92 centimetri, larghezza 28,5, peso 24 chili. In alto c’è il marchio del preservativo (LovePop), poco più in basso la scritta Scuolazoo. Poi di nuovo il marchio del condom, quindi il logo della campagna della Lila. E in basso i recapiti di ScuolaZoo. La Lila nel frattempo riconosce che l’informazione data non era corretta: il logo c’è. Proviamo allora
Chi promuove le «macchinette» per distribuire i condom tra gli studenti?
Chi le rifornisce? E quale progetto ispira l’operazione?
Un’indagine tra i protagonisti dell’iniziativa che muove i primi passi (ma è destinata ad allargarsi) mostra una realtà un po’ diversa da quella propagandata. E di «educativo» c’è davvero poco...
a contattare l’azienda che rifornisce le macchinette (la PopFilters srl di Pisa). Alessandro Caciagli, il titolare, 40enne, spiega con molta gentilezza: «Ho il privilegio di conoscere la Lila e attraverso la collaborazione a questo progetto di inserire i distributori». Tre preservativi sono venduti a 2 euro.
E finora l’imprenditore della piccola azienda toscana (tre soci e due dipendenti) non ci sta guadagnando granché. Lo farà per una questione di marketing, azzardiamo. Niente da fare, «partecipo perché ho sposato la causa». Prima di contattare il giovane imprenditore, avevamo fatto un giro sul sito web della sua azienda. Nel catalogo, accanto ai preservativi spiccano soprattutto i prodotti da tabaccheria. Qualche altro interesse sui ragazzi? «Nel progetto ci crediamo davvero», chiarisce.
Proviamo allora a contattare ScuolaZoo, l’altro logo presente sulle macchinette. Ma chi sono? «ScuolaZoo.com nasce nel 2007 da un’idea di Paolo e Francesco allora maturandi e oggi studenti universitari», spiega al telefono l’ufficio stampa. «La prima 'azione' di ScuolaZoo – ci spiegano – è stata far girare in rete e nei giornali le immagini del professore che si addormenta durante l’esame di maturità. Da quel momento in soli tre anni abbiamo creato la community online di studenti italiani più numerosa, con 1,5 milioni di visitatori unici al mese, più di 20 milioni di pagine viste e 300mila email registrate nel database». ScuolaZoo in effetti non è un’associazione, come credono molti, ma una vera e propria società, con sede a Milano. Cosa fanno in sostanza? «Da un blog che diffonde in rete le foto e i filmati più divertenti e goliardici girati dagli studenti tra i banchi di scuola» ha allargato i suoi servizi: «Suggerisce idee all’avanguardia per copiare», fornisce «tesine pronte da scaricare», seleziona «le news più stravaganti che si trovano in rete», e poi propone «una raccolta di tutti i dubbi veri o presunti che circolano sul Web in merito alle esperienze sessuali dei teenager, un modo per sdrammatizzare e per informarsi divertendosi».
Vediamoli, allora, questi video 'goliardici': si va dagli scherzi anche pesanti ai danni dei professori sino alle immagini di autentico vandalismo nelle classi, da video su approcci sessuali a scuola a immagini di professori fatti rimanere in mutande, fino a scherzi violenti tra compagni di scuola, di gusto più che dubbio. E poi c’è lo spazio dedicato allo shop: vendita online di prodotti vari, e – manco a dirlo – anche dei famosi condom in distribuzione al Keplero. Sul legame con l’azienda di Pisa, ScuolaZoo spiega: «Ci siamo trovati in linea con loro, che si sono fatti carico della parte logistica del progetto, avendo la possibilità di occuparsi dei contatti con i fornitori delle scuole, quelli che già installano e ricaricano macchine da caffè, snack etc... Di questo non siamo competenti». In effetti, esplorando il sito, non si capisce a che titolo le scuole possano affidargli l’operazionedistributori di preservativi, in genere fatta passare al capitolo 'educazione sessuale'. Goliardia?
Di certo, per ora, c’è che dopo il Keplero, stando a quanto dichiara ScuolaZoo, anche altre scuole «si stanno informando per realizzare l’installazione, tra cui un liceo di Milano e uno di Perugia». Cosa ne pensa il preside del Keplero? Il professor Panaccione conferma che sulla scuola per l’iniziativa non grava alcun costo. Ma quanto all’indubbio marketing su una specifica marca di condom ammette: «Non ho pensato di eliminare il logo – ammette –, ho fatto in modo che la macchina sia messa in un locale non visibile. I distributori stanno dentro i bagni, nel pomeriggio li faccio chiudere con un lucchetto. Se poi qualcuno dei ragazzi va lì e prende il logo e lo lancia su Internet, io questo non lo posso sapere». Se lo facessero, avverte, «potrei diffidarli, far rimuovere la pubblicità. Più di questo non posso fare. Mi rivolgo semmai all’ente gestore o all’autorità che tutela i diritti dei minori». Il sito di ScuolaZoo risolve il dubbio: il marchio online c’è, eccome. Tra i video in cui si dileggiano gli insegnanti e si deturpano locali scolastici, è facile trovare anche quello in cui si riprende l’installazione delle macchinette al Keplero. Con tanto di ripresa che indugia sul logo della società milanese e del marchio di quella toscana. Insomma, sull’operazione-macchinette i ragazzi, i professori e le famiglie farebbero bene a informarsi meglio. Anche solo con un istruttivo giretto in rete.
«Niente tecniche: educazione all’affettività»
Non vogliono sentire una lezione su come si indossa un profilattico o su cosa si deve fare per accedere alla pillola del giorno dopo. No, piuttosto vogliono capire cosa vuol dire amore, quali sono i tempi e i gesti della relazione affettiva tra ragazzo e ragazza. Strano, in questi tempi di distributori di preservativi a scuola e di lezioni di sesso sicuro. Ma vero. È il risultato di una ricerca a tappeto condotta nelle scuole della Puglia e della Basilicata. A 500 docenti delle superiori è stato chiesto cosa pensavano potesse interessare ai loro studenti in un corso di educazione all’affettività: le malattie sessualmente trasmissibili, la contraccezione oppure la dimensione affettiva e relazionale? «In blocco i professori hanno scelto la terza opzione», informa Michela Di Gennaro, responsabile della sede di Puglia e Basilicata dell’associazione La Bottega dell’Orefice, che ha promosso l’indagine conoscitiva in collaborazione con l’Università di Bari. L’associazione è impegnata nella formazione ai metodi naturali, ma tra le attività «collaterali» svolge cicli di incontri sull’affettività e la sessualità nelle scuole medie e superiori del territorio. Con risultati sorprendenti.
«Abbiamo iniziato dieci anni fa nelle scuole e nelle parrocchie. Abbiamo seminato tanto, ora stiamo raccogliendo i frutti. All’inizio i ragazzi non sapevano esprimere la differenza tra sesso e amore, oggi invece le ragazze ci dicono che vogliono essere rispettate e non usate». Ma la strada da fare è ancora lunga, soprattutto perché attraversa mondi in cui il sesso è puramente tecnica e se c’è qualcosa da evitare sono le sue conseguenze indesiderate. «Molti giovanissimi non conoscono appieno il significato dei propri gesti corporei: se voglio bene a un ragazzo, posso dargli un bacio o avere un rapporto sessuale, che differenza fa? I ragazzi – riflette ancora Michela Di Gennaro – hanno bisogno di conoscere i doni di cui sono portatori in quanto maschi e femmine. Solo così si aprono al valore della vita e guadagnano uno sguardo sereno sulle relazioni sessuali, vissute però con responsabilità».
Quando vanno nelle scuole, la Di Gennaro e gli altri educatori de La Bottega dell’Orefice parlano, appunto, di responsabilità, del valore del tempo e dell’attesa, di sentimenti. Anche di contraccezione, certo, ma alla fine di un percorso che ha toccato ben altre tappe. «I consultori pubblici entrano nelle scuole più frequentemente di noi – riflette la Di Gennaro –. Ma non vanno oltre le informazioni tecniche: i preservativi, il sesso sicuro, la pillola del giorno dopo... È la soluzione più facile, in fondo: offuscare la dimensione fondante della sessualità, che è quella della possibilità di trasmettere la vita». E invece, secondo l’esperta, è proprio ciò di cui hanno bisogno i ragazzi: capire il valore della dimensione affettiva, della maturazione, del rispetto di sé e del tempo che a ciascuno è dato per maturare. «Nelle scuole parliamo anche di verginità, certo: diciamo che c’è un tempo per ogni cosa, e che l’atto sessuale completo è carico di responsabilità, che è giusto che non arrivi tutto e subito perché altrimenti se ne perde il valore e il senso». La reazione? «I ragazzi in genere tacciono, le ragazze vogliono saperne di più. E alla fine, interpellate, dicono di aver capito che l’amore è qualcosa che si 'guadagna' nel tempo e nella maturazione di sé». Antonella Mariani
© Copyright Avvenire 6 maggio 2010