U n altissimo numero di casi non denunciati. Un abuso che trova il suo habitat naturale online, dove si trasforma anche in un giro di affari stimato in oltre 4 miliardi di dollari. E poi in famiglia, dove troppo spesso i padri sono i 'carnefici' dei figli e dove in generale manca consapevolezza e capacità di gestire l’emergenza degli abusi.
Nella seconda Giornata nazionale contro la pedofilia, che si è celebrata ieri, sono molti i dati allarmanti emersi sul fenomeno. A partire dal dossier diffuso da Telefono Azzurro, che ha preso in esame tutti i contatti e le richieste di aiuto ricevute dal gennaio 2008 al marzo 2010 e in base al quale gli abusi sessuali sui minori rappresentano il 4% di tutti i maltrattamenti sui bambini. Non pochi, se si considera che la percentuale in questione è quella «contata» dagli operatori, dunque relativa ai soli casi che arrivano ad essere denunciati.
Ma c’è molto di più, nel bilancio fatto dell’associazione. Secondo cui, per esempio, l’infanzia abusata in Italia non è affatto quella emarginata e degradata ed è l’ambito familiare quello in cui si consumano con più frequenza le violenze. Qui il presunto responsabile nel 29,4% dei casi è il padre, oppure un altro parente (13,5%), o ancora un amico o conoscente (12,9%). Le segnalazioni relative a molestie subite da parte di insegnanti o educatori sono state l’8,8% e quelle relative ad abusi commessi da religiosi l’1,2%. Altro dato allarmante, quello sull’età dei bambini: il 60% di quelli che hanno subìto abusi sessuali non hanno ancora compiuto i 12 anni. E se sono soprattutto le bambine e le adolescenti le principali vittime di abusi sessuali (si tratta del 66% dei casi), tuttavia una segnalazione su tre riguarda minorenni maschi.
Capitolo a se stante merita poi l’'ambiente' della Rete. È proprio relativamente al Web che emerge infatti la percentuale più elevata di segnalazioni, quasi la totalità del campione: si riferisce a siti Web l’86,5% di queste ultime. Numeri tanto più pesanti quando si incrociano con quelli registrati e presentati sempre ieri dal Moige (il Movimento italiani genitori) e dalla Microsoft. Il primo ha svolto un’indagine nel corso dell’aprile scorso tra i genitori con figli di età compresa tra i 5 e i 15 anni: secondo la ricerca, oltre il 40% non si ritengono sufficientemente informati e preparati per affrontare l’emergenza, soprattutto relativamente ai nuovi mezzi di comunicazione e a Internet, mentre solo 2 genitori su 10 affiancano i propri figli nella navigazione. E cattive notizie sono arrivate anche dai dati registrati da Microsoft Italia, secondo cui sul Web il 26% dei ragazzi condivide il proprio indirizzo di casa, il 56% indica il nome della propria scuola, il 76% si scambia foto e video anche di amici e il 59% l’indirizzo di posta elettronica.
Una legame, quello tra la Rete e la pedofilia, su cui ieri non a caso sono tornati con forza tutti i rappresentanti delle istituzioni, dal ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna al presidente del Senato Renato Schifani e della Camera Gianfranco Fini sino al direttore della polizia postale e delle telecomunicazioni Antonio Apruzzese: tutti concordi nel sottolineare la necessità di interventi sempre più attenti e mirati sul Web e sulle sue insidie.
«Informiamo i ragazzi sui rischi»
Il Garante per la privacy: adulti e istituzioni insieme per insegnare agli adolescenti a serbare i propri dati personali sul Web
DA MILANO
U n mondo parallelo, dove come in quello reale si commettono anche reati. Ma dove mancano ancora regole, garanzie, consapevolezza degli utenti. Così Internet si è trasformato nell’ambiente più a rischio per i minori secondo il il presidente dell’Autorità garante per la privacy, Francesco Pizzetti. Che propone una ricetta.
Internet e pedofilia, un binomio così inscindibile?
Senz’altro una realtà di cui prendere atto. La Rete è ormai un mondo a se stante, con le sue regole, le sue modalità, i suoi abitanti. E mentre gli adulti sono come 'immigrati' in questo pianeta, i ragazzi vi sono nati. Il problema è proprio questa distanza.
Che vede gli adulti incapaci di informare i minori sui rischi del Web?
Non solo. Sicuramente il fenomeno della pedofilia si sta espandendo online per questo problema di mancanza di informazione: nei ragazzi, che troppo spesso lasciano con leggerezza i propri dati online rendendosi vulnerabili nella realtà; e nei genitori, che non sanno metterli in guardia. Ma c’è anche un nodo a monte.
Quale?
Quello dell’impossibilità di individuare l’età di chi sta di fronte a un computer. Mentre in ogni società esiste – con differenze specifiche, di cultura in cultura – uno spartiacque tra minorenni e maggiorenni, tra le responsabilità, i diritti e i doveri che una persona acquisisce dopo la maggiore età e che prima non ha, su Internet questo 'paletto' non esiste. È così che i nostri figli diventano facili bersagli.
Esiste una ricetta?
Informare i minori sull’importanza che hanno i loro dati e su come 'difenderli', proteggerli dal Web: l’Authority ha distribuito nelle scuole e attraverso gli uffici postali un vademecum proprio a questo proposito. E poi incrociare le competenze sociologiche, semantiche e tecnologiche a livello di istituzioni e di associazioni per accertarsi con sempre maggior chiarezza di chi sta dall’altra parte del pc senza limitare la libertà di comunicazione.
Viviana Daloiso
© Copyright Avvenire 6 maggio 2010