DI ALESSANDRO BELTRAMI Avvenire 22.9.10
U na sorpresa? Solo per chi ha la memoria corta. I risultati di ascolto ottenuti in queste sere da Preferisco il Paradiso su Raiuno non sono che l’ennesima prova del nove. La fiction religiosa è ossigeno per la tv italiana. Il pubblico la segue con costanza e fedeltà. E non solo quando propone figure centrali nella cultura popolare contemporanea come Giovanni Paolo II o Padre Pio. Se anche un santo oggi non più popolarissimo come Filippo Neri, sfidando la memoria ormai lontana di State buoni se potete, è riuscito a superare quota sei milioni nella prima serata, o se una fiction su un gigante della filosofia e della teologia come sant’Agostino nel febbraio scorso ha raccolto più di sette milioni di spettatori, un motivo ci sarà. Certo non sono le cifre record di Padre Pio tra cielo e terra o di Papa Giovanni, miniserie dedicata a Roncalli, che nel 2000 e nel 2002 sfondarono quota tredici milioni di spettatori. Ma uno sguardo alla 'classifica' delle fiction a soggetto religioso trasmesse negli ultimi dieci anni dimostra come mai, se non in rari casi, si è scesi sotto i sei milioni di spettatori. Anche senza prendere in considerazione il «caso» Papa Luciani, che fu la fiction più vista del 2006 con più di dieci milioni di persone, basti considerare due serie 'sorelle' come Chiara e Francesco(Raiuno, 2007) seguita da 7.796.000 di spettatori e Francesco con Raoul Bova (Canale, 2002) che ha superato gli otto milioni. La temibile Apocalisse, che su Raiuno nel 2002concludeva il progetto sulla Bibbia, ottenne 8.262.000 spettatori. Di tutto rispetto i 6.498.000 di una proposta difficile come Bakhita nel 2008.
Numeri che la tv più trendy e più cult non sfiora neppure. Ma anche il confronto con concorrenti dotati di un fascino sulla carta molto più forte è significativo. Su Canale 5 la prima puntata de Il peccato e la vergogna con Garko e la Arcuri aveva ottenuto 5.659.000 telespettatori. Né sembrano impensierirla programmi di diverso genere, ma assai più spinti dal marketing e chiacchierati dai media come Ti lascio una canzone,show di punta di Raiuno condotto da Antonella Clerici (una settimana fa aveva totalizzato 4.322.000 spettatori) o la corazzata serale di Maria De Filippi C’è posta per te, che domenica scorsa ha debuttato con un pubblico di 4.991.000 persone. Per non spingersi a citare clamorosi flop di trasmissioni lanciate come imperdibili eventi. Semplice «voglia di fiction – come sosteneva Aldo Grasso qualche anno fa in un dibattito sulla fiction religiosa – il solo prodotto dotato di struttura in un panorama televisivo in preda al caos generale» o «scollamento tra una tv atea che pensa lo spettatore solo come agnostico – come ribatteva Ettore Bernabei – e una platea in cui invece i credenti sono ancora numericamente importanti»?
Resta il fatto. In una televisione generalista dagli ascolti in contrazione e spettatori in fuga, le fiction con l’aureola sono uno degli ultimi porti protetti in cui trovare rifugio.
Ottimo lavoro con qualche libertà
È il clima festoso, unito alla domi nante personalità di attore di Gi gi Proietti, a caratterizzare Prefe risco il Paradiso della Lux Vide propo sto da Raiuno lunedì e ieri sera. Il film tv descrive con libera interpretazione la figura di san Filippo Neri, fra suggestive scenografie, immagini accatti vanti, dettagli curiosi e commento mu sicale, di Marco Frisina, che ne fa qua si un musical teatrale. E di teatro si sente il ri chiamo, per la presenza di un Proietti che fa ca pire quanto sia importante la recitazione, quel la tradizionale costruita sul talento, lo studio e il lavoro, che in tv si vede raramente. La vita di san Filippo Neri è stata colta dagli sceneggiato ri con tono quasi sommesso, con parche cita zioni 'togate', e l’attenzione rivolta invece al mondo del quotidiano, reso con vivacità di in tuito: a creare, si direbbe, parallelismi sottinte si ma evidenti con il mondo attuale, con la fun zione caritativa della Chiesa posta in primo pia no e la figura del santo come mediato re fra la dura realtà della vita e l’aspi razione al bene. Varietà di toni, molte plicità di tocchi e di spunti, una comi cità che non sovrasta e non invade, un sorriso che non si fa mai risata e invi ta invece alla riflessione, con quei bam bini abbandonati e ribelli che solo l’a more e l’attenzione possono recupe rare e far fiorire, in una coesistenza fra mondi diversi che possono coincidere e raffor zarsi a vicenda. L’oratorio di san Filippo Neri, qui ricreato con fantasia affettuosa e intelligen za di cuore, è il paradigma di ciò che si può fare e allora si deve fare, in serenità di azione ravvi vata dalla fiducia in Dio. E allora questa agio grafia – che appena accenna ai miracoli e alla le vitazione, per lasciare al santo la dimensione tutta umana – si fa anche manifesto, perché è fa cile cogliere spunti per leggere, nelle vicende cinquecentesche narrate con creatività e belle immagini il richiamo all’oggi e al domani.